La bambina bionda ritratta sulla copertina di “Vita di Tara” non deve trarre in inganno e tanto meno indurci a consultare subito wikipedia con tutta la sua elencazione di sottogeneri letterari. Si finirebbe per incontrare il termine “Juvenile fantasy”, col quale “si indicano delle storie di letteratura per ragazzi con elementi fantasy”; e così si potrebbe pensare che Graham Joyce abbia voluto seguire le orme di Joanne Rowling o di Lyman Frank Baum. Niente di più sbagliato. Lo stesso scrittore britannico, al momento di congedarsi tra note e ringraziamenti, scrive: “Antonia S. Byatt mi ha ispirato a concepire un’opera in cui il confine tra il fantasy e una mente disturbata sia inesistente” (pag.361). Coerenti con un’impostazione a cavallo tra mistery, psichiatria e fantastico, risultano quindi le citazioni che aprono ogni capitolo: leggiamo Bruno Bettelheim, John Aubrey, W.H. Auden, Joseph Campbell, Ursula Le Guin, Charles de Lint, gli atti processuali di un omicidio rituale avvenuto nel 1895, e molto altro. “Vita di Tara” racconta dell’inaspettato e misterioso ritorno in famiglia di un’adolescente scomparsa vent’anni prima. Siamo ai giorni nostri quando Peter Martin riceve la telefonata del padre che gli annuncia qualcosa di incredibile: è tornata sua sorella Tara. La cosa altrettanto incredibile è che la ragazza, che dovrebbe avere almeno trentasei anni, non sembra nemmeno invecchiata e si è ripresentata a casa suonando il campanello, come se si fosse assentata per qualche settimana. L’ultima volta era stata avvistata nella foresta degli Outwoods e poi più nulla: si era pensato ad una disgrazia, addirittura ad un omicidio per il quale era stato sospettato Richie il fidanzato del tempo.
La ragazza, di fronte ad un fratello furibondo e ai genitori sconcertati, racconta una storia impossibile: proprio nella foresta avrebbe conosciuto un certo Hiero, che l’aveva condotta in un mondo parallelo. Un mondo dove quelli che sono chiamati elfi non hanno nulla a che vedere con gli spiriti della tradizione fantasy, alti, eleganti, con orecchie a punta: la comunità nella quale Tara si è ritrovata suo malgrado, e nella quale ha avuto l’impressione di vivere pochi mesi, non conosce la tecnologia del nostro tempo, è arcaica, caratterizzata da usi e costumi crudeli, ed anche molto libera, una sorta di comune hippie. antelitteram dove trionfa il sesso libero, con tanto di orgasmi di gruppo in piena sintonia con la natura. Tara, ormai contesa da Hiero e dal più giovane Silkie, una volta riaperto il varco temporale che l’aveva condotta in quel mondo di creature fameliche, credeva di ritrovare la sua famiglia come l’aveva lasciata; ed invece era passata una generazione, tutto era cambiato. Anche Richie, il fidanzato del tempo, non si era più ripreso dopo le accuse da parte della polizia ed aveva vivacchiato per anni come musicista di talento e di scarsa fortuna. Ma adesso l’unico che forse è più solidale con lei è proprio Richie, mentre i familiari, sconcertati da un racconto senza senso e dagli strani comportamenti di Tara, che sembra aver assimilato qualcosa di quel mondo parallelo, la affidano al dottor Vivian Underwood, un bizzarro psichiatra: tutti vogliono capire cosa realmente sia accaduto alla mente di quella che era una ragazzina e che ora (forse) non lo è più. Nel frattempo Richie, proprio quando sembra riavvicinarsi all’ex fidanzata, viene fatto oggetto di attenzioni maligne da parte di uno strano personaggio. Una presenza divenuta tanto più inquietante dopo che la vicina di casa di Peter Martin, l’anziana signora Larwood, ha rivelato qualcosa della sua giovinezza che ha molto a che fare con l’esperienza di Tara negli Outwoods. Alla fine una decisione drastica della ragazza, motivata forse dalla necessità di salvare l’ex fidanzato, forse nuovamente preda della sua sindrome psichiatrica, chiuderà la vicenda confermando fino all’ultima riga “la fusione tra il Realismo e il Fantastico” (pag. 361).
Graham Joyce non si è limitato ad evidenziare questa “fusione” con le tante citazioni e con un racconto dove il disagio di un’adolescenza vissuta male e le aspirazioni ad una vita anticonformista trovano forse risposta in un mondo alternativo a quello conosciuto. Il mistero irrisolto del ritorno di Tara rimane tale dalla prima all’ultima pagina anche grazie alla struttura del romanzo, uno degli elementi più apprezzabili dell’opera di Joyce: ai più usuali capitoli in terza persona si alternano quelli dove leggiamo il punto di vista di Tara, ovvero la sua vita nel mondo parallelo degli Outwoods; e poi il punto di vista del dottor Underwood, ovvero le ipotesi scientifiche più plausibili che possano spiegare un caso comunque anomalo e tale da sconcertare lo stesso psichiatra: “Ha perso un enorme blocco di memoria, ma la TAC che le ho prescritto non mostra segni di traumi cerebrali, né di qualsiasi tipo di anomalia. Sospetto, perciò, che non abbia affatto perso la memoria, ma che si rifiuti di trovarla […] Ci vorrà del tempo, ma il falso ricordo comincia già a mostrare gli strati da cui è composto” (pag. 327). Affermazioni piene di ottimismo scientifico ma che si scontreranno poi con una realtà (o una fantasia) più complicata del previsto; tanto da non dimenticarci dell’ultima citazione, quella dell’epilogo: “Le nostre vite sono viaggi mitici e il lieto fine deve ancora essere conquistato” (Terri Windling).
Edizione esaminata e brevi note
Graham Joyce, (Keresley, 22 ottobre 1954 – 9 settembre 2014) scrittore e insegnante inglese Con i suoi romanzi ha vinto numerosi premi, tra cui il World Fantasy Award nel 2003, il British Fantasy Award (di cui è stato insignito per sei volte) e il Grand Prix de l’Imaginaire. Nel 2000 il suo Indigo è stato inserito nell’elenco dei New York Times Notable Books. Insegna scrittura creativa alla Nottingham Trent University. Tra gli altri suoi romanzi: Dark Sister, Requiem, The Tooth Fairy, L’uomo dietro al vetro, Forse questa è la vita, Memoirs of a Master Forger.
Graham Joyce,“Vita di Tara”, Gargoyle (collana Extra), Roma 2014, pag.362. Traduzione di Benedetta Tavani.
Luca Menichetti. Lankelot, ottobre 2014
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