“Quella febbre sotto le parole” è un piccolo libro che non è opportuno definire “corale”, visto che le tante voci presenti, quelle di dodici importanti autrici, dimostrano un approccio molto diversificato al mestiere di scrivere e alle modalità del processo creativo: ovvero luoghi, tempi, idiosincrasie, piccoli e grandi riti giornalieri. In ogni caso, come ci ricorda la curatrice Maria Rosa Cutrufelli, tutte scrittrici – Alice Ceresa, Luce d’Eramo, Francesca Duranti, Elena Gianini Belotti, Gina Lagorio, Lia Levi, Grazia Livi, Rosetta Loy, Romana Petri, Clara Sereni, Francesca Sanvitale, Marisa Volpi – che hanno anche molto in comune. Innanzitutto la circostanza di questi interventi, che oggi possiamo rileggere grazie alle edizioni Iacobelli: “i dodici testi sono stati scritti per una rubrica specifica di “Tuttestorie”, che s’intitolava: “Scrivere”. La domanda alla base della rubrica era molto semplice: al giorno d’oggi, la famosa ‘stanza tutta per sé’ rivendicata da Virginia Woolf è una realtà? O le donne scrivono ancora in cucina, come Jane Austen e tante altre dopo di lei? E basta avere quella benedetta “stanza tutta per sé” per sentirsi a proprio agio durante il lavoro della scrittura? La domanda era questa, ma le autrici (per fortuna, aggiungo col senno di poi) sono andate molto oltre, come risulta chiaro leggendo le loro testimonianze” (pp.12: Maria Rosa Cutrufelli a colloquio con Anna Maria Crispino). Un “andare oltre” che ha significato innanzitutto un tentativo di analisi in merito alla sostanza stessa della scrittura. Parliamo di tentativo perché in colloquio di poche pagine è davvero difficile svelare ai lettori quello che, a volte, non è del tutto chiaro nemmeno alle stesse autrici. In ogni modo argomenti che hanno a che fare davvero col processo creativo, non semplicemente con circostanze, ambienti, rituali e abitudini magari transitorie: “l’uso della prima o della terza persona (Ceresa), l’uso dei tempi verbali (d’Eramo), l’influenza e le suggestioni dei libri letti (Sereni), il rapporto tra spontaneità e programmazione (Loy, ma anche Duranti)” (pp.13). Per processo creativo intendiamo, ovviamente, anche la fatica della scrittrice alle prese con un ambiente accademico a dir poco diffidente (in particolare prima degli anni Settanta e Ottanta), tanto che Maria Rosa Cutrufelli, nel colloquio introduttivo – malgrado ormai le donne siano “entrate con forza nel mercato editoriale” – ci dice che “la critica non ha ancora strumenti adeguati, non ha trovato gli occhiali giusti per leggere le opere delle donne” (pp.13).
Una fatica, questa volta riferita all’atto stesso dello scrivere, che probabilmente si coglie anche dalle parole di Gina Lagorio: “L’interlocutore desiderato, compagno e fratello, è il lettore che mi ascolta partecipe. Sverginare un foglio bianco non è tuttavia così semplice: ogni volta ci si interroga sul proprio diritto a scrivere e ogni volta certo ci si illude, se almeno il proprio desiderio è chiaro” (pp.43).
Dodici testimonianze che rappresentano un dialogo e confronto tra autrici di diverse generazioni, da Luce d’Eramo (classe 1925), passando da Francesca Sanvitale (n. 1928), Elena Gianini Belotti (n. 1929), Lia Levi (n. 1931), Rosetta Loy (n. 1931), Francesca Duranti (n. 1935), per giungere alla più giovane Romana Petri. Un confronto chiaramente virtuale in quanto testimonianze pubblicate dalla rivista “Tuttestorie” tra il 1990 e il 2001, ma quel tanto da far emergere cosa ha voluto dire, per delle scrittrici che si sono affermate nel dopoguerra, “l’amore per la parola”, saper governare “i travagli della scrittura” e “il magma emozionale”.
Come anticipato, sono testimonianze dalle quali si possono cogliere le difficoltà delle autrici ad affermarsi nel gotha letterario, ma per il resto dominano le peculiarità dello stile e dell’intendere il proprio lavoro. Peculiarità che, ad esempio, Luce d’Eramo ha inteso in riferimento ai contesti delle sue stesse opere, spiegando la “poetica della discontinuità”: “già allora lo stile e il linguaggio cambiavano a seconda del personaggio che entrava in azione […] Come ho spiegato in ‘Io sono un’aliena’, sono contro l’omogeneità scritturale: per me ogni personaggio ha il suo procedimento mentale e la sua importanza linguistica che non si possono assimilare tra loro ma che coesistono completamente nelle loro singolarità in seno a un’unica rappresentazione” (pp.26).
Edizione esaminata e brevi note
Maria Rosa Cutrufelli, (Messina, 1946) scrittrice italiana. Tradotta in 22 lingue, è autrice di otto romanzi e di numerosi saggi, oltre ad aver curato antologie di racconti e scritto radiodrammi per la Rai. Impegnata nel movimento femminista, ha fondato e diretto per 12 anni la rivista di narrativa e letteratura “Tuttestorie”.
Maria Rosa Cutrufelli (a cura di), “Quella febbre sotto le parole”, Iacobelli, Pavona di Albano Laziale 2016, pp. 120.
Luca Menichetti. Lankenauta, marzo 2017
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