Timpano Daniele

Storia cadaverica d’Italia. Dux in scatola. Risorgimento pop. Aldo morto

Pubblicato il: 28 Gennaio 2013

C’è un certo consenso di critica attorno a Daniele Timpano e alla sua “Storia cadaverica d’Italia”, trilogia di testi teatrali (“Dux in scatola”, “Risorgimento pop” e “Aldo morto”) in cui l’autore-attore romano mette in scena un tris di cadaveri-monumento (quelli di Mazzini, Mussolini e Moro) a simboleggiare la nostra identità nazionale nata morta. Anche le accuse di apologia di fascismo piovute sul suo “Dux in scatola” all’epoca della sua presentazione al Premio Scenario del 2006 sono presto rientrate quando ai critici è apparso chiaro che la vera vocazione di Timpano non è quella di una rinarrazione revisionistica della storia patria, ma quella dello smontaggio tout court di ogni possibile narrazione («La verità non mi interessa», “Aldo morto”), l’accumulo disorganico dei molteplici punti di vista, l’elencazione paritaria (dunque implicitamente vanificante) delle ragioni e dei torti di tutti. Ai critici è piaciuta, di Timpano, l’assenza così post-moderna di un qualsivoglia messaggio o schema interpretativo o métarécit storico, il suo gusto per il falò delle verità, la pratica della tabula rasa indiscriminata che asfalta tutto e tutti, vincitori e vinti, torti e ragioni. Così, una volta ricondotto Timpano nel casellario della “risposta anarco-dadaista al teatro di narrazione” dei Paolini e dei Celestini, la coscienza post-moderna dei critici si è tranquillizzata e si è predisposta allegramente a baciare il rospo. E ad inghiottirlo pure.

L’idea di fondo, c’è da riconoscerlo, è fantastica: prendere tre cadaveri non qualunque – tre cadaveri-segnavia della nostra storia patria – e trasformarli in altrettanti pezzi di un cadavere più grande, quello della centocinquantenne Italia, mai nata, oppure sempre morta, che è lo stesso. Sono tre salme il cui post-mortem si è svolto pubblicamente, en plein air: quello di Mussolini appeso a Piazzale Loreto, seppellito a Milano, trafugato da tre neofascisti nel ’46, nascosto in un baule nel convento di sant’Angelo a Milano, recuperato dalla polizia, sepolto segretamente a Cerro Maggiore, riconsegnato undici anni dopo (in seguito a un compromesso elettorale tra Msi e Dc) alla famiglia e ai suoi fedeli fans, infine sepolto a Predappio; quello di Mazzini, imbalsamato (male) dal fisiologo Gorini per volere degli adepti mazziniani che avrebbero voluto esporlo permanentemente alla pubblica ammirazione, e poi sepolto in un angolo dimenticato del cimitero di Genova; e infine quello di Moro, ucciso ed esposto nel bagagliaio di una Renault 4 durante una specie di veglia mediatica improvvisata a via Caetani.

Di formazione pop, allevato dalla tv anni Settanta/Ottanta, tra cartoni e fumetti, Timpano legge e scrive la storia come può, filtrandola attraverso i miti del mainstream mediatico: veste Renato Curcio da Mazinga, mette in scena la mummia di Mazzini col sottofondo di Britney Spears che canta “Baby one more time”, paragona Moro a Nathan Never («Nathan Never è immortale come Moro. Dylan Dog, Tex, Topolino, Asterix, Obelix, Idefix e Nathan never sono sempre là. Sempre immortali, sempre giovani, sempre con la stessa faccia. Come Moro … Aldo è morto ma non muore … È sempre là … È quelle foto – ve le ricordate? Le foto polaroid»). Vede pop anche quando il pop non c’è. Non fa distinzione di rango tra miti dello star-system e personaggi storici, tutto è pop, dunque tutto è plastica, retorica da sgonfiare. Anche la narrazione pietosa dell’“uomo Aldo Moro” sottratto con la violenza alla sua famiglia diventa retorica pietistica da smerdare con puerile leggerezza: «Quella mattina papà era in bagno con la porta chiusa. Cose normali. Pipì. Barba. Forse pupù. È uscito di casa e non l’ho visto più. Una tragedia», recita Timpano con la sua monocorde vocina sardonica, immaginandosi nella parte del figlio di Moro (obiezione logica: ma se davvero la verità è inconoscibile, con che diritto allora Timpano etichetta come “retoriche” le verità in circolazione? In nome di cosa, se non di una verità, si può dare la caccia alla retorica?).

In questa specie di infantile, grottesca e a tratti divertente “Storia d’Italia a fumetti”, il modus operandi che Timpano adotta sui suoi cadaveri non è per nulla autoptico. Non cerca di capire di quali avvenimenti storici essi siano morti, non ricostruisce la scena storiografica del crimine. Ha la laconicità del medico legale che si limita ad attestare la morte di quel cadavere – l’Italia – che quelle tre salme le riassume tutte. Surfa sulla storia usando spesso come fonti Wikipedia e youtube (e lo dichiara apertamente, prima che qualcuno possa rinfacciarglielo), ma non esita a documentarsi più approfonditamente se nella carcassa del passato c’è del macabro in cui affondare i denti (allora sì, depone la sua superficialità storiografica e diventa maniacale ricercatore di bizzarrie necrofile). Più coyote che autopsista, nasconde la sua fragilità concettuale dietro il comodo assunto postmoderno dell’impossibilità di ogni verità. Il suo non è il nichilismo disperato dei delusi dalle ideologie e dalla politica, ma un nichilismo pigro, misologo e sbuffante. Certi sfoghi sembrano raccolti e imbottigliati direttamente dalle labbra di liceali scoglionati durante la lezione di storia, come in “Risorgimento pop”: «Questo spettacolo infatti nasce … nasceva … da una domandina stupida, e cioè: “Ma che cazzo gli interessa oggi a questa gente in sala questo Risorgimento italico del cazzo?” Un cazzo». E ancora, in “Aldo morto”, così viene raccontato l’annuncio dell’uccisione di Moro: «Cossiga pianse. Anche Andreotti pianse. Pianse anche Zaccagnini. Piansero tutti i politici di allora se per questo – Craxi, Berlinguer … – e pianse pure il papa, dicono. Il papa Paolo VI. Tutta gente morta di cui non ce ne frega un cazzo».

Antipolitica sorgiva, sfanculante. Light. Non il vaffa della sub-politica che vuole ricostruire il mondo dal basso, ma un vaffa demolitorio, aprioristico e senza catarsi, semplicemente divertito all’idea di mostrare le contraddizioni del mondo, di contrapporre verità a verità, torto a torto, ragione a ragione. Dice bene Paolo Puppa in uno scritto su Timpano (l’unico un po’ perplesso dei cinque scritti critici che scortano l’edizione della “Storia cadaverica d’Italia”): «Timpano ama assumere le sembianze di un Giamburrasca aggressivo e impaurito, portato a far cadere perifrasi e eufemismi nell’intima insofferenza ai valori costituiti, ai canoni, agli olimpi, alle chiese. Saltano così le gerarchie etiche, la differenza tra bene e male, il manicheismo che separa santi da demoni, angeli da reprobi, spiazzando partiti e orientamenti opposti, con reazioni a volte scomposte da parte della destra e della sinistra davanti a tanta irriverenza blasfema». Visione multiprospettica o ricercata ambiguità? Smembrati e scomposti dalla prospettiva multipla, i cadaveri-monumento di Timpano diventano un gioco collettivo e insensato come i cadavres exquises dei surrealisti, e la multifocalità si perde in un vociare confuso e confondente. Un sinfonico frinir di cicale nella calura estiva.

Edizione esaminata e brevi note

Daniele Timpano (Roma, 1974) è autore, attore e regista. Dal 1998 ha scritto e interpretato diverse opere teatrali tra cui “Caccia ‘l drago” da Tolkien (vincitore del premio “Le voci dell’anima” 2005); “Gli uccisori del chiaro di luna” da Marinetti e Majakovskij; “Ecce robot” (2007); “Si l’ammore no” (finalista al Premio Tuttoteatro.com “Dante Cappelletti 2008). Dei testi presentati in “Storia cadaverica d’Italia”, “Dux in scatola” è stato finalista al premio Scenario e al Premio Vertigine (2010). Insieme a “Risorgimento pop” è stato presentato a Parigi nella sezione “Face à Face” 2011.

Daniele Timpano, “Storia cadaverica d’Italia. Dux in scatola, Risorgimento pop, Aldo morto”, Titivillus, Pisa, 2012. Prefazione di Graziano Graziani.

Bibliografia consigliata: Graziano Graziani, “Lo strano olezzo del corpo del re”, Attilio Scarpellini, “Il clown contro la storia”, Antonio Audino, “La marionetta e il postumano”, Lorenzo Pavolini, “La doccia fredda non lava, ma sveglia”, Paolo Puppa, “Giamburrasca e i cadaveri eccellenti”, in “Storia cadaverica d’Italia”.

Approfondimento in rete:

http://danieletimpano.blogspot.it/

http://delteatro.it/articoli/2007-04/largo_agli_anarcodadaisti_nuova.php

http://www.retididedalus.it/Archivi/2006/Giugno/TEATRICA/IN%20PALCOSCENICO.htm

http://archivio.carta.org/agenda/occhi/interviste/051220graziani44dux.htm