Corrias Pino, Travaglio Marco, Pezzini Renato

L’Illusionista

Pubblicato il: 6 Gennaio 2013

Potrei scrivervi di federalismo, di devolution, dei celti, del popolo padano, ma leggendo “L’Illusionista”, ovvero la storia vera di Umberto Bossi – non so perché e spero il Principe De Curtis mi perdonerà-  il pensiero è andato  in direzione del tutto diversa: “Totò truffa ’62” quando Antonio Peluffo, in compagnia del fido Camillo, vende la Fontana di Trevi ad uno sprovveduto italoamericano. Soltanto che nel film Peluffo, peraltro napoletano e non di origine celtica, alla fine restituisce il maltolto ai truffati, mentre nella nostra realtà italo-padana niente di tutto questo: i quattrini sono stati arraffati e chiss’è visto s’è visto. Il libro di Corrias, Pezzini e Travaglio, tra l’altro scritto molto bene, è l’ultimo di una serie di pubblicazioni che tra il 2011 e il 2012 hanno infierito – giustamente – sugli affari loschi della Lega Nord (di questi giorni l’inchiesta su circa 15 milioni di euro per rimborsi extra e benefit ai senatori del Carroccio) e soprattutto sul declino di Bossi, stretto tra la malattia, la sua famiglia di truffatori e la sua personalità che, mai veramente riconosciuta, da sano e da malato è quella che è. Non è un libro che si limita a sbeffeggiare questo particolarissimo “guerriero del Nord” formatosi nei bar del varesotto piuttosto che all’ Accademia o nelle Università, perché i tre autori riconoscono a Bossi, volutamente rozzo e dotato di un’eccezionale capacità di persuasione e tenacia, l’invenzione di un nuovo modo di fare politica, fatto di invettive, rutti, pernacchie, e di aver regalato ad un popolo che voleva sognare e privo di identità, un mondo del tutto immaginario fatto di un Alberto da Giussano probabilmente mai esistito, di Padania, del Grande Fiume, di ampolle ed amenità varie ispirate dalle avventure di Asterix e Obelix. Fino all’epilogo, autentica nemesi, che ha visto quel potere romano, quella “Roma ladrona” tanto insultata, diventare la greppia grazie la quale sfamare i potenti appetiti del clan (non barbaro e tanto meno celtico, ma nei modi proprio italianissimo). Pagine che scorrono via agili, tra innumerevoli ed esilaranti aneddoti, che raccontano di un personaggio come se ne incontrano tanti nei bar di provincia, un vitellone perdigiorno, privo di un lavoro fisso fino a quarantacinque anni, già cantante urlatore col nome d’arte di Donato, finte lauree, barista, fattorino, impiegato all’Aci, installatore di antenne e poi di punto in bianco con un impiego stabile come Senatore della Repubblica Italiana. La parabola della Lega, dall’incontro con lo sfortunato ed autentico autonomista Bruno Salvatori fino alla nascita di movimento popolare con una base adorante il grande “guerriero” che per lo più accetterà senza fiatare tutti i detti e contraddetti e le quadriglie di Umberto Bossi. Un’ascesa favorita sia da destra che da sinistra, con i politici romani intenti a corteggiare questi federalisti, poi secessionisti, poi federalisti, poi non si sa cosa, nel nome di un federalismo che si è rivelato un pozzo inefficiente e senza fondo di spesa pubblica.

Gli autori hanno raccontato con dovizia di particolari il rapporto tra Bossi e Miglio, Bossi e D’Alema e soprattutto con Berlusconi, accomunato dall’essere un outsider, tra le iniziali accuse di mafia al “bandito” di Arcore e la conclusione di un accordo a suon di bigliettoni che ha fatto della Lega l’alleato più fedele (e più pagato) del Pdl. Poi nel 2004 la malattia di Bossi, i misteri e le chiacchiere ancora non venute meno sulle cause del malore, e da allora inizia a formarsi quel “cerchio magico” che vorrà dire il rapido declino di un leader e di un partito che già aveva mostrato predisposizione ad accomodarsi al banchetto partitocratico. A parte il consueto alibi del complotto dei “servizi segreti” viene ricordato (e molti, militanti in primis, lo dimenticano) come Bossi e Patelli siano stati condannati in primo e secondo grado per la tangente Enimont: “Quando tocca al duo Patelli & Bossi, non solo i giornalisti in aula, ma persino gli avvocati difensori non riescono a trattenere le risate” (pag. 46). Effettivamente anche il lettore si potrà fare grasse risate leggendo quanto combinato dalla “Family”, Trota su tutti, e dal “cerchio magico” a partire da quel disgraziato 2004. Episodi grotteschi di straordinarie razzie, ed appunto per questo non è detto che poi siano solo risate; tanto più leggendo brani da intercettazioni che vedono coinvolti i “padani”. Così l’ormai leggendario Belsito, quello degli investimenti in Tanzania e della laurea albanese del Trota: “Tu gli dici [a Bossi, nda]: Capo sia ben chiaro, se queste persone mettono le mani sui conti del Federale, vedono quelle che sono le spese di tua moglie, dei tuoi figli, e a questo punto salta la Lega […] Papale papale glielo devi dire: ragazzi, forse non avete capito che, se io parlo, voi finite in manette o con i forconi appesi alla Lega”. Questo voleva dire i capricci e bisogni della famiglia Bossi e del clan pagati con soldi pubblici destinati al partito: discoteche, auto, diplomi e lauree taroccate, feste e via e via. Tutta cronaca giudiziaria sulla quale è inutile aggiungere altro.

Al termine del volume, in “Umberto Bossi dixit”, i tre autori ci hanno regalato una selezione di frasi famose (“La coerenza. Uno dei tratti caratteristici di Umberto Bossi è la tetragona coerenza del suo pensiero politico. Quando dice una cosa, non cambia più idea”). E qui c’è da ridere davvero. Alcuni assaggi: “L’Italia non è il regno di Berluskaiser. Un affarista piduista non può diventare presidente del Consiglio” (5 aprile 2004), “Nazista, nazistoide, paranazistoide” (14 gennaio 1995), “La Fininvest è nata da Cosa Nostra” (27 ottobre 1998). “Io sto con Berlusconi, sempre. Lui e la Lega sono i cardini del cambiamento” (26 marzo 2006). “Prodi potrebbe essere un degno presidente del Consiglio” (13 febbraio 1995); “Se Prodi vince le elezioni bisognerà scappare in Svizzera” (6 aprile 2006). “L’ampliamento di Malpensa deciso dalla Regione Lombardia è un affare colossale che rischia di far precipitare la qualità della vita della zona” (da Lombardia Autonomista, 1982)“La musica purtroppo non cambia mai per il Nord: schiavi di Roma eravamo e schiavi restiamo. Per questo Malpensa è la madre di tutte le battaglie per noi” (La Padania, 27 dicembre 2007).

“Non provo meraviglia per l’avviso di garanzia ad Andreotti per mafia. Era fatale che si arrivasse al vertice della DC. Nel dopoguerra la DC ha garantito la democrazia al Sud, ma venendo a patti con la vecchia mafia” (27 marzo 1993). “Dalla seconda votazione per la presidenza del Senato, la Lega Nord voterà Andreotti” (28 aprile 2006). Insomma, proprio un fulgido esempio di statista padano.

Edizione esaminata e brevi note

Pino Corrias (Savona, 1955) è un giornalista e scrittore. Per 12 anni è stato inviato speciale del quotidiano La Stampa. Oggi è dirigente Rai, si occupa di fiction: ha prodotto “La meglio gioventù”, regia di Marco Tullio Giordana e De Gasperi, regia di Liliana Cavani. Ha lavorato come sceneggiatore (Ultimo, Distretto di polizia). Per Raidue ha condotto con Renato Pezzini l’inchiesta in 4 puntate Mani pulite. Collabora al settimanale “Vanity Fair”. Vive e lavora a Roma. Tra i suoi libri: Luoghi comuni. Dal Vajont a Arcore, la geografia che ha cambiato l’Italia (2006), Vicini da morire (2007), Voglio scendere. Agenda 2010 (con Peter Gomez e Marco Travaglio), Il contabile e le murene (2012).

Marco Travaglio, scrive per Il Fatto, l’Espresso, A, Micromega, dopo aver collaborato per anni al Giornale diretto da I. Montanelli, Repubblica, l’Unità. Tra suoi più recenti successi “Mani sporche” (Chiarelettere 2007, con Gianni Barbacetto e Peter Gomez). Altri suoi libri, tra i tanti, sono “La scomparsa dei fatti”, “Montanelli e il cavaliere”, “Intoccabili”, “L’odore dei soldi”, “Bravi ragazzi”, “Se li conosci li eviti”, “Italia anno zero”, “Papi”, “Uliwood Party”, “Promemoria”, “Colti sul Fatto”, “BerlusMonti”.

Renato Pezzini, è giornalista de “Il Messaggero”. Ha fondato e dirige “Oblò”, mensile di informazione libera realizzato con i detenuti del carcere di San Vittore. Con Pino Corrias per Rai2 ha curato l’inchiesta “Mani Pulite”.

Pino Corrias, Marco Travaglio, Renato Pezzini, L’Illusionista. Ascesa e caduta di Umberto Bossi, Edizioni Chiarelettere, Milano 2012, pag. 201

 Luca Menichetti. Lankelot, gennaio 2013