“Indagine sul Santo Spirito di Brunelleschi” fu pubblicato la prima volta nei “Quaderni dell’Istituto di Storia dell’Architettura”, s. XV, fascicoli 85-90, pp.1-52, nel dicembre 1968, autore Leonardo Benevolo, con la collaborazione di Stefano Chieffi e Giulio Mezzetti per i rilievi e la restituzione grafica. Quarantacinque anni dopo la casa editrice Guaraldi, con due saggi introduttivi di Benno Albrecht e Cristiano Tessari, ha riproposto questo saggio che lo stesso autore “ha sempre considerato molto importante all’interno del suo vastissimo percorso intellettuale” (pp.VII). Scrive Albrecht che la riflessione sul processo della progettazione, una sorta di palestra civica, rappresenta “uno stimolo confortante, una costante preziosa della migliore cultura architettonica italiana, un insegnamento da custodire come bene comune”, e difatti l’indagine su Santo Spirito “è l’applicazione pratica e sistematica di questi principi” (pp.IX). Ricordiamo che la basilica di Santo Spirito è l’ultima grande opera di Brunelleschi: dopo la sua morte, nel 1446, il cantiere fu affidato ad Antonio Manetti, Giovanni da Gaiole e Salvi d’Andrea che diedero corso soltanto in parte agli intenti del loro maestro e, di fatto, attenuarono quanto di più radicale era presente nel progetto originario. Entrando in quella che Giorgio Vasari considerava “il più perfetto tempio di cristianità”, Leonardo Benevolo e i suoi collaboratori hanno così proposto un’analisi scrupolosa dell’edificio, in cui “il disegno architettonico e le relazioni metrico-decimali, derivate dalla conversione delle originarie misure in braccia fiorentine, costituiscono gli strumenti primari: disegno, declinato nelle varianti ortogonale, prospettica, analitica e schematica; misurazioni, calibrate in funzione delle verifiche progressivamente effettuate”. In altri termini un’analisi che, gettando unna nuova luce su alcuni aspetti dell’architettura brunelleschiana, ha voluto dire anche una sorta di riprogettare e verificare cinque ordini di problemi, strettamente interdipendenti, che Benevolo, anche per comodità espositiva e grafica, ha tenuto separati: I. L’individuazione del sistema di quotazione: II. La costruzione modulare; III. Le singolarità planimetriche; IV. Le rifiniture esterne e il problema della copertura delle nicchie; V. Le vicende della costruzione” (pp. 3).
Il nostro autore ha inteso che in Santo Spirito, malgrado la precedente carenza di studi rigorosi, esiste una ricerca modulare, ovvero uno sforzo di dedurre tutto l’organismo dell’edificio da un piccolo numero di misure iniziali. Elementi che in parte contrastano alcune delle concezioni tradizionali fino ad allora prevalenti. Peraltro Benevolo, proprio grazie a questa sua analisi capillare, trovò ulteriore conferma di come l’arte di Brunelleschi fosse spregiudicata “nella combinazione e nella contaminazione degli elementi plastici: la sua ingegnosità è orientata verso la manifestazione rigorosa dei conflitti, non verso la dissimulazione e l’accomodamento visivo” (pp. 57). Spregiudicatezza che seppur impresse un indirizzo irreversibile all’architettura futura, come anticipato, non riuscì a affermarsi negli esecutori di Santo Spirito, preso atto che “la ricerca brunelleschiana, nei suoi aspetti più profondi e storicamente più rilevanti a lunga scadenza, era ancora inattuale rispetto alla cultura media dei professionisti fiorentini degli ultimi decenni”. Benevolo scrive difatti di un “dislivello rispetto alle abitudini correnti” e quanto si è concretizzato fa pensare ad “un’opera molto maggiore che possiamo solo intravedere e ricostruire con mille incertezze” (pp. 70). Considerazioni su evidenti discrepanze che l’autore intende estendere alla cultura rinascimentale in quanto tale: “L’architettura di Brunelleschi corrisponde al momento iniziale di questa vicenda, quando teoria e pratica si trovano momentaneamente all’unisono” (pp.38). Come ancora sottolinea Albrecht, quest’indagine capillare su Santo Spirito, fondata su un uso ostinato del disegno come strumento conoscitivo, rappresenta molto dell’approccio che il nostro autore ha poi riproposto nei progetti dei piani urbanistici e nella sua militanza civica. Del resto, come da citazione presente nel saggio introduttivo, fin dal 1959 – e precisamente dal corso Architettura I presso La Sapienza di Roma – il prof. Benevolo aveva ben chiaro il senso della reciprocità: “tutta l’esperienza compiuta dagli architetti del passato può essere messa a frutto, in certo senso, per l’architettura presente, e si stabilisce quella collaborazione permanente, nel tempo, che è indicata dalla parola ‘tradizione’, ed è la condizione preliminare per la continuità e la vita stessa dell’architettura” (pp.IX).
Edizione esaminata e brevi note
Leonardo Benevolo, (Orta San Giulio 1923) architetto, urbanista e storico italiano dell’architettura Docente di storia dell’architettura nelle università di Firenze, Venezia, Palermo e Roma fino al 1977. Nel dibattito del dopoguerra ha proposto la ripresa metodologica del razionalismo e del funzionalismo ed è stato tra i fondatori (1957) della Società di architettura e urbanistica (SAU). Tra le sue realizzazioni più importanti: quartiere dell’Ente Fiera di Bologna (1961, in coll.), quartiere S. Polo a Brescia (1972-79). Ha scritto, tra l’altro: Storia dell’architettura moderna (1960); Le origini dell’urbanistica moderna (1963); Storia dell’architettura del Rinascimento (1968); Roma da ieri a domani (1971); Le avventure della città (1973); Roma oggi (1977); La città e l’architetto (1984); La cattura dell’infinito (1991); La città nella storia d’Europa (1994); San Pietro e la città di Roma (2004); L’architettura del nuovo millennio (2006); Quale Venezia. Trasformazioni urbane. 1995-2005 (in collab. con R. D’Agostino e M. Toniolo, 2007).
Leonardo Benevolo, “Indagine su Santo Spirito di Brunelleschi”, Guaraldi (collana Engramma), Rimini 2015, pag. 104. Saggi introduttivi di Benno Albrecht e Cristiano Tessari.
Luca Menichetti. Lankelot, maggio 2015
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