Non molto tempo fa sul sito del Cicap, la nota congrega di crociati contro l’occulto e tutto quello che appare poco in sintonia con la scienza ufficiale, campeggiava un articolo: “Credere alla magia porta male”, dedicato a “esempi del pensiero irrazionale in azione tratti dalla cronaca”. Sarà che egli estremi si toccano ma in fondo un titolo come quello poteva funzionare anche per “Libriomancer” di J.C. Hines, un cosiddetto urban fantasy ambientato in epoca contemporanea e dove leggiamo delle disavventure del “libromante” Isaac Vainio, alle prese con creature fantastiche di ogni tipo. Il “credere alla magia”, e più in generale il credere a quello che contengono i libri, infatti è proprio la fonte primaria di tutti i poteri dei cosiddetti libromanti: “dettaglio dopo dettaglio, ogni lettore dipingeva la scena nella propria mente rendendola reale […] La libromanzia era in un certo senso magia per stregoni pigri. Niente bacchette, né incantesimi spettacolari, niente formule arcane. Non c’erano rune, né movimenti di dita. Niente a parte le parole sulla pagine, il credere collettivo dei lettori e l’amore del libromante per la storia” (pag. 16). Così lo stregone contemporaneo di J.C. Hines, anche se di pagina in pagina, il racconto in prima persona di Isaac Vainio ha ben poco di pigro o di poco spettacolare. In questo senso hanno ragione i lettori che per “Libriomancer” hanno usato termini come rocambolesco e spericolato. Anzi un racconto poco dettagliato della trama rischierebbe forse di far apparire Isaac Vainio come una sorta di Harry Potter un po’ cresciuto, mentre in realtà, al di là dell’abbondanza di incantesimi, di stregoni e di creature malefiche, agli elementi più caratteristici dello “juvenile fantasy” si aggiungono passaggi e descrizioni adatti ad un pubblico più adulto. Un romanzo che non è possibile incasellare facilmente in un sottogenere fantasy proprio perché le vicende e i comportamenti del nostro mago contemporaneo prendono forza dalla conoscenza di tanti libri, tutti diversi tra loro, alcuni realmente pubblicati, altri del tutto inventati come “La gioia di fare sottaceti II” (questo l’avevamo subito sospettato anche senza leggere la bibliografia finale).
Qualcosa possiamo però rivelare evitando inopportuni spoiler. Il protagonista di “Libriomancer” – l’abbiamo capito – è Isaac Vainio, ufficialmente un semplice bibliotecario, ufficiosamente uno stregone libromante che è stato sospeso dal servizio a causa di problemi personali e per aver combinato un bel po’ di guai con un uso troppo emotivo della magia. Insomma un mago “in sonno” che si ritrova però nuovamente immerso nel mondo letale degli incantesimi dal momento in cui, presso la sua piccola biblioteca di provincia, riceve la visita di tre minacciosi vampiri “luccicanti” intenzionati a carpirgli informazioni. Da qualche tempo infatti sono in atto degli attacchi alla razza vampirica, che così hanno mandato in fumo la fragile tregua tra maghi e succhiasangue. In verità pochi sanno cosa sta accadendo e si ritrova spiazzata anche la società dei Portatori, cui appartiene anche Vainio, e che ha il compito di rimediare ai danni della magia a sua volta frutto della comune sensibilità dei lettori. Vainio, malgrado la sua mai venuta meno abilità nel trarre oggetti e incantesimi dalle pagine dei libri, se la vede davvero brutta e si salva soltanto grazie all’intervento della sensualissima e formosa Lena, una driade nata da un racconto fantasy e poi fattasi di carne, in maniera fin troppo reale agli occhi dell’allupato stregone. Per salvare la pelle ed evitare una tragedia che coinvolga gli inconsapevoli umani, Vainio, Lena e i loro ambigui e letali compagni di viaggio dovranno sia capire chi siano i responsabili di questa rinnovata guerra ai vampiri, sia rintracciare colui che secoli fa ha creato i cosiddetti Portatori ed ora sembra svanito nel nulla: il responsabile, probabilmente ancora vivo e vegeto, seppur relegato chissà dove, è Johannes Gutemberg, comunemente conosciuto come inventore della stampa, orafo e tipografo. Nel mondo fantastico di “Libriomancer” Gutemberg in realtà si rivela quale stregone che, dando la possibilità di produrre in serie una gran quantità di libri, ha permesso ai lettori più dotati, grazie ad emozioni diffuse e ad una comune fede, di far scaturire oggetti reali e le più improbabili creature dalla pagina scritta.
Peccato magari per qualche refuso di troppo presente nella prima edizione di “Libriomancer”, ma questo difetto, certo non attribuibile a J.C. Hines, non ci ha impedito di apprezzare un romanzo che, grazie anche ad un opportuno racconto in prima persona e quindi di maggiore immediatezza per chi legge, rivela uno stile di tutto rispetto per lo standard di opera fantasy e d’intrattenimento; e se poi il susseguirsi di vicende concitate e senza soluzione di continuità colloca “Libriomancer” a pieno titolo nella letteratura di genere, c’è comunque spazio per le riflessioni sulle potenzialità della lettura e sulle illusioni (o sulla realtà) dei rapporti umani. L’opera di Jim C. Hines a quanto pare rappresenta il primo capitolo di una vera e propria saga, e non potrebbe essere altrimenti con un finale aperto che lascia sullo sfondo una tremenda minaccia, tale da spazzare via Portatori e umani. Probabile quindi che leggeremo ancora di Isaac Vainio e delle sue armi di cellulosa.
Edizione esaminata e brevi note
- Jim C. Hines, nato nel 1974 ha conseguito una laurea in psicologia e un master in letteratura inglese. Vive e lavora nel Michigan. E’ autore di oltre quaranta short stories e vanta un premio Hugo nel 2012, Jim Hines negli Stati Uniti è noto anche grazie alla saga di Goblin Quest. La saga di Libriomancer è giunta al suo terzo capitolo dal titolo Unbound.
Jim C. Hines, “Libriomancer”, La Ponga Edizioni (collana Tanto è Fantasy), Nova Milanese 2014, pag. 107. Traduzione di Marcello Nicolini
Luca Menichetti. Lankelot, gennaio 2015
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