Riguardo il “consumo di suolo” avevamo già letto molto grazie a Salvatore Settis, a Domenico Finiguerra e a tutti gli intellettuali, urbanisti e ambientalisti che in questi anni hanno inteso valorizzare l’art.9 della Costituzione e di conseguenza sensibilizzare i cittadini, demistificando la cosiddetta “retorica sviluppista”, su cosa sta realmente accadendo nella nostra Italia. Se gli obiettivi sono condivisibili e del tutto comprensibili, è proprio il concetto di “consumo del suolo” che probabilmente si presta a essere equivocato ed anche a diventare strumento propagandistico di una retorica politica che in realtà non è in grado di risolvere i problemi esistenti. Un argomento talmente complesso che possiamo intendere per consumo del suolo innanzitutto il prodotto della finanziarizzazione immobiliare e della rendita, di una pianificazione territoriale debole e compromessa, di ambiguità legislativa. Senza dimenticare gli effetti della speculazione, corruzione, incuria, delle opere inutili, del disordine insediativo, dell’invasione abitativa delle campagne, del degrado paesaggistico e idrogeologico, della dissipazione dei patrimoni collettivi. Il libro di Paola Bonora, a cavallo tra testo divulgativo e opera accademica, partendo dalle radici del problema (“dalla città fordista alla città postmoderna”) e passando per l’analisi dei cambiamenti demografici, la bolla immobiliare, l’agrobusiness, il significato di paesaggio e la deregolazione urbanistica, intende tirare le somme sull’attuale degrado ambientale e sociale, sui danni che l’immobiliarizzazione ha indotto all’intero sistema economico, sul fatto che siano saltate le categorie tradizionali di campagna e città, sulla casa non più necessità abitativa ma spesso bene d’investimento, sulla fragilità dell’alleanza tra mondo della finanza e costruzioni; nello stesso tempo rilevando l’assoluta necessità che la cosiddetta società civile prenda coscienza dei processi distruttivi in atto; ad esempio respingendo al mittente quella visione distorta di turismo che rovina le bellezze italiane, e parimenti l’idea assurda di coloro che, dimenticando cosa vuol dire dissesto idrogeologico, ci raccontano la favola dell’incremento di suolo (consumato) quale premessa di sviluppo economico.
In altri termini, secondo l’autrice, la locuzione “consumo del suolo”, che tra l’altro si esplica “in una gamma di manifestazioni multiformi” (pp.37) e quindi rendono molto complessa la determinazione di categorie e di criteri di quantificazione, rappresenta appunto una formula “che va oltre le notazioni di carattere quantitativo e condensa la critica al modo squilibrato e predatorio in cui è organizzato il modello economico attuale” (pp.53), nella considerazione oltretutto che il mondo agricolo è la prima vittima della metamorfosi urbana. Da qui la visione distorta e miope che giudica il calo degli occupati in agricoltura alla stregua di “un indicatore del successo economico” e “lo utilizza come parametro di sviluppo” (pp.55): sostanzialmente logiche e regole urbane che ormai governano anche la ruralità. Paola Bonora inoltre allarga il ragionamento mettendo in discussione i dogmi della globalizzazione: “teniamo a mente che per compensare la produzione di un ettaro di aree agricole in Europa, può essere necessaria un’area fino a 10 volte più estesa in altre parti del mondo […] Oltre a portare sulle nostre tavole prodotti di bassa qualità e inveleniti dalle tecniche di conservazione e maturazione controllata”. Senza dimenticare che lo “sprawl ha occupato le terre più fertili e potenzialmente più produttive” (pp.64). Quest’ultimo – sprawl, e più specificatamente urban sprawl- è un termine che tra l’altro ricorre più volte nella ricerca di Paola Bonora – insieme a land take (“consumo del suolo”), land cover (“copertura che produce danni difficilmente reversibili”), soil sealing (“impermeabilizzazione dei suoli” cui consegue erosione causata dall’acqua e successivo dissesto idrogeologico) – e significa “diffusione della città e dei suoi sobborghi sui terreni agricoli alla periferia delle aree urbane ai danni della campagna” (pp.36).
Tutti disastri annunciati mentre, pur in presenza di un fantomatico “consumo zero” (si veda la bufala recentemente imbastita dal comune di Firenze), la classe politica insiste sulla strada della “retorica sviluppista”, in un “paese vittima della retorica che crede con le parole di cambiare la percezione dell’esistente”: “è il caso del decreto legge cosiddetto ‘Sblocca Italia’ (12 settembre 2014, n.133) che sposta l’offensiva del cemento e dell’asfalto sul piano delle grandi opere varando, come recita il titolo, ‘misure urgenti per la riapertura dei cantieri’. Un provvedimento che ancora una volta punta sull’occupazione di suolo e l’arrembaggio del territorio” (pp.7). Provvedimento che, alla faccia del rinnovamento e della rottamazione, conferma in pieno la continuità con la prassi normativa di “abbattimento dei controlli istituzionali, molte volte in deroga al diritto vigente, accentuando la vulnerabilità alle pressioni corruttive” (pp.10). L’obiettivo del libro è molto chiaro: sia suggerire “parametri utili per comprendere il fenomeno del consumo del suolo”, sia comprendere le conseguenze “che sottostanno al modello di organizzazione economica e territoriale” (pp.10) e che sono frutto della finanziarizzazione immobiliare e di “una logica priva di lungimiranza oltre che di scrupoli” (pp.27). Insomma proprio il campo d’elezione dei nostri “rottamatori”. Di suolo.
Edizione esaminata e brevi note
Paola Bonora, geografa all’Università di Bologna, si occupa da tempo di consumo di suolo, tema centrale di numerosi saggi e degli ultimi suoi libri: «Atlante del consumo di suolo» (Baskerville, 2013) e, con P.L. Cervellati, «Per una nuova urbanità. Dopo l’alluvione immobiliare» (Diabasis, 2009).
Paola Bonora, “Fermiamo il consumo di suolo”, Il Mulino (collana “Contemporanea”), Bologna 2015, pp.136
Luca Menichetti. Lankelot, giugno 2015
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