Categoria:
Letteratura
“Il sonno ormai imminente aveva stretto la sua presa su di me e ora gli angoli del materasso sembravano tutti scomodi e fuor di sesto. Voltandomi bruscamente, mi accorsi di quale fosse il problema: aveva lasciato l’album sul letto. Cercai di spostarmi, ma le pillole mi avevano paralizzato i muscoli, e potei soltanto provare a colpire il volume, centrando la copertina con un ginocchio e spargendo ai quattro venti le foto e i ritagli di giornale. Mia madre uscì dalla stanza. Mi addormentai tra gli scomparsi: la carta tagliuzzata, lo scotch e la colla scurita, tutti...CONTINUA...
“La mia vita è qui, nel manicomio di Lucca. Qui si snodano i miei sentimenti. Qui sincero mi manifesto. Qui vedo albe, tramonti, e il tempo scorre nella mia attenzione. Dentro una stanza del manicomio studio gli uomini e li amo. Qui attendo: gloria e morte. Di qui parto per le vacanze. Qui, fino a questo momento, son ritornato. Ed il mio desiderio è di fare di ogni grano di questo territorio un tranquillo, ordinato, universale parlare”. CONTINUA...
“Il figlio del farmacista” è la prima opera in prosa di Tobino dopo tre raccolte di poesie. Scritto nel 1938, ma pubblicato nel 1942, viene definito romanzo a sfondo autobiografico, ma è in realtà costituito da un insieme di prose dai vari registri stilistici, aventi come cardine la persona dell’Autore e la sua formazione.
Ritroviamo così la vita nel paese natio (Viareggio), la farmacia del padre, gli studi a Bologna, la laurea in medicina, l’esperienza con gli alpini in Alto Adige, il manicomio dove Tobino inizia a lavorare...CONTINUA...
Storia di un’adolescenza atipica, vissuta nel rifiuto di qualsiasi omologazione e nell’inseguimento di un sogno totalizzante: questa la vicenda di Lidia, ragazzina torinese degli anni Settanta.
Lidia vive a Stupinigi, in una scuderia della Palazzina di caccia dei Savoia. La sua famiglia è modesta, il padre fa l’operaio alla Fiat, la madre è verduraia al mercato. Possiedono un cavallo, Pino, che diverrà per molti anni fedele compagno e confidente della ragazza.
Lidia...CONTINUA...
Babele rende bene l’immagine di un caos, linguistico prima di tutto. La Babele raccontata da Fontana non è la torre biblica, ma la città di Milano. Uno dei luoghi possibili. Una delle tante città italiane in cui gli immigrati arrivano, vivono, si muovono, lavorano, parlano. Questo libro racconta un viaggio e alcune storie, perché senza incontrare storie, facce e voci è quasi inutile viaggiare. Otto fermate, quelle della 56: a Milano c’è l’usanza poetica di chiamare i bus al femminile. La 56 è l’autobus degli immigrati, quello che percorre via Padova. Storie in movimento...CONTINUA...
POSTFAZIONE
Ogni romanzo di Antonio Messina riesce a stupirci e ci conduce in realtà sempre diverse e nuove. Dopo i racconti filosofico-fantasy di “La memoria dell’acqua” e le complicate trame de “Le vele di Astrabat”, dove la prosa era fitta di descrizioni e i personaggi si muovevano sulla scena dando vita a storie intrecciate, con “Ofelia e la luna di paglia” ci troviamo di fronte a un romanzo breve e scorrevole, in cui s’alternano in giuste dosi dialoghi e narrazioni, in una struttura polifonica. Sono infatti i vari personaggi, dal loro punto...CONTINUA...
Minuziosa, sofisticata, introspettiva, complessa e, a tratti, persino un po’ ridondante. Così ho percepito la scrittura di Werfel. Analitico fino all’eccesso, calato in un’analisi psicologica continua che non lascia spazio alle ipotesi. “Una scrittura femminile azzurro pallido” è un libro del 1941 e risente fortemente dell’atmosfera politica, storica ed intellettuale che al tempo si respirava in Europa.
Al centro della vicenda un uomo: Leonida. “Per quel nome opprimente non meno che eroico poteva dir grazie a suo padre, che a parte questa eredità, da povero insegnante di ginnasio qual era...CONTINUA...
A volte basta la lettura di poche righe per non farci pentire dell’acquisto di un libro: “Spazia con la stessa incompetenza su tutti gli argomenti dello scibile umano” (pag. 101).
Quale lettore del Corriere della Sera mi sono sempre chiesto perché mai al prof. Angel Whitebread, autore di editoriali fotocopia, pieni di impegnativi quanto evanescenti concetti come liberalismo, riformismo, per lo più fossero risparmiate le repliche di tutti coloro i quali, ancora non del tutto svincolati dalla realtà, dovevano aver pur chiaro quanti racconti surreali venivano scritti e spacciati per analisi competenti...CONTINUA...
I dialoghi sono senza dubbio il punto forte di “Mercurio”. Un testo che per la sua enfasi e la sua natura potrebbe facilmente essere rappresentato in teatro. La Nothomb, però, in questo libro risulta essere meno avvincente del solito. Nella seconda parte appare addirittura un po’ sbrigativa, vagamente superficiale, come se avesse avuto fretta di concludere la storia, di trovare un epilogo. E, probabilmente, per convincersi e convincerci della sua buona fede, di epiloghi ne ha scritti ben due. A mio avviso entrambi insoddisfacenti.
Mercurio, oltre che essere un noto elemento chimico, è anche...CONTINUA...
“Si fonda su un archetipo formale del tutto diverso da quello degli altri miei romanzi. E’ assolutamente omogeneo, senza digressioni, composto di una sola materia, raccontato con lo stesso tempo, è molto teatrale, stilizzato, basato sulla forma del vaudeville”. Così Milan Kundera descrive, ne “L’arte del romanzo”, il suo “Il valzer degli addii”. Cinque capitoli, cinque giornate. I personaggi che animano il “valzer” si muovono in una località termale boema, un Paese in cui la retorica del regime sovietico e il peso delle sue restrizioni è forte, seppure i personaggi, primo tra tutti il...CONTINUA...
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