“Immagini di Andrea Barghi, un fotografo in grado di stabilire un rapporto personale con i soggetti ritratti. Soggetti, si, perché essi sono sempre i protagonisti con i quali entra in dialogo e dei quali si pone in ascolto. E non è mai un dialogo in superficie. Egli cerca sempre di cogliere il mistero di ogni albero, animale o torrente che gli si fa incontro, la magia di ogni ambiente che lo accoglie. Perciò le sue foto visualizzano il libro: sono nate dallo stesso amore, sono documento di uno stesso atteggiamento di ascolto”. Così scriveva il monaco camaldolese Salvatore Frigerio nella presentazione al libro di Simone Borchi “Foreste casentinesi”, edito nel 1989 e chiaramente illustrato da numerose fotografie del toscano Barghi. Da allora sono passati ben venticinque anni, Andrea Barghi si è affermato nel suo campo come uno degli artisti più sensibili e tecnicamente preparati; e, dopo aver effettuato numerosi viaggi di lavoro nel Nord Europa ed anche per allontanarsi da un’Italia in piena decadenza morale, ha scelto di vivere in Svezia, un luogo che, in virtù dei suoi immensi spazi incontaminati, gli ha consentito più che mai di cogliere quel “dialogo” e quel “mistero” di cui scriveva Frigerio. Peraltro non è neanche necessario essere degli esperti del settore per cogliere il valore di quei fotografi naturalisti che, oltre a mostrare una particolare abilità tecnica, sanno comunicare modelli di una coscienza ecologica ormai sempre più rara. Proprio in riferimento a questi valori professionali ed artistici le opere dell’ultimo periodo svedese di Barghi ci appaiono paradigmatiche. Dopo “The Wild Forests of Norrbotten”, edito nel 2011 per i tipi delle edizioni Varda, che rappresentava una ricerca fotografica “nell’ultima frontiera selvaggia d’Europa” con tanto di prefazione del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moo, nel 2013 è stata la volta di “Laponia. Nature and Natives”, frutto di almeno tre anni di lavoro di Andrea Barghi e della sua collaboratrice e compagna di vita Veronica Bernacchioni, tra appostamenti e faticose trasferte nelle terre al nord della Svezia. Un progetto, inteso come viaggio fotografico, portato avanti con la collaborazione del museo della montagna Ájtte (il museo Sami per eccellenza in Svezia), e che, una volta giunti alla pubblicazione del libro, si è avvalso della prefazione del rapporter dell’UNESCO James Anaya, nativo anch’egli e pronipote del capo Apache Geronimo, relatore speciale sui diritti dei popoli indigeni e dell’introduzione dello sciamano della tribù Unna Tjerusj Bertil Pittsa.
Un viaggio nella natura più selvaggia, e in quella che convive senza pericoli con l’uomo, che è diventato libro e dove i testi, in inglese e svedese, sono ridotti all’essenziale per consentire alle foto di Barghi di raccontare, in questo caso più efficaci delle parole, il legame che unisce il popolo Sami alla loro terra. Il legame con la natura degli “ultimi indigeni dell’Europa occidentale”, che è stato a ragione definito simbiotico, ispiratore di un modello di vita sostenibile, e che, al di là della qualità immagini e della cura editoriale dell’opera, si coglie appieno nell’osservare il lavoro certosino intrapreso da Barghi in questi suoi anni svedesi. Anzi proprio con “Laponia. Nature and Natives” l’impegno si è in qualche modo raddoppiato: non soltanto un libro di pregevole fattura, a cominciare dalla carta e dall’impaginazione, ma, volendo raccontare la natura della Lapponia, il modo di vivere e l’identità del popolo Sami in maniera ancor più compiuta, senza venir meno ad un intento artistico e quindi evitando di banalizzare il viaggio nell’estremo Nord con un approccio semplicemente divulgativo od addirittura accademico, il libro è arricchito da una pregevole mappa illustrata a mano e da un Dvd (35 minuti) senza dialoghi, con musica scelta appositamente per dialogare con le immagini, discreta e mai preponderante del gruppo musicale Lule sámi Jarnna e degli yoik (canto tradizionale sami) di Apmut Ivar Kuoljok. Il tutto con la supervisione musicale di Nicola Barghi. Un film che ripercorre fedelmente i luoghi che hanno visto Andrea Barghi e Veronica Bernacchioni alle prese con gli scenari sconfinati e la fauna piccola e grande della Lapponia; e che tra l’altro ha permesso di svelare un talento di documentarista del tutto coerente con quanto mostrato in questi anni votati alla fotografia naturalistica. Da ricordare che il Dvd allegato al libro contiene alcuni extra tra cui un colloquio in inglese con il gruppo musicale Jarnna e il presidente del “Processo Laponia” Michael Telius. Spesso si usa scrivere di luoghi incontaminati che in realtà incontaminati non sono. C’è da credere però che in questo caso il termine non sia affatto sbagliato, anche grazie alla cultura del popolo Sami, tutt’ora in simbiosi con l’ambiente circostante, vissuto per secoli assecondando il ciclo naturale delle migrazioni delle renne, così come felicemente rappresentato nell’opera di Barghi, libro e film.
Edizione esaminata e brevi note
Andrea Barghi è nato in Toscana nel 1953 ed è un fotografo naturalista affermato in Italia e all’estero. Ha collaborato con famose riviste di cultura e fotografia (“Airone”, “Oasis”, “I Viaggi di Repubblica”, ”Fotografia Reflex”, ecc.) e curato numerosi libri fotografici e pubblicazioni multimediali (con l’Agenzia Svedese per la Protezione della Natura e su riviste come Io Fotografo e Video per E-ducation ed RCS). Vive in Svezia.
Veronica Bernacchioni è editore e direttore creativo della casa editrice indipendente ed agenzia creativa Varda. È stata a capo di una analoga agenzia italiana per circa dieci anni, sviluppando progetti internazionali di cultura, natura e ambiente (in collaborazione fra gli altri con le Nazioni Unite, il WWF internazionale, l’Earth Policy Institute).
Andrea Barghi, Lapponia. Nature and Natives Varda, Varda 2013, pag. 208 (English/Swedish languages)
Luca Menichetti. Lankelot, febbraio 2014
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