Come i miei precedenti articoli dal titolo “Viaggio nel cuore della Tunisia”, gli eventi riportati nel seguente reportage risalgono all’estate 2014 quando trascorsi due mesi in Tunisia, più precisamente a Sfax, la seconda città del paese per numero di abitanti. Meno famosa delle turistiche Tunisi, Monastir, Djerba o Hammamet, Sfax ha la reputazione di essere una città inquinata e abitata da gente lavoratrice, tirchia e noiosa. Per quanto queste dicerie abbiano un fondo di verità, Sfax offre comunque alcune interessanti attrazioni ai suoi visitatori. Tra queste ci sono le Isole Kerkennah, che si trovano a circa venti chilometri al largo di Sfax: si tratta di un piccolo arcipelago formato da due isole principali che quasi si toccano e che da sole non raggiungono i duecento chilometri quadrati di ampiezza. Gli abitanti stanziali sono principalmente pescatori, gli altri invece, e sono molti di più, risiedono sull’isola solo d’estate. Il turismo internazionale è praticamente nullo in quanto l’isola non offre le stesse bellezze e le stesse infrastrutture di località più attrezzate come Djerba e Hammamet. La mia permanenza a Sfax era dovuta ad uno stage: ho partecipato al progetto “Hello Sfax”, che si occupava della promozione turistica della città e che era organizzato dal comitato locale di AIESEC, un’associazione internazionale di studenti universitari, che organizza stage e scambi all’estero per studenti di tutto il mondo. In questo contesto, i ragazzi tunisini membri del comitato locale ci proposero di fare una gita alle Isole Kerkennah durante un fine settimana. In questo modo mi sono ritrovato a passare un paio di giorni in questa località particolare e semi-sconosciuta, ma che proprio per questo si è rivelata piena di sorprese e di fascino. Tutto ciò in compagnia di un nutrito gruppo di studenti universitari di mezzo mondo e di qualche membro del nostro comitato locale, alcuni dei quali erano originari proprio delle Isole Kerkennah.
Isole Kerkennah 7 luglio 2014 Ore 02:26
Il risveglio oggi è stato piuttosto mattiniero, alle otto dovevamo essere tutti vestiti e pronti a partire, punto di ritrovo davanti al vecchio condominio che ospita tutti noi stagisti: circa una trentina di ragazzi e ragazze tra i diciannove e i venticinque anni provenienti da mezzo mondo. Con noi sono venuti alcuni dei giovani tunisini membri del comitato locale di AIESEC, alcuni di loro sono originari di Kerkennah e conoscono bene la zona. Per arrivare fino al porto da cui abbiamo preso il traghetto avevano fatto arrivare sei o sette taxi, infatti i trasporti pubblici a Sfax sono quasi inesistenti, i taxi sono il modo più comodo e veloce per spostarsi e, siccome sono molto usati, sono pure molto economici. Un po’ alla volta saliamo nelle auto che arrivano, in circa venti minuti questi ci lasciano al porto di Sfax, uno dei più importanti della Tunisia per quanto riguarda il trasporto marittimo delle merci.
I collegamenti tra le Isole Kerkennah e la terraferma sono assicurati da un sistema di traghetti che partono all’incirca ogni ora da Sfax e da Kerkennah. Il taxi ci ha lasciato davanti ad un vecchio edificio che funge da biglietteria. Quando entriamo vediamo due file di persone che attendono il loro turno per comprare il biglietto da due sportelli. Sono tutti chiaramente tunisini e quando vedono entrare questo gruppo di trenta persone palesemente non locali, ci guardano con stupore. Il biglietto è sorprendentemente economico, meno di un dinaro tunisino, praticamente cinquanta centesimi di euro e mi è stato detto che negli ultimi anni qui i prezzi sono tutti aumentati. Con in mano i nostri biglietti usciamo sulla banchina, dove vediamo tre traghetti uno di fianco all’altro, due sono a riposo e quindi ci dirigiamo verso il terzo. Si tratta di normali ferry-boat, simili a quelli che si vedono navigare a Venezia lungo il Canale della Giudecca, anche se dall’aspetto questi hanno probabilmente qualche anno in più. Sia a poppa che a prua c’è una passerella che, quando la nave è in porto, si abbassa per far entrare i veicoli nel grande spazio sotto la zona passeggeri, a cui si accede tramite due scale a lato della passerella.
Facendoci spazio tra la disordinata coda composta da auto, furgoni, motorini, biciclette e pedoni arriviamo alle scale e saliamo verso la zona passeggeri. Sia a poppa che a prua ci sono file di panchine per chi vuole sedersi fuori, tuttavia non sono nemmeno lontanamente sufficienti per tutte le persone a bordo, di conseguenza molti preferiscono semplicemente sedersi per terra e appoggiarsi alle ringhiere. Chi vuole può andare all’interno, c’è infatti una zona coperta con tanto di bar, divanetti e sedie comode (dall’aspetto abbastanza consunto a dire il vero), ma la temperatura e l’odore di umanità che ci sono in questa specie di salone non sono proprio il massimo. Anche qui lo spazio non basta per tutti, ma stavolta perché non è raro vedere persone che tranquillamente si distendono su una delle panche e dormono. L’impressione generale è quella di trovarsi nel XIX secolo, nella terza classe di un transatlantico a vapore diretto verso l’America. Non siamo abituati a vedere gente ammassata così disordinatamente e che non si fa tanti scrupoli nel sedersi per terra o nel dormire su una panca, ma tutto questo rende il tempo del tragitto (un’ora e quindici) particolarmente interessante. Non è poi raro che, vedendo persone straniere, qualche altro passeggero cominci a parlarvi e a chiedervi da dove venite. I tunisini in genere sono persone curiose e molto amichevoli, ciò può risultare quasi fastidioso per noi abituati ad ascoltare il nostro Ipod sull’autobus invece di far conoscenza con il tizio seduto di fianco, ma dal momento che qui gli Ipod non sono in molti a poterselo permettere, scambiare due chiacchere è un modo per far passare più velocemente il viaggio. Quando il traghetto è ormai prossimo all’arrivo, cominciamo a vedere piccole barche di pescatori che tornano verso l’isola, sono tutte bianche con qualche striscia orizzontale colorata.
Dalle dimensioni ridotte si capisce che qui la pesca non è molto redditizia e di certo non riguarda pesci di grossa taglia. Le prime tracce di presenza umana sull’isola risalgono ai Fenici, dopo di loro arrivarono i Romani, che utilizzarono l’isola come porto per lo smistamento delle merci. Ancora oggi si possono visitare le rovine romane. Nei secoli l’isola ha vissuto le stesse vicende della terraferma, alternando periodi di prosperità a periodi di carestia. Negli ultimi anni il numero degli abitanti è rimasto stabile, ma la maggior parte sono stagionali, infatti quasi ogni famiglia benestante di Sfax possiede una casa a Kerkennah per le ferie estive. La principale attività economica è naturalmente la pesca. Il suolo non è molto fertile e la mancanza d’acqua impedisce di coltivare in modo intensivo, di conseguenza c’è più che altro un’economia di sussistenza basata sull’allevamento di capre e polli e sulla coltivazioni di piccoli orti. Una volta attraccato, il traghetto abbassa la passerella e allora inizia la competizione tra pedoni e veicoli per chi riesce a scendere prima, nessun membro dell’equipaggio si occupa di gestire il flusso in uscita, tuttavia è curioso vedere come, essendo tutti abituati a questo sistema, nessuno si faccia male. Sulle isole non esiste un sistema di trasporti pubblici, l’unica alternativa, se non si possiede un veicolo, sono i taxi, che, salvo chiamata preventiva, ci sono solo in concomitanza del traghetto. Le strade asfaltate sono veramente poche: la principale è a due corsie e corre da un capo all’altro delle due isole, è lunga poco più di trenta chilometri e un ponte le permette di superare lo stretto braccio di mare che divide le due isole. Le altre strade sono sterrate, ma comunque percorribili senza particolari problemi visto che l’isola non presenta rilievi ed è quasi del tutto piatta.
Non ci sono taxi per tutti noi e quindi mentre alcuni partono, gli altri aspettano, ci ritroviamo venti chilometri più in là davanti, all’entrata del “Grand Hotel”, in cui i ragazzi del nostro comitato ci hanno suggerito di passare la notte. Il paesaggio che vediamo lungo il percorso è simile a certe zone della Sardegna: non molta vegetazione, pochi alberi e suolo quasi desertico, ogni tanto notiamo qualche casa con un gregge di pecore che pascola a poca distanza. Oltre a queste abitazioni vediamo qualche piccolo centro abitato composto da poche case, ma nel complesso si ha decisamente l’impressione di trovarsi nel mezzo del nulla. Arrivati tutti al “Grand Hotel”, entriamo per informarci sui prezzi: dall’aspetto sembra almeno un quattro stelle, la reception è pulita e spaziosa e il personale è vestito con una divisa elegante. Per una notte ci chiedono cinquanta dinari (circa venticinque euro), per noi poveri studenti sono un po’ troppi, siamo abbastanza sicuri di poter trovare un posto più economico nelle vicinanze. Quasi all’unanimità, ma contro la volontà dei ragazzi del comitato, usciamo e con il solo aiuto di una mappa visualizzata su un telefono cominciamo a cercare un alloggio alternativo nelle vicinanze e lo facciamo a piedi visto che i taxi se ne sono già andati. Il caldo è soffocante e non c’è vento, per una buona mezz’ora camminiamo in questa specie di zona semi-desertica, passando di fianco a piccoli orti privati e percorrendo stretti sentieri che sembrano non portare da nessuna parte. Alla fine arriviamo ad un alto muro che poco più avanti presenta un ampio portone con l’insegna “Residence Club Kerkennah”. Era quello che stavamo cercando. Chiamiamo al telefono gli altri che sono rimasti indietro per dirgli che abbiamo trovato un altro posto ed entriamo per andare ad informarci sui prezzi. Nella reception c’è il padrone, che ci accoglie con gioia. Per una notte vuole venti dinari, (circa dieci euro): ben felici, accettiamo. Non tutti però vogliono fermarsi qui la notte, saremo circa una quindicina, gli altri preferiscono tornare a Sfax con un traghetto serale. L’hotel sembra essere praticamente deserto, a parte noi vediamo solo altri tre ospiti tunisini. Il padrone ci fa strada e ci accompagna ai nostri bungalow. L’hotel infatti è costruito a pochi metri dalla spiaggia e ha un buon numero di graziosi bungalow, dalla forma rotonda e dipinti di bianco con porte e finestre blu chiaro. Dall’esterno sembrano molto invitanti. Dentro ci sono due o tre letti, un paio di comodini e un piccolo bagno con doccia. Quando provo la doccia vedo che l’acqua è di un intenso color ruggine, si vede che non è stata usata da un po’ e la sabbia si è depositata nelle tubature, faccio scorrere l’acqua per qualche secondo e la situazione migliora. I bungalow sono tutti vicini alla spiaggia, che in verità non è molto larga, cinque o sei metri di sabbia bruno-grigiastra mista a qualche sasso qua e là. Alcuni alberi sono così vicini all’acqua che l’ombra dei loro rami si riflette tra le onde. L’acqua non è certo chiara e cristallina come quella di Sicilia o Sardegna, ma è comunque migliore del “brodo” che si può trovare a Jesolo o a Bibione. La costa in questa zona crea una piccola baia, sulla destra la costa curva verso l’alto per poi sparire verso destra, a sinistra invece vediamo una lunga banchina di pietroni con un piccolo molo alla fine.
Siamo tutti piuttosto affamati, ma prima di addentare i nostri panini chiediamo informazioni al padrone riguardo alla cena: ci troviamo infatti in pieno Ramadan e da queste parti quasi la totalità della popolazione durante il giorno non beve e non mangia, pertanto reperire cibo prima del tramonto per noi poveri infedeli risulta piuttosto difficile. Il nostro ospite ci dice che può procurarci del pesce, ma non più tardi delle sette perché poi il sole scende e lui deve andare a casa e cenare con la sua famiglia. Il Ramadan è il mese di digiuno che tutti i musulmani devono osservare, questo divieto di mangiare e bere va dall’alba al tramonto, di conseguenza per chi lo osserva, il pasto serale è un momento molto importante e di solito lo si passa con la famiglia. Abbiamo risolto il problema della cena ma sappiamo già che dopo dovremo inventarci un modo per fare rifornimento di acqua e cibo, nell’hotel infatti non sembra esserci un bar rifornito e di certo non ci mettiamo a bere l’acqua dei rubinetti. Dall’aspetto generale sembra che siamo il primo vero gruppo di turisti della stagione.
Per approfondire:
http://it.wikipedia.org/wiki/Isole_Kerkenna
http://it.wikipedia.org/wiki/Sfax
Francesco Ricapito, gennaio 2015
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