Tra le ultime pagine del libro di Simona Baldanzi possiamo leggere: “I No Tav non vogliono percorrere la stessa storia del Mugello, non vogliono sopportare l’umiliazione, dopo la devastazione, dell’impunità”. Non so se l’umiliazione possa diventare il sentimento più presente tra coloro che, vuoi perché testimoni, vuoi perché informati delle truffe perpetrate dai sedicenti riformisti favorevoli alle “grandi opere”, si trovano circondati dall’indifferenza e dall’incomprensione dei concittadini e dei media; c’è da pensare semmai che il costante scempio di verità e di soldi pubblici possa condurre a tanto sconforto e ad una civilissima incazzatura.
Sono i sentimenti che si provano a leggere libri come quello di Antonio Calafati che si è occupato dell’informazione taroccata, oppure con Ivan Cicconi che, prima col suo “Le grandi opere del Cavaliere” e poi col recente “Il Libro nero dell’alta velocità”, ha efficacemente spiegato il sistema truffaldino e tutto italiano che, complici imprenditori e politici, sta devastando le casse dello Stato; od anche l’eccellente “Paesaggio Costituzione cemento” di Salvatore Settis. Simona Baldanzi, invece, con suo “Mugello sottosopra” ha rivolto la sua attenzione alla condizione di quei lavoratori che si ritrovano nei cantieri dai quali dovrebbero poi scaturire queste meraviglie del progresso umano. La scrittrice, recuperando la sua partecipazione al progetto Euridice e le sue ricerche in argomento, compresa la tesi di laurea titolata “Alta velocità, lavoratori dei cantieri e società locale”, discussa in quel della fiorentina Cesare Alfieri (“mentre prendevo coscienza che il mio territorio era danneggiato irrimediabilmente, decisi che la tesi l’avrei fatta sui lavoratori. Nelle gallerie rimanevano invisibili proprio come le falde e, forse, proprio perché nessuno li prendeva in considerazione, erano a rischio anche loro”), e poi mostrandoci diverse interviste ai “trasfertisti” originari del sud Italia, ci ha rivelato una realtà dove la regola, decisamente molto poco “progressista”, è il senso di sradicamento dei lavoratori confinati nei cantieri, la precarietà dei diritti e della sicurezza sul lavoro, un “Osservatorio sociale” tutto sulla carta e mai attuato.
Una realtà sottovalutata, forse consapevolmente, da un sindacato che così viene raccontato in quel di Pagliarelle: “I sindacalisti promettono lavoro, indicando la salvezza nelle grandi opere. Più buchi, più gallerie per tutti”. Sembra una parafrasi di “Cchiù pilu pi tutti” dove il buon Cetto prometteva di “costruire un pilastro di cemento armato per ogni bambino che nasce”. Certo un sindacato che va a braccetto con gli interessi delle cooperative rosse (si pensi al tunnel Tav sotto Firenze, pur in presenza di progetti in superficie alternativi e molto meno costosi) non si rende poi tanto credibile: si coglie semmai politica e difesa di coloro che hanno interesse a spartirsi senza rischi denaro pubblico piuttosto che attenzione all’erario, all’ambiente ed ovviamente alle condizioni dei lavoratori. Condizioni che – ripetiamo – sono invece al centro delle interviste ai lavoratori che Simona Baldanzi ha effettuato nel corso delle sue ricerche e dalle quali risulta evidente l’insoddisfazione di coloro che sono impegnati in queste gigantesche opere, il peggioramento della loro sicurezza. Non è un caso che uno dei protagonisti del libro sia quel Pietro Mirabelli, nume tutelare dei lavoratori di Pagliarelle e non solo, che, da sempre in prima linea nelle battaglie di legalità e di sicurezza, il 22 settembre del 2010 è morto – ironia della sorte – mentre era impegnato nella costruzione della galleria del San Gottardo in Svizzera.
“Mugello sottosopra” è anche la descrizione dello scempio ambientale perpetrato dalle imprese responsabili delle opere, dei processi, delle condanne, una puntuale relazione sulle morti sul lavoro avvenute in relazione sia alla Tav nel Mugello sulla tratta Firenze – Bologna, sia alla “Vav”, ovvero i cantieri della Variante di Valico, la constatazione come il tema della sicurezza sia stato minimizzato tanto da sorprendere che “il 32,05 % degli intervistati non conosca la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza che dovrebbe essere una diretta espressione dei lavoratori” (pag. 177). Un libro che è un po’ saggio, un po’ reportage, e che riesce a diluire la freddezza dei numeri e di quelle parti dell’opera tratte dalle ricerche universitarie e sociali, con uno stile immediato, proprio di una vera scrittrice. Probabile quindi che quel richiamo in quarta di copertina a Luciano Bianciardi e Carlo Cassola, autori del classico “I minatori della Maremma” risulti del tutto coerente.
Con l’avvertenza però che oggi – 2011 – in presenza di leggi sulla sicurezza disattese, alle condizioni precarie dei lavoratori si accompagnano, forse ancor più rispetto ai tempi di Bianciardi e Cassola, danni ambientali, paesaggistici, finanziari causati da tante di queste opere spacciate come opportunità di progresso; e nemmeno definibili come “inutili” perché utili lo sono sicuramente a coloro che si intascano le commesse milionarie e ai loro padrini politici; meno per coloro che ci lavorano e per coloro che poi le dovranno subire. Simona Baldanzi col suo “Mugello sottosopra” ha saputo dare conto di questa complessità.
Edizione esaminata e brevi note
Simona Baldanzi (Firenze, 1977), scrittrice italiana. Laureata in Scienze Politiche con una tesi sull’impatto sociale dei cantieri della TAV nel Mugello, ha esordito pubblicando “Figli di una vestaglia blu”(Fazi). E’ autrice di “Bancone verde menta” (Elliot)
Simona Baldanzi, Mugello sottosopra. Tute arancioni nei cantieri delle grandi opere, Ediesse, Roma 2011
Luca Menichetti, per Lankelot, ottobre 2011
Follow Us