Poteva essere – lo speravo, quasi per una forma di solidarietà con le protagoniste – una storia a lieto fine questa vicenda raccontata da Natalia Cannelli e invece ci lascia un sapore amaro per i sentimenti irrisolti, per le parole non dette e che non potranno mai più essere pronunciate e ascoltate, per i destini rimasti in sospeso e che possiamo solo immaginare in senso positivo o negativo.
Il romanzo ci narra le storie parallele di due giovani donne, una italiana, Emilia, e l’altra dell’Est, ucraina, Azaliya. Il destino le fa incontrare per caso a San Benedetto del Tronto, la cittadina nella quale ambedue vivono. Emilia fa la pediatra, ha un marito, Giacomo, e un figlio di età scolare, una famiglia normale, ma non priva di problemi e contrasti.
I due coniugi, col tempo, si sono allontanati l’uno dall’altra e a volte non si comprendono più.
Azaliya invece è un’emigrata, è fuggita dal suo paese dove infuria la guerra civile insieme alla sua bambina neonata, Irina. La sua storia è tragica, irta di difficoltà: è una madre sola, le poche persone che possono aiutarla le vengono strappate via dalla guerra e il viaggio verso l’Italia si rivela tragico e disumano, compiuto in balia di un individuo crudele esenza scrupoli.
Una volta giunta, da clandestina, nel nostro paese, si troverà di nuovo tra mille difficoltà, incontrerà provvidenzialmente Emilia, disposta ad aiutarla, ma tutto sembrerà accanirsi contro di lei e neppure questo rapporto potrà essere duraturo.
Emilia invece è una grande sognatrice, che ha lottato e lavorato sodo per raggiungere il suo traguardo nello studio e nell’attività professionale, ha una bella famiglia, potrebbe essere considerata una persona realizzata, eppure sente mancarle qualcosa. Ha ancora qualche grande sogno che non si è avverato, è inquieta e il rapporto con Giacomo ha perso brillantezza ed entusiasmo. Neanche con lei la vita sarà generosa e verrà colpita duramente dalla tragedia.
L’elemento più originale della narrazione è costituito da una costruzione a mosaico o a “tessere di puzzle”, per cui si narra la storia di ciascun personaggio dal suo punto di vista, con balzi temporali dal presente (2014, anno della guerra civile ucraina) al passato.
Protagoniste sono sicuramente le donne, entrambe costrette dalla vita a dimenticare la loro esistenza passata e a costruirsene, con immenso dolore e con molte difficoltà, una diversa.
Sono donne che hanno una grande forza, forse Azaliya più di Emilia, e per un breve periodo trovano sostegno l’una nell’altra. Poi la vita le separa nuovamente ed Emilia trova uno scopo spendendosi in missioni umanitarie.
Accanto alle loro figure vi sono quelle maschili, decisamente meno incisive. Giacomo, il marito di Emilia, è un pittore fallito, che poi si è dedicato ad altro, al commercio, grazie ai beni di famiglia. Ha acquisito stabilità economica, ma un senso di frustrazione e di inferiorità rispetto alla brillante moglie sono rimasti.
Per vie imprevedibili si troverà anche lui in contatto con Azaliya e non dimostrerà il suo aspetto migliore in quest’occasione.
Petro, il “fidanzato” di Azaliya è un rivoluzionario di prima linea, che passa da una ragazza all’altra, mentre Serhii, il fratello di Azaliya, dopo aver creduto di poter cambiare le cose nel suo paese, finisce anche lui per emigrare, stanco, disilluso e precocemente invecchiato.
Sullo sfondo, quasi variabili impazzite che governano la vita delle persone, vi sono gli eventi della guerra, così assurdi e disumani, e poi tutti i problemi correlati: emigrazioni di intere popolazioni, povertà, disorientamento, sofferenza e tutto lo sfruttamento e la violenza che vengono esercitati su chi è costretto a lasciare il proprio paese, sapendo che forse non ci sarà un ritorno.
Tra tanta desolazione, rimangono il coraggio della giovane Azaliya, che cerca sempre di vedere qualche aspetto positivo tra le sue vicissitudini e le parole di Emilia. “Ma io sono solo un medico e sono qui per raccogliere i frantumi di queste vite spezzate e, se è possibile, ridargli un modo per camminare e andarsi a rifugiare da questo inverno freddo e lunghissimo”.
Edizione esaminata e brevi note
Natalia Cannelli (Roma 1980), vive la lavora a Roma, laureata in Scienze Biologiche, ha lavorato per anni nell’ambito della ricerca genetica, pubblicando molti contributi scientifici. Attualmente si dedica alla professione di nutrizionista. Questo è il suo primo romanzo.
Natalia Cannelli, Dimentica chi eri, Roma, edizioni Augh 2016
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