Ci sono libri dove la metafora dei mali contemporanei è a dir poco lampante e – Ray Bradbury ci insegna – proprio la cosiddetta fantascienza si dimostra spesso uno dei generi più adatti per parlare del presente fingendo di raccontare il futuro. Il tutto magari esasperando le situazioni e, come nel caso del romanzo di Italo Bonera, attingendo in abbondanza anche da immagini fumettistiche splatter e sanguinose. Insomma un cavanserraglio di crimini futuri ed efferati che non ci fa apparire poi tanto incoerente la collocazione di “Io non sono come voi” nella serie storica Gargoyle, quella autenticamente horror. Orrori futuri, dove i mostri, nati così o così diventati per simbiosi e reazione, sono sempre rigorosamente umani. E, ancora una volta svelando la metafora, probabilmente padani. Del resto è lo stesso Bonera, bresciano di nascita, che, parlando della sua opera, non ha fatto mistero di essersi ispirato ad un’attualità che non concepisce certo mostri epici come vampiri e demoni, ma semmai personaggi molto più terra terra tipo quelli incarnati da Erminio Boso e Mario Borghezio. In questo senso qualche breve accenno alla trama vi potrà evocare vicende del recente passato, padane o più in generale italiane, forse non mostruose ma di sicuro grottesche e ridicole nel loro mediocre cinismo.
Proprio a causa di un divieto violato, ovvero l’essersi seduti sul sagrato di una chiesa (vengono evocate le contemporanee e italianissime ordinanze che negano le panchine agli extracomunitari), in una calda estate dell’anno 2059 un giovane professore, fino ad allora proprio tranquillo, diciamo pure remissivo, prende le difese di un nordafricano aggredito dalla polizia e in un baleno si ritrova ingabbiato in un meccanismo kafkiano, senza via d’uscita: prima un processo farsa in mano ad un magistrato che ricorda in piccolo un Roland Freisler del futuro, e poi la condanna detentiva in uno dei micidiali e pericolosissimi carceri privatizzati, salvo l’alternativa di scontare la pena come mercenario al servizio della “total-democrazia”, ovvero tre anni di arruolamento forzato nella cosiddetta Divisione Terza. L’ormai ex professore, con una trasformazione che ricorda il David Sumner di “Cane di paglia” (ma lì c’erano dei balordi di paese mentre in questo romanzo il vendicatore ha a che fare con stimati funzionari dello Stato), diventa così una macchina da guerra che pian piano comincia ad assaporare il piacere di uccidere. Effetto collaterale però micidiale per tutti coloro che fino ad allora lo hanno perseguitato; perché a quel punto il novello giustiziere della notte, dopo aver scontato la sua pena nelle vesti di mercenario-killer, nuovamente incastrato, evaso e tornato in libertà – se di libertà si può parlare in uno stato ormai totalitario seppur travestito da iperdemocrazia – dal suo nascondiglio situato nella suburra del “Distretto cinese”, è pronto a mettere in atto la sua vendetta. O per meglio dire rappresaglia “sproporzionata e demoniaca, al di sopra della grossolana vendetta”: “Non credo nella giustizia. Non mi basta la vendetta. Non mi si addice il perdono. Resta la rappresaglia” (pag. 115).
La vicenda principale scorre parallela ad altre che mostrano le discriminazioni di una società sempre più condizionata dai media, un’immigrazione gestita senza alcuna etica, la corruzione, innanzitutto morale, che pervade una classe dirigente priva di etica e che poi a cascata infetta tutti gli strati della popolazione: anche dal lato stilistico, di pagina in pagina, si alternano quindi diverse prospettive, tra un racconto in prima persona, quando agisce il protagonista ormai trasformato in un serial killer, ed un racconto invece in terza persona, quando lo sguardo cade su altre vittime e altri carnefici, a volte del tutto intercambiabili.
Le pagine che hanno meritato al libro di Bonera la collocazione nella serie storica della Gargoyle sono caratterizzate quindi da orrori anch’essi diversificati. Balza agli occhi la rappresentazione di un mondo futuro quale esasperazione nel nostro presente, forse la parte più discutibile del romanzo con questa sua metafora così evidente e programmata da non consentire uno svolgimento più spontaneo della vicenda. Orrori che vogliono dire sangue, ammazzamenti efferati, ma anche qualcosa di più particolare (forse frutto di una idiosincrasia dell’autore?), ovvero frequenti richiami olfattivi, fisiologici: “Quando si avvicinò percepii l’odore fetido del suo alito, come materiale organico in putrefazione”. Una sequenza tale di odori e fetori percepiti che alla fin fine anche il lettore farà sue certe impressioni sgradevoli di questo mondo decomposto e in decomposizione. L’epilogo del romanzo, che mantiene fermi gli standard di genere e quindi anche un linguaggio non particolarmente ricercato ma almeno scorrevole e corretto, lascia impregiudicati un po’ di interrogativi, a cominciare dalla possibile “redenzione” del protagonista, la domanda se quanto combinato sia stato frutto di una pazzia solo temporanea oppure un’autentica modifica della personalità, se quei sentimenti di solidarietà, rimasti intatti verso alcuni innocenti e amici e ben evidenti al termine della vicenda, vogliano dire il ritorno dell’anonimo ex professore ad una vita non segnata dalle rappresaglie e dalle esecuzioni fai da te.
Il romanzo, al di là dei suoi limiti e grazie al succedersi serrato delle vicende kafkiane e criminali dello sfortunato protagonista, addestrato a diventare una macchina da guerra senza sentimenti di pietà, alla fin fine davvero più vittima che “bramoso di sangue”, ci è sembrato apprezzabile, anche facendo i dovuti confronti con quanto possiamo in genere leggere su “Urania”, la rivista che lo ha portato a diventare finalista dell’omonimo premio.
Edizione esaminata e brevi note
Italo Bonera (Brescia, 1962), scrittore italiano. Nel 2004 con “American Dream” ha vinto il premio Fredric Brown per racconti brevi indetto da Delos Books. Ha firmato insieme a Paolo Frusca il romanzo di storia alternativa “Ph0xGen”, finalista al premio Urania 2006 e pubblicato nel 2010 da Mondadori nel volume “Un impero per l’inferno” per la collana Millemondi Urania.
Italo Bonera, “Io non sono come voi”, Gargoyle, Roma 2013, pag. 250.
Luca Menichetti. Lankelot, luglio 2013
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