La parola abbecedario evoca qualcosa di elementare ed anzi la definizione più corretta è “libro di istruzione per imparare a leggere e scrivere”. Discorso molto diverso invece per l’abbecedario di Alfred Brendel, dove l’abc, da “Accento” a “Zarzuela”, diventa semplicemente il pretesto per ordinare una serie di brani lunghi non più di una pagina: “è il distillato di quanto ho da dire, in età avanzata, sulla musica, sui musicisti e su questioni relative alla mia professione” (pag. 9). Argomenti che si potevano prestare ad un approccio accademico ed anche enfatico. Brendel invece non smentisce la sua fama di scrittore intelligente e riesce a riflettere sui problemi dell’interpretazione musicale conciliando semplicità dello stile e profondità dei contenuti. Senza dimenticare di inserire nel suo particolarissimo ed evoluto abbecedario anche aneddoti e testimonianze di una lunghissima carriera internazionale. Insomma una varietà di contenuti che rende l’opera Brendel sfuggente a facili e sbrigative definizioni; delle quali peraltro se ne può fare anche a meno. Come possiamo leggere sul risvolto del libro, “tutto ruota intorno al pianoforte, mobile dai denti bianchi e neri che sotto le mani dell’interprete diviene luogo di metamorfosi, unico strumento che consenta di evocare il canto della voce umana, il timbro di altri strumenti, l’orchestra, l’arcobaleno o l’armonia delle sfere”.
E’ vero che il lettore, soprattutto se anche pianista, vi troverà risposte e suggerimenti forse inconsueti in merito all’interpretazione musicale, alla fedeltà esecutiva ed alla costruzione del repertorio; ma l’abbecedario di Brendel, peraltro ottimamente arricchito dai disegni di Gottfried Wiegand, rappresenta un vademecum scritto da un musicista con visione intellettuale molto ampia e non limitata all’interpretazione pianistica, non fosse altro per la presenza di ritratti di compositori come Bach, Liszt, Scarlatti, Mozart, Beethoven, Chopin, Schubert, Schumann e Brahms. Leggiamo la “p” di “profondità”: “non parlo qui di sensibilità interiore, di profondità di sentimento. In inglese si può ancora usare la parola deep senza arrossire. In tedesco preferiamo riservare questa parola alla terza dimensione, alla profondità spaziale. Esiste un suono piatto e un suono spazializzato. Un’interpretazione può risultare bidimensionale o aver rilievo. Può offrire all’orecchio non solo più colori contemporaneamente, ma anche varie distanze nella percezione degli spazi. Bernard Berenson, nel giudicare i dipinti, parlava di valori tattili. E’ ancor più bello quando si ha l’impressione di poter girare intorno ad un pezzo musicale come intorno ad una scultura” (pag. 100). Un approccio alla musica quello di Brendel che non dimentica affatto la letteratura, e non soltanto in riferimento all’unità di parola e suono dei lieder: il richiamo all’Uomo senza qualità di Musil ed anche a citazioni poetiche per meglio inquadrare significati musicali. Alla “x” di “Xenia”: “Sono epigrammi in forma di distico. Tra gli Xenia di Goethe e Schiller ne ho trovato uno che si potrebbe citare per descrivere il virtuosismo: Per svago Alcuni salgono come sfere luminose ed altri si accendono, Altri li lanciano, solo giocando, per allietare lo sguardo” (pag. 147). Una sorta di vademecum costruito come abbecedario contiene lettere ricche di voci quali la “p” di “pedale”, “pianoforte”, “programmi”, “pulsazione”, oppure la “s” di “Scarlatti”, “semplicità”, “silenzio”, “studio di un brano”; e lettere quali la “k” che, con la loro unica voce, vanno a scovare qualcosa di davvero inconsueto, ricordando, ad esempio, il dimenticato Jacob Klunz “il caso tragico di un compositore vissuto nel posto sbagliato al momento sbagliato” (pag. 75). In particolare da meditare le notazioni su Schubert e Schumann, due compositori che Brendel ha immortalato in innumerevoli incisioni.
Proprio in virtù di questi richiami e citazioni sparse possiamo dire che “Abbecedario di un pianista” si presta a più livelli di lettura: apprezzerà l’interprete, il pianista ed anche il non interprete ma pur sempre musicofilo che abbia una certa consuetudine col pentagramma. Chi poi non possedesse particolari nozioni di teoria musicale è probabile potrà almeno apprezzare l’intelligenza del Brendel scrittore. Ovvero apprezzare il fatto che si possano trattare argomenti complessi con una semplicità che proprio non contempla la banalità, e con uno stile privo di sussiego accademico: ormai qualcosa di inconsueto, come del resto un abbecedario per adulti molto ben acculturati.
Edizione esaminata e brevi note
Alfred Brendel, Musicista e poeta austriaco (nato a Wiesenberg, od. Loućná nad Desnou, Cecoslovacchia, 1931); studiò pianoforte a Zagabria e Graz, perfezionandosi in seguito con P. Baumgartner, E. Fischer e Steuermann. E’ considerato uno dei maggiori pianisti contemporanei, particolarmente apprezzato per le sue interpretazioni di Beethoven, Schubert e Liszt, ha concluso la sua attività concertistica nel 2008. È autore di numerose revisioni critiche, tra cui l’edizione di musiche di Beethoven e le cadenze per il Concerto K. 466 di Mozart, oltre che di articoli e saggi su riviste specialistiche. Fra i suoi scritti ricordiamo: Nachdenken über Musik (1957); Musical thoughts and afterthoughts (1976, 1982); Music sounded out (saggi, 1990); Fingerzeig (1996); Alfred Brendel on music (2001) e la raccolta di poesie Cursing bagels (2004).
Alfred Brendel, “Abbecedario di un pianista”, Adelphi (collana Piccola biblioteca Adelphi), Roma 2014, pag. 156. Traduzione di Clelia Parvopassu.
Luca Menichetti. Lankelot, marzo 2014
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