Il diciannove maggio 2013 muore a Firenze l’attore Carlo Monni e pochi giorni dopo esce nelle librerie il libro “Baciami francese. Le avventure del giovane Carlo Monni”. Una tempestività che probabilmente avrà fatto pensare a qualcosa di imbastito in fretta e furia come a sfruttare l’effetto vendite per una scomparsa che in Toscana non è passata certo inosservata. In realtà questo piccolo libro di Sandro Bartolini – e credo sia andata proprio così – aveva avuto una genesi lunga ed era in dirittura d’arrivo, mancando proprio poco all’uscita ufficiale, quando il Monni se n’è andato. Del resto il “Baciami francese” di Bartolini non poteva prescindere dal Monni che non sarebbe uno scandalo definirlo coautore, grazie al suo contributo di storie, di aneddoti, di fotografie. Libro di ricordi quindi, una sorta di biografia romanzata del futuro attore, su come avesse deciso di “principiare a fare il raccontatore solista sui palcoscenici”. Un esordio che passa da un lavoro di pizzaiolo nel villaggio vacanza francese di Cecina (“il più grande pizzaiolo della costa tirrenica”) e grazie al quale il giovane Monni, fin da allora massiccio, poeticamente grezzo e anarchico, iniziò a valutare altre strade rispetto quel primo lavoro nel padule di Campi Bisenzio. Anzi, Champs sur le Bisance.
Testo quello di Bartolini che risulta in perfetta sintonia con la presentazione dell’attore in calce al libro: “Io, Carlo Monni, nato a Champs sur le Bisance, un passo alla volta, senza rendermene conto, diventai attore, un capo-comico, un istrione, un animale, una bestia da palcoscenico. Oggi, nel nuovo secolo, passeggio per i teatri con Boccaccio e Dante, declamo di Farinata degli Uberti e del tenero ed incommensurabile amore di Paolo e Francesca. Mi vesto nei camerini, ansimo sui palchi per Pinocchio, con Ceccherini e Paci. Recito le Compilation 1-2-3, Falstaff e gli allegri compari dell’osteria del cinghiale, Dino Campana, il Lamento di Cecco da Varlungo e Benvenuti in casa Gori. Ogni mattina, col sole o con l’acqua, scendo dal tram, alla fermata Paolo Uccello e se mi volto, vedo la cupola del Brunelleschi, laggiù in fondo, nel mezzo al mare di Firenze. Macino chilometri, alle Cascine, compro pane e verdure in Oltrarno. Giro per i teatri, i bar, le feste, le piazze. Amo la compagnia degli amici, delle donne in miglior grado. Soffro, sbraito, mi lamento, rivolto le budella, piango, rido, mi sganascio!”
Sintonia in rapporto al personaggio Monni che in quel di Firenze era conosciuto per i suoi modi poeticamente naif: a passo svelto per le strade fiorentine tra la sua residenza in via dell’Inferno e le Cascine, il suo ufficio all’aperto, maglietta e bleu jeans d’ordinanza, sandali anche in pieno inverno, spesso a torso nudo, tutt’al più con un borsello a tracolla, senza cellulare, senza macchina che tanto a scarrozzarlo ci pensava l’amico Ettore “il grezzo”. E poi sintonia col linguaggio di Monni, conosciuto grazie ai suoi personaggi teatrali, cinematografici e televisivi. Ovvero, tra i tanti, il compagno di Benigni in “Tele Vacca”, che trasmetteva da una stalla di Capalle; e soprattutto il Bozzone di “Berlinguer di voglio bene” che in teatro esprimeva al meglio la sua poetica ruspante: “Noi semo quella razza, e ‘un credo di esser solo, che spesso e volentieri l’ha preso nel bocciolo”. Il libro, anzi librino, di Bartolini quindi rappresenta una sorta di biografia romanzata, tra realtà e finzione, e dove il romanzato aderisce bene al personaggio Monni: “Prima di partire per Roma con la combriccola che voi sapete, Roberto Benigni, Donato Sannini e Aldo Buti, avanti il disperato ritorno, solo soletto solitario, il qui presente spensierato signore, ebbe una lunga esperienza di lavoro internazionale […] E udite! Udite! Prima di conoscere il mondo, mi formai tra i fossi e i campi, pieni di pruni, erbacce, ortica, bietola, cardellini e beccafichi, scriccioli e pettirossi, mota e bottino” (pag. 6).
Non è dato sapere quanto di vero o quante variazioni su tema ci siano state riguardo il suo lavoro sulla costa tirrenica, tra stropicciamenti con le manze del villaggio francese e gli incontri con gli ospiti d’oltralpe (“ci venne incontro il marito, un tipo curioso, rimbuzzacchito, alquanto rincitrullito”). Certo è che tutto appare verosimile, soprattutto quando il nostro racconta quanto combinato dopo la chiusura stagionale del villaggio: viaggio a Parigi e poi l’incontro con Sergio Endrigo, un ultimo dell’anno, al Sayonara di Champs sur le Bisance. Così andò a finire: “In quel capodanno ebbi un’improvvisa premonizione! Capii che non sarei diventato un ordinario ferroviere, come mio fratello Aladino […]”. Da lì a poco sarebbe arrivata l’ora di Bozzone.
Edizione esaminata e brevi note
Sandro Bartolini (Guardistallo, 1956), scrittore Italiano. Per molti anni è vissuto in Emilia. Nel 2007 è risultato tra i vincitori del Premio Letterario Castelfiorentino, col racconto Cinque le dita delle balene. Nello stesso anno ha pubblicato il romanzo Villaggio Mare Blu. Del 2010 è Nacqui Settimino, pubblicato per la casa editrice Stampa Alternativa.
Sandro Bartolini, “Baciami francese. Le avventure del giovane Carlo Monni”, Maria Pacini Fazzi editore, Lucca 2013, pag. 72
Luca Menichetti. Lankelot, giugno 2013
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