Don Lorenzo Milani è stato un prete scomodo, una presenza che ha anticipato i tempi e come tale è stato ostacolato e contrastato. Adesso che anche papa Francesco si è recato a Barbiana si può dire che la sua figura è riconosciuta e finalmente apprezzata, tanto da presentarla in un libro per bambini, come ha fatto la casa editrice “Il pozzo di Giacobbe” grazie a Sylvia Proniewcicz e all’illustratrice Silvia Fabris.
Riassumere in ventiquattro pagine la vita e l’opera di don Milani non è impresa facile, perdipiù evitando retorica, strumentalizzazioni o polemiche verso la Chiesa e privilegiando invece un linguaggio semplice e chiaro, adatto ai bambini.
Sylvia Proniewicz ci riesce e la figura di don Milani emerge limpida e viva, dando vita a un piccolo libro, che può essere usato nella scuola e a catechismo per spiegare un sacerdote alternativo e vicino a noi nel tempo. Un possibile futuro santo, chi lo sa?
Credo valga la pena evidenziare alcuni spunti di riflessione utili per bambini e adulti.
L’importanza del dialogo con i genitori, anche se la pensano diversamente da noi. Don Milani ebbe un fitto epistolario con la madre ebrea che, anche se in circostanze “forzate” (la paura della deportazione), si sposò in chiesa e fece battezzare i tre figli e comunque accettò che Lorenzo diventasse sacerdote. La famiglia inoltre lo lascia sempre libero di fare le sue scelte, anche se possono suscitare qualche perplessità.
La bellezza delle figure dei nonni: a casa di Lorenzo è il nonno a insegnare filastrocche e a farli giocare in modo intelligente. Nessun videogioco potrà mai sostituire un insegnamento umano, fatto anche di gesti d’affetto e trasmissione di esperienza.
La nascita della vocazione di Lorenzo: Dio si manifesta e chiama nei modi più impensati e imprevisti, basta fare attenzione. Non mancano esempi nella Sacra Scrittura.
L’importanza di incontrare, al di fuori della famiglia, figure significative e capaci di aiutare i ragazzi nella crescita e nella formazione. Nel caso di don Milani si tratta di don Raffaele Bensi, in pratica il suo padre spirituale. Tutto questo fa capire che la fede cristiana non è un cammino solitario e isolato, ma un percorso che si fa insieme a fratelli e sorelle, sorreggendosi a vicenda. Nel caso di un gruppo di catechismo, questo è un ottimo spunto per far capire il ruolo della Comunità cui appartengono i bambini e che li ha accolti fin dal giorno del loro Battesimo.
Don Milani capisce subito l’importanza della cultura e della scuola, è un concetto che lui ha imparato fin da bambino in famiglia. Il nonno diceva che “conoscere poche parole equivale ad avere poche possibilità di far valere le proprie ragioni con la sicura prospettiva di essere imbrogliato e sfruttato per il resto della vita”. Per questo, appena ordinato sacerdote e inviato come cappellano in una parrocchia vicino a Firenze fonda una scuola serale per i ragazzi poveri. Questa sua iniziativa scatena l’ostilità dei benestanti e don Milani viene spedito a Barbiana, nel comune di Vicchio del Mugello, in una parroccha piccolissima e sperduta in mezzo all’Appennino. Condizioni durissime, freddo, povertà, ignoranza, casolari isolati: pur provenendo da una famiglia benestante e privilegiata don Milani si adatta, si mette all’opera con passione e con fede, deciso nelle sue convinzioni. Ecco l’importanza di saper andare controcorrente, anche contro certe idee presenti nella stessa Chiesa cui si appartiene, senza scindersi però. Don Milani fonda una scuola aperta a tutti a tempo pieno, in cui si insegna di tutto. “I care”, cioé “Mi importa, ho a cuore” è il motto che ormai tutti conoscono. Fondamentale è una scuola aperta (si leggono i giornali a Barbiana, si fa esperienza pratica) ed umana, paziente con gli alunni. Necessario è far capire ai ragazzi che la scuola è una conquista, una buona occasione, non un peso o una noia (anche se a volte, certi insegnanti la rendono tale o, peggio ancora, la rendono un incubo).
Il libro si chiude con poche righe su “Lettera auna professoressa” e con un accenno all’ultima parte della vita di don Milani, che morì a Firenze nel 1967 a quarantaquattro anni. Una foto ce lo mostra mentre insegna.
“Devo tutto quello che so ai giovani operai e contadini cui ho fatto scuola. Io ho insegnato loro soltanto a esprimersi, mentre loro mi hanno insegnato a vivere. (da Esperienze Pastorali 1958).
Molto espressive specialmente nei volti dei personaggi le illustrazioni di Silvia Fabris, gli sfondi sono movimentati da sfumature o da decorazioni (della tovaglia, della carta da parati, del pavimento) e questo le alleggerisce e le rende piacevoli.
Direi che si tratta di un ottimo sussidio di cui avvalersi in svariate occasioni.
Edizione esaminata e brevi note
Sylvia Proniewicz, Dottore in Storia della Chiesa presso la Pontificia Università Gregoriana, è docente della Scuola di Alta Formazione di Arte e teologia della Pontifica Facoltà Teologica dell’Italia meridionale di Napoli.
Silvia Fabris, è illustratrice per diversi editori – tra cui De Agostini, Paoline, periodici San Paolo, Cedam. Progetta e conduce percorsi educativi all’immagine e all’arte in scuole, biblioteche, musei.
Sylvia Proniewicz, Don Lorenzo Milani, Trapani, Il pozzo di Giacobbe 2017. Illustrazioni di Silvia Fabris.
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