“Poi, alzando furbescamente lo sguardo, aggiunse: Sembra che questa sia una giornata di ricongiungimenti” (pag. 409). Così si rivolge il mercenario Nicomo Cosca ad un sindaco donna, ormai un po’ avanti negli anni, e che molti lettori di Joe Abercrombie potranno intuire aver molto a che fare con una letale avventuriera incontrata nella trilogia della “Prima Legge” e in “Il sapore della vendetta”. Vecchie conoscenze che in un romanzo “stand alone” come “Red Country”, abbondano e che non sempre sono rese esplicite. Proprio per questo motivo la presenza di questi personaggi redivivi, moribondi oppure proprio dati per morti ed invece sempre vivi e sempre più cattivi, potrà essere apprezzata soprattutto da tutti coloro che in questi anni si sono lasciati coinvolgere dalle complicate vicende del Mondo Circolare. Una geografia parallela di Terre e Imperi fino ad ora visti come ricettacolo di innumerevoli nefandezze, coerentemente ad una visione grimdark del fantasy; ed anche su questo aspetto “Red Country” non si discosta affatto dallo stile al quale ci ha abituato Abercrombie: cinismo a fiumi, umorismo nerissimo, sciagure come se piovesse. Insomma, un certo compiacimento nel valorizzare personaggi brutti sporchi e cattivi che in “Red Country” sembrano trovare l’habitat ideale. La critica, non a torto, ha definito il romanzo come una sorta di western – fantasy, che si innesta con disinvoltura in un mondo fino ad ora immaginato, o immaginabile, come una sorta di tardo medioevo alternativo. La vicenda difatti vede come protagonista una giovane donna dal passato misterioso e poco confessabile, Shy Sud, che si ritrova con la sua fattoria incendiata da una banda di delinquenti e con i fratelli minori rapiti e condotti chissà dove. A quel punto, accompagnata dal patrigno Agnello, un omone del Nord da sempre considerato un povero codardo, si metterà alla ricerca dei bambini, unendosi ad una carovana di pionieri diretta ad ovest verso le Terre Remote. L’odissea della masnada di coloni e di disperati verso Cresa e terre che promettono oro e ricchezze, si rivelerà a dir poco dir poco pericolosa, con i nativi Spettri alle calcagna. In viaggio accadranno fatti via via sempre più inquietanti: innanzitutto Agnello che, a dispetto del nome rassicurante, svelerà un animo tutt’altro che mite, di sicuro molto diverso da quello dissimulato per anni nella fattoria. Ed anche in questo caso non sarà difficile cogliere l’autentico nome dell’uomo, ormai anziano, massiccio, pieno di cicatrici e soprattutto con nove dita. I riferimenti all’epilogo della trilogia poi sono espliciti: “ [ndr: Tempio] si premette con delicatezza i lividi sulla faccia e ricordò quel momento agghiacciante in cui non aveva più sentito la terrà sotto di sé: ‘Poi c’è stata una lunga caduta nel vuoto, fino all’acqua’. ‘So bene di che parli’, mormorò Agnello con espressione trasognata” (pag. 173).
La ricerca di Pit e Ro non si rivelerà infruttuosa, ma, nel percorso verso Cresa e verso la terra dei Draghi, l’incontro con personaggi già tristemente noti come il famigerato Nicomo Cosca e la sua banda di mercenari, con i pratici dell’Inquisitore Lorsen, la compagnia del tuttofare Tempio, dei pionieri, spesso infidi, farà sì che il cammino verso ovest della tenace Shy Sud e del suo patrigno Agnello diventi una sequenza infinita di peripezie, esecuzioni cruente, scontri sanguinosi, massacri in piena regola, tradimenti uno dietro l’altro. Chi ha scritto di “western-fantasy” – ripetiamolo – non ha tutti i torti: pur con la presenza di elementi che riportano ad un mondo tardomedievale o rinascimentale, gli Spettri, ovvero i nativi non possono non ricordare gli indiani d’America, come il massacro del popolo dei Draghi quello perpetrato ai danni dei nativi americani, per non parlare dei pionieri, delle carovane e via dicendo. Oltretutto va rilevato che in questo “stand alone”, come nel caso di “The Heroes” e a differenza della “Trilogia”, l’elemento cosiddetto magico e soprannaturale risulta pressoché assente, tutt’al più evocato nei ricordi dei più anziani, altrimenti alle prese con un mondo che mostra aspetti talmente materiali da diventare insopportabile: un fantastico che quindi si caratterizza per l’omissione degli elementi più classici e consueti del genere; e che si può definire più in particolare fantasy in virtù di una geografia e di una storia umana alternativa.
Ferma restando poi la consueta attenzione di Abercrombie alle caratteristiche brutte sporche e cattive degli esseri umani, gli scenari che ricordano il west della ricerca dell’oro consentono descrizioni estremamente crude e quasi compiaciute della lordura materiale e morale nella quale è circondato un popolo di avventurieri senza legge e senza pietà, che sopravvivono in condizioni estreme pur di soddisfare la loro avidità e il loro desiderio di riscatto. E’ evidente che non leggeremo mai di eroi senza macchia e senza paura; piuttosto di figuri con molte macchie e molte paure, per i quali la vigliaccheria è un pregio degno dei migliori mercenari.
Secondo lo schema consolidato dei romanzi di Abercrombie, che rifugge dai più consolidati stereotipi e che anche questa volta ci regala pagine che scorrono senza fatica, avremo di fronte personaggi descritti inizialmente quasi come brave persone ma che poi si rivelano di tutt’altra pasta, e viceversa; oppure a tutti gli effetti dei pazzi criminali senza speranza. Semmai l’epilogo di “Red Country”, come del resto ha ammesso lo stesso autore, si potrà rivelare un po’ambiguo ma sarà pure interpretabile come una specie di lieto fine, se di lieto fine si può parlare al termine di tanti massacri e in un mondo che ha fatto di Logen Novedita una leggenda.
Edizione esaminata e brevi note
Joe Abercrombie, è nato a Lancaster nel 1974. È il 2002 quando, allora studente di Psicologia all’Università di Manchester, pensa di scrivere una trilogia fantasy e inizia la stesura del primo episodio. Trasferitosi a Londra, lavora come montatore freelance e produttore di format televisivi di vario tipo e termina di scrivere quello che diventerà The Blade Itself. Gollancz ha acquistato i diritti, vincolando Abercrombie a pubblicare l’intera serie. A The Blade Itself (2007) sono seguiti They Are Hanged e Last Argument of Kings (2008). La trilogia The First Law si è rivelata un grande successo tra i lettori anglosassoni.
Joe Abercrombie, “Red Country”, Gargoyle (collana Extra), Roma 2015, pag. 639. Traduzione di Benedetta Tavani
Luca Menichetti. Lankelot, marzo 2015
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