Bisogna essere consapevoli cosa si rischia a riferire i contenuti di un libro come “La favola degli OGM”: minimo si potrà essere tacciati di emotività, e poi di essere ignoranti e sprovveduti. Ormai sappiamo cosa succede quando si affrontano certi argomenti. Senza entrare nel merito della Santa Inquisizione, non molto coerente con chi dice di rappresentare il pensiero razionale, crediamo sia più che legittimo, anzi doveroso, conoscere le argomentazioni di coloro che non minimizzano affatto l’impatto dei cosiddetti OGM sulla nostra vita. Punti di vista che, almeno nel campo dell’editoria, risultano minoritari a fronte di un’ampia diffusione di libri divulgativi come “Pane e bugie” e “Contro natura” di Dario Bressanini; e che intendono rassicurare sull’indispensabilità e sull’innocuità degli organismi geneticamente modificati. Tutto nella considerazione che in fondo “l’intervento umano sulle specie vegetali è antico quanto l’invenzione dell’agricoltura stessa”; e – probabilmente – senza troppo dannarsi col cosiddetto principio di precauzione. La dottoressa Daniela Conti, invece, con questo suo librino divulgativo – e che proprio perché divulgativo si fa leggere senza problemi – ci racconta una storia molto diversa: nulla a che vedere con le antiche manipolazioni degli agricoltori. Innanzitutto si fanno presenti i possibili danni che potrebbe causare il TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership), ovvero aprire l’Europa alla carne agli ormoni e ad una totale deregulation dell’industria alimentare; con tanto di OGM in ogni dove. La questione, pur con tutti i limiti di un approccio divulgativo, è stata poi affrontata secondo un’ottica scientifica, mettendo sul piatto della bilancia i rischi insiti in tecniche e in brevetti monopolizzati da fameliche multinazionali; che non sembrano animate da grande amore per la scienza. A meno che, per quanto ci fa capire Daniela Conti, non si intenda amore per la scienza censurare le ricerche di scienziati scomodi e intervenire pesantemente sulle pubblicazioni scientifiche, sulle istituzioni statali e governative.
Una questione di per sé complicata e che, secondo l’autrice, diventa ancor più complessa se consideriamo che il mondo scientifico tende a mostrare “due visioni contrapposte del vivente: da un lato la visione riduzionista e meccanicistica che ha creato e sostiene gli OGM; dall’altro lato abbiamo la scienza della complessità, ormai largamente accettata dagli scienziati al passo con le scoperte recenti della biologia, ma finora tenuti ai margini dell’apparato tecnologico dominante” (pp.25). Dopo aver citato fonti e relative pagine web, gli autori giungono alla conclusione che “non è vero che gli OGM sono più produttivi”, in quanto si stanno mettendo in campo “organismi sempre più instabili dal punto di vista genetico e chiaramente destinati a peggiorare, anziché migliorare, il problema delle resistenze”; e che “non è vero che la tecnologia OGM è sicura, precisa e prevedibile” (pp.40). Da qui tutta una serie di esempi non proprio rassicuranti. Il succo del discorso è che coloro che oggi magnificano gli organismi geneticamente modificati, in realtà non fanno altro che ignorare la cosiddetta coevoluzione: “un gene è visto come l’unico determinante della produzione di una particolare catena proteica” (pp.59). In questo modo “l’idea del DNA come unico determinante di una proteina è anche il supporto teorico alla brevettabilità dei geni” (pp.61); salvo poi cogliere risultati del tutto contraddittori col Progetto Genoma Umano: “dalle ricerche degli ultimi due decenni emerge che il DNA è un sistema molto flessibile […] e che l’unità fondamentale del vivente è la cellula intesa come sistema integrato, frutto di miliardi di anni di coevoluzione tra tutte le sue componenti, proteine e acidi nucleici” (pp.65). Di fronte a obiezioni e risultati contrari alle loro aspirazioni, riduzionisti e professionisti al soldo delle multinazionali avrebbero messo in campo il “proteoma”: “proteine che derivano da sequenze differenti di uno stesso gene possono diventare invenzioni distinte e quindi oggetto di brevetti separati” (pp.69). Insomma, grandi manovre, grandi pressioni sui media e dai media, grande attività di lobbying, ma, nonostante tutto, le ricerche indipendenti, pur ostacolate e infamate, hanno continuato a evidenziare “gli effetti negativi degli OGM sulla salute e sull’ambiente (e gli effetti di queste ricerche sui loro autori)” (pp.72). Daniela Conti racconta quindi le vicende che hanno visto coinvolti, tra i tanti, Arpad Puszai, Ignatio Chapela, Manuela Malatesta, Andrés Carrasco, Gilles-Éric Séralini. Scienziati sottoposti a campagne denigratorie, a volte minacciati, sottoposti a pressioni di ogni tipo, che, secondo l’autrice, non avrebbero accettato limitazioni alla libertà di ricerca; dando così speranza a tutti quei consumatori “che non hanno voglia di mangiare prodotti che non vengono testati a sufficienza” (pp.79).
Edizione esaminata e brevi note
Daniela Conti, biologa, esperta di genetica molecolare, ha svolto attività di ricerca e didattica presso l’Istituto di genetica dell”Università di Bologna. E’ curatrice del sito http://www.complessita.it/it/home
Ferdinando Cerbone, (1950-2008) è stato ricercatore nel campo della vegetoterapia e dei processi evolutivi. E’ stato tra i primi ad applicare il tema della coevoluzione, centrale nella biologia evolutiva, al campo delle relazioni fra le persone.
Daniela Conti, Ferdinando Carbone, “La favola degli OGM”, Alkemia Books, Faenza 2014, pp.106.
Luca Menichetti. Lankelot, gennaio 2016
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