A scanso di equivoci è bene precisare da subito che gli “heroes” del titolo non sono gli “eroi” protagonisti in carne e ossa del romanzo, che invece non hanno proprio nulla di ammirevole e appunto di eroico, ma una collina così chiamata dagli Uomini del Nord, dalla quale si ha una visuale strategica e caratterizzata da enormi lastre di roccia. Un titolo che a pensarci bene ha qualcosa di sarcastico per un’opera che è stata catalogata nel genere “fantasy”, ma che ha davvero poco a che vedere con Tolkien od altri grandi autori creatori di universi paralleli e visioni soprannaturali. Parlare di un “fantasy” realistico potrebbe sembrare una contraddizione in termini, fermo restando che in fondo ogni invenzione letteraria rappresenta un “fantasy”. Basta intendersi sulle parole e considerare che Abercrombie ed altri autori di nuova generazione hanno evidentemente voluto marcare una distanza dalla tradizione narrativa che li ha preceduti, fatta di esseri mostruosi, non-umani, incantesimi, cosmogonie ben definite che niente hanno a che fare con la storia conosciuta.
“The Heroes” racconta tre giorni di battaglia tra i guerrieri del Nord, capeggiati da un probabile usurpatore, il “Nero”, e un’ Alleanza, ovvero un esercito del Sud, molto più strutturato, con tanto di uniformi, gerarchia, soldati di mestiere al servizio di un Re lontano. Mentre la rappresentazione dell’Alleanza ricorda qualcosa dell’era rinascimentale o seicentesca, i guerrieri del Nord di fatto sono descritti come una civiltà meno progredita, con elementi che ricordano le società barbare o feudali. Altro non sappiamo, se non alcuni nomi di fantasia presenti nel romanzo, e men che mai la consapevolezza del tempo dell’azione. In questo senso Abercrombie lascia al lettore larghi margini per interpretarla a proprio piacimento; tanto che, se non fosse per alcuni dettagli che spiazzano un po’, si potrebbe pensare ad una battaglia tra britannici e genti normanne, o tra germanici e popolazioni dell’estremo nord.
Quindi, se proprio volessimo incasellare “The Heroes” nelle strette di un genere letterario, potremmo tranquillamente parlare di romanzo “epico” piuttosto che “fantasy”. Non credo nessuno avrebbe da ridire. La stessa descrizione del sistema sociale del Nord, nella sua voluta brevità, non è poi così irrealistica e lontana da quanto poteva accadere centinaia di anni fa presso i “clan” oppure in una società feudale: “La divisione tra soldati e cittadini, al Nord, non è ben delineata. Hanno qualche migliaio di Scagnozzi, forse, sono combattenti professionisti con armatura e armi proprie, allevati per la vita di guerra […] Ma per ogni Scagnozzo ci sono parecchi Asserviti, contadini e commercianti costretti o pagati per combattere e lavorare […] Poi ci sono i Nominati, veterani che si sono guadagnati un posto con atti eroici sul campo di battaglia, e fungono da ufficiali, guardie del corpo o esploratori in piccoli gruppi chiamati dozzine” (pag. 150).
Uno degli elementi portanti dell’opera di Abercrombie è chiaramente la rappresentazione realistica della battaglia e della sfiancante monotonia dell’attesa, non disgiunta da un certo sarcasmo e cinismo, dove per realismo si intende dare conto innanzitutto di personaggi che, al di là della propria abilità di combattenti spada in pugno, sono però preda di enormi debolezze, gelosie, privi di un’etica che li faccia riconoscere come “eroi”. E coloro che sono raccontati come entusiasti delle loro scelte, privi di malizia ed in buona fede, finiranno preda di profonde disillusioni di fronte alla brutalità della guerra ed alla presunta normalità della pace. Al nord giusto Curden lo Strozzato, che ha dedicato tutta la sua vita all’arte della guerra e che ora si ritrova con mille acciacchi e forse alla sua ultima battaglia, ci viene mostrato come uomo onesto. Al contrario un personaggio come il principe Calder, il pacifista della situazione, quello che si oppone alla mattanza, si rivelerà quanto mai infido e crudele, intento a conquistare il potere magari con meno spargimento di sangue ma con la forza della menzogna e dell’inganno.
Dalle parti dell’Alleanza troviamo il colonnello Bremer Dan Gorst, uno dei personaggi meglio descritti, anche grazie ai corsivi che raccontano il suo flusso di pensieri, e che, caduto in disgrazia presso il Re, vuole redimersi ad ogni costo in virtù delle sue doti di guerriero. Se per il Nord il principe Calder rappresenta una delle figure più infide, i cui intrighi ci porteranno ad un finale aperto, l’autentica anima nera dell’Alleanza è Bayaz il “primo Mago”. Un personaggio che in realtà non ha nulla del mago come comunemente inteso: nessun incantesimo, semmai intenti che ricordano il cinismo di un dottor Stranamore. Peraltro l’idea di mostrare Bayaz alle prese con un rudimentale cannone, quindi decisamente più scienziato che mago, fa pensare a tempi non troppo remoti, nonostante la presenza dei barbari del Nord: come a voler immettere qualche elemento di steampunk nel contesto di un romanzo altrimenti definito di “epic-fantasy”.
Oltre settecento pagine per un’opera corale, una narrazione fiume che scorre via senza alcuna fatica, malgrado la presenza di innumerevoli personaggi, dove gli scenari del Nord si alternano a quelli dell’Alleanza, prima capitolo per capitolo, poi paragrafo per paragrafo, fino all’incontro degli antagonisti durante e dopo la battaglia; con la netta impressione che l’autore, raccontandoci colpi di scena fino all’ultima pagina, abbia voluto tenere ben presente la tecnica cinematografica o quella dei più apprezzati serial televisivi. Non so cosa abbia in mente Abercrombie ma un seguito a “The Heroes” non sarebbe affatto una cattiva idea.
Edizione esaminata e brevi note
Joe Abercrombie è nato a Lancaster nel 1974. È il 2002 quando, allora studente di Psicologia all’Università di Manchester, pensa di scrivere una trilogia fantasy e inizia la stesura del primo episodio. Trasferitosi a Londra, lavora come montatore freelance e produttore di format televisivi di vario tipo e termina di scrivere quello che diventerà The Blade Itself. Gollancz ha acquistato i diritti, vincolando Abercrombie a pubblicare l’intera serie. A The Blade Itself (2007) sono seguiti They Are Hanged e Last Argument of Kings (2008). La trilogia The First Law si è rivelata un grande successo tra i lettori anglosassoni.
Joe Abercrombie, The Heroes, Gargoyle (collana Gargoyle Extra), Roma 2012, pag. 720
Luca Menichetti. Lankelot, novembre 2012
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