Pascale Antonio

La manutenzione degli affetti

Pubblicato il: 17 Gennaio 2011

Antonio Pascale è un volenteroso. Uno sensibile al richiamo della letteratura come impegno civile, osservazione sociale, solidarietà. Nei racconti che compongono “La manutenzione degli affetti”, cerca di aprirsi un varco tra quelle che secondo lui sono le due opposte tendenze del mainstream letterario attuale, il “romanticismo” e la “retorica dell’apocalisse” (a descriverle ci pensa uno dei personaggi di “Noi che parliamo da soli”, il più riflessivo e meno narrativo tra i racconti del libro): «Cioè, da noi vanno di moda quegli scrittori che descrivono solo il loro nobile mondo interiore. Ce ne sono di due tipi, quelli dal linguaggio visionario, metaforico, analogico, oscuro, quelli piacciono all’avanguardia. Ma parliamoci chiaramente, che ti credi, che i critici leggendo questi scrittori si emozionino? Ma quando mai! Li usano in maniera speculativa. Tipo: loro sono contro il modello dominante. E perché? Perché combattono il consumismo narrativo […] Poi ci sono quegli altri scrittori che per definizione parlano in faccia, sono quei duri che descrivono come è sporco il mondo, come fa schifo, quelli che accusano, fanno i pamphlet, pane al pane, capito? Quelli piacciono per esempio al pubblico di sinistra. Il pubblico di sinistra impazzisce, per i comici, gli accusatori, tutti questi qua. Vuoi vendere? Fai un libro nero su qualcuno e vedi come vendi. Ricadiamo sempre nello stesso schema, l’altro è sempre una macchietta, una figura grottesca. E mandiamo questo messaggio, ci raccontiamo così, per la nostra consolazione, poi vengono le elezioni e scopriamo che agli italiani le macchiette piacciono e le vanno a votare […] Non è che a forza di macchiette, di immagini grottesche, ho contribuito a elaborare un’immagine distorta di questo paese, alla fine sono stato io stesso che ho spinto con i miei libri, a votare la macchietta di turno? Non ho creato anticorpi».

Creare anticorpi. Scrivere la realtà infettata ma senza lasciarsene contagiare, senza complicità o compiacimento. Il progetto è nobile. “Noi che parliamo da soli” ne è il manifesto letterario camuffato da autofiction in cui l’io narrante di Pascale, partendo da un incidente di moto accadutogli ai piedi del Vittoriano, innesca riflessioni sulla responsabilità sociale della letteratura attribuendosene alcune e distribuendone altre tra diversi personaggi, amici o colleghi, che entrano in scena quasi fossero relatori convenuti in un simposio letterario.

Ne “La manutenzione degli affetti”, il racconto che dà il titolo al libro, la crisi di un matrimonio – forse usurato dalla quotidianità, forse precipitato in un inevitabile e universale destino di impossibilità a serbare intatto l’amore – viene raccontata dall’io narrante del marito, mentre in “Stai serena” è la moglie a parlare e a rivelare la faccia nascosta della loro crisi di coppia. Ma non sono gli intoppi del sentimento né tantomeno i viluppi del sesso i temi in cui la scrittura di Pascale si esprime al meglio: la sua vena più autentica è quella del minimalismo meridionalista, del neorealismo micrologico che ispira un grappolo di racconti ambientati a Sud, orientativamente nella zona di Caserta: un meridione che appare svuotato di ogni vitalità, dove persino la mafia sembra imbolsita, un sistema incancrenito che si autoperpetua ma senza la vigoria degli inizi trionfali: «Il capo in persona vive una vita da recluso, tra mura altissime. Se da giovane un po’ si godeva la vita, adesso, in ragione della sua accresciuta funzione di comando, siccome fuori non sempre sta tranquillo, vive con la famiglia riunita, se ne sta tra i giocattoli dei figli e animali vari, a coltivare qualche hobby innocuo» (“Qui le chiacchiere stanno a zero”). Anche il rampantismo del ceto medio è un girare a vuoto che non approda a nessuna vera o durevole ascesa sociale: «Lungo queste strade dritte, guardo i ragazzi in moto e faccio un conto rapido. Devono guadagnare tanto per potersi permettere quelle moto. Ducati 600 Monster. Settemila euro. Duecentoventi all’ora. Ma sulle strade di Caserta tiri la prima e la seconda senza arrivare alla terza, perché ti fermi allo stop, riparti e di nuovo prima e seconda. Altro incrocio, altra sosta, altra falsa partenza. Dopo un po’ il motore di quelle moto sembra fuori giri. Il rombo diventa belato» (“Il ceto medio”). “Spettabile Ministero” invece è ambientato a Roma, ma ha per protagonisti due giovani meridionali neoassunti al “Ministero” (non si dice quale, uno vale l’altro), che all’inizio della storia osservano i colleghi disseminati lungo i chilometri di corridoi e si dicono speriamo che non diventiamo anche noi così, per poi finire esattamente così alla fine del racconto, che è a metà tra le storie impiegatizie di Checov e la “Metamorfosi” di Kafka («Una mattina di novembre si svegliò quasi soffocato e si avvilì quando aprì le persiane e vide il buio. Il quartiere stentava a svegliarsi, le macchine partivano a stento. Andò in cucina a fare il caffè ma la fiamma non raggiungeva il colore viola, sembrava un’alba che fermenta senza crescere mai. […] Lungo il tragitto verso l’ufficio prese tanta di quell’acqua che si sentì bagnato per tutta la settimana a venire. Ma di un’umidità diversa, come se avesse pianto»).

Spesso i racconti del libro sono imparentati tra loro attraverso una catena umana di personaggi che si affacciano come comparse in una storia per poi ricomparire come protagonisti in un’altra: accade in un nucleo di storie meridionaliste come “La controra”, “Il ceto medio”, Bei giorni domani”, “Mi vidi di schiena”, ma anche nel già citato racconto bifronte che si divide tra “La manutenzione degli affetti” e “Stai serena”. È una scelta tecnica che allude al romanzo (e forse “La manutenzione degli affetti” almeno in parte è già un piccolo romanzo, sia pure spacchettato). Ma soprattutto sottende un modo di considerare l’umanità come fratellanza (per quanto rinnegata o dimenticata), un continuum dove è impossibile infliggere una ferita ad una parte senza che ne risenta il tutto.

Edizione esaminata e brevi note

Antonio Pascale (Napoli, 1966) è giornalista e scrittore. Collabora a Repubblica, al Riformista e al Mattino. Per Einaudi ha pubblicato La città distratta (2001) e Passa la bellezza (2005). La manutenzione degli affetti (2003) ha vinto diversi premi letterari.

Antonio Pascale, “La manutenzione degli affetti”, Einaudi, Torino, 2003 e 2006. La seconda edizione contiene tre nuovi racconti.

Approfondimento in rete:

www.italialibri.net/interviste/0502-3.html;

www.lettera.com/libro.do?id=4597;

www.kultunderground.org/articoli.asp?art=418

Elettra Santori, 2011