Non vi saprei dire se la causa siano stati i troppi omogeneizzati agli estrogeni e/o la carenza di insegnanti di canto competenti; tant’è che nell’attuale panorama lirico la carenza di autentici bassi profondi, surrogati al più da baritoni corti, è un dato assodato; e chi, vuoi per passione, vuoi per mera curiosità, volesse ascoltare un’autentica voce grave, piena e sonora fino al mi sotto il rigo, troverà molto più materiale (e qualità) andando indietro nel tempo, affidandosi a registrazioni storiche come questa della G.O.P. dedicata ad Alexander Kipnis.
Nato a Zitomir (Ucraina) nel 1891, Kipnis iniziò a cantare a dodici anni nel coro di voci bianche del paese natale.
Col passare del tempo la muta della voci chiarì da subito la vocazione di basso: dapprima in teatri ambulanti, poi nelle sinagoghe, nel teatro ebraico e poi a Berlino dove studiò con Grenzebach.
Nel 1915, allo scoppio della guerra, fu arrestato ed internato come cittadino russo, ma grazie alla fortunosa intercessione di un impresario teatrale, fu liberato e in grado di fare il suo esordio in quel di Amburgo.
Da allora l’ascesa nel firmamento lirico, in particolare dopo il grandissimo successo riportato nel 1936 grazie all’esecuzione dei Quattro Lieder brahmsiani op. 121, presso la Wingmore Hall di Londra.
Alla Staatsoper di Berlino raggiunse i traguardi più alti della carriera: tra i tanti personaggi da lui interpretati ricordiamo Re Arkel, Marcel degli Ugonotti, Konciac, Alvise Badoero, Hagen, Gurnemanz, il barone Hocs, Ramfis.
Si trasferì negli anni ’40 al Met ove con Ezio Pinza formò una coppia di bassi leggendaria (ricordiamo il Don Giovanni del 1942 diretto da Bruno Walter).
Morì a Westport, Connecticut nel 1978.
I numerosi tracks contenuti nella pubblicazione G.O.P. (“registrazioni elettriche in studio di brani’d’opera e lieder dal 1926 al 1945”) documentano come la prima vocazione di Kipnis , malgrado la già definita vocalità, non fu l’opera ma l’infallibile palestra del lied: maturò e si sviluppò stilisticamente in Germania, tanto che il suo iter artistico è stato un po’ schematicamente inteso come “prodotto” dell’occidente.
Un’accademia quella del lied che da un lato lo arricchì dal punto di vista stilistico, nella cura dell’emissione, dell’espressione, e dall’altro contribuì a rendere la sua arte peculiare: nessun pericoloso atteggiamento emulativo nei confronti del mito Fjodor Saljapin, di diciotto anni più anziano, in campo critico da sempre pietra di paragone del nostro ucraino.
Un parallelismo in realtà piuttosto gratuito: mentre il russo fu un caso probabilmente unico di attore cantante, di un istrionismo irrefrenabile, che talvolta sfociava in cadute di gusto oggi poco tollerabili, oltre che dotato di un colore di voce basso baritonale, perciò sostanzialmente chiaro se riferito alla corda di fa, Kipnis, che pure scenicamente era efficacissimo, affidava “al canto e solo al canto” la sua espressività e la sua versatilità; a detta del basso ucraino i cantanti devono essere dei sognatori: “solo così lo spettatore potrà essere indotto a sua volta a sognare”; senza che questo volesse significare un’induzione all’abbiocco (!!), anzi.
Grazie al doppio CD della G.O.P. l’ascoltatore, anche il meno esperto, potrà cogliere la sua capacità di alternare disinvoltamente un fraseggio musicale ampio, solenne, drammatico con uno comico e dal sillabato rapidissimo (vedi l’aria di Bartolo cantata in tedesco), inusitato per uno strumento della sua potenza.
E’ vero che se l’adagio “per cantare serve (anche) la voce” ha permesso di poter apprezzare gli Schipa, gli Stabile, i Pertile, nel caso di Kipnis è proprio la vocalità, oltre alla cifra stilistica, ad avere reso leggendario il cantante ucraino: timbricamente scurissimo, tanto da essere stato paragonato a Josè Mardones, altra leggenda lirica di inizio secolo, appartiene quella esigua schiera di bassi profondi, magari confinanti con l’impressionante vocalità slava di controbasso (nulla a che vedere con i controbassi-baritoni come intesi oggi), che nel passato ha annoverato nomi come Wilhelm Strienz, Emanuel List, i nostri Giulio Neri “bronzone”, Umberto Di Lelio, e più recentemente Marti Talvela, Kurt Moll.
Kipnis però aveva una marcia in più: a questo suo colore “nero e buio” abbinava un’estensione tale, ben oltre le due ottave canoniche, che fu in grado di affrontare ruoli basso baritonali come Wotan.
La registrazione dalla Walchiria risale al 1926 e, malgrado gli inevitabili limiti tecnici, ben documenta le doti del cantante, quanto alla sua capacità di volgere in agilità le sue naturali caratteristiche “cavernose”; tanto più sorprendenti se pensiamo come lo stesso ruolo sia stato affrontato (con esiti discutibili) da “pesi leggeri” come Lawrence Tibbet e Dieter Fischer Dieskau.
I traks (privi di numerazione progressiva e di ulteriori indicazioni in merito ad orchestre e direttori):
CD 1
– W.A. Mozart – Le Nozze di Figaro: La vendetta (in tedesco) – 1931 – 2:54
– W.A. Mozart – Don Giovanni : Aria del catalogo – 1930 – 5: 24
– W.A. Mozart – Il Flauto Magico: In diesel heil gen Hallen – 1929 – 4:25
– W.A. Mozart – Il Flauto Magico: O Isis und Osiris – 1930 – 3:20
– W.A. Mozart – Il Ratto dal serraglio: Wer ein Liebchen – 1931 – 3:11
– G. Rossini – Il Barbiere di Siviglia: La calunnia (in tedesco) – 1931 – 4:09
– G. Gounod – Faust: Serenata (in francese) – 1927 – 2:55
– G. Gounod – Faust: Le Veau d’Or (in francese) – 1927 – 2.02
– G. Verdi – Simon Boccanegra: Il lacerato spirito (in italiano) – 1931 – 4:21
– G. Verdi – Don Carlos: Ella giammai m’amò (in tedesco) – 1930 – 6:33
– C.M.W. Weber – Il Franco Cacciatore: Hier im ird’schen – 1930 – 2:56
– F.V. Flotow – Martha: Lasst mich euch fraghen – 1930 – 2:56
– A. Lorzing – Der Wildschutz: Funftausend Taler – 1931 – 4:19
– O. Nicolai – Le allegre comari di Windsor: Als Bublein klein – 1931 – 4:10
– R. Wagner – I maestri cantori di Norimberga: Verachtet mir – 1926 – 3:49
– R. Wagner – La Walkiria: Addio di Wotan – 1926 – 12:01
– R. Strauss – Il Cavaliere della rosa: Herr kavalier (con E- Ruziczka) – 1931 – 3:26
– F. Schubert – Erlkonig – 1936 – 3:26
CD 2
– R.Wagner – Tannhauser: O du mein holder – 1928 – 4:23
– R.Wagner- Lohengrin: Mein Herr und Gott – 1928 – 2:32
– R. Wagner – I maestri cantori di Norimberga: Das schone fest – 1931 – 4:29
– A. Borodin – Il Principe Igor: Aria di Galistsky – 1945 – 3:34
– N. Rimsky Korsakov – Sadko: Canto dell’ospite vichingo – 1945 – 3:22
– P.J. Ciajkowski – Eugenio Onieghin: Aria di Gremin – 1945 – 5_03
– A. Dargominski – Rusalka: Aria del mugnaio – 1945 – 3:50
– M. Mussorgsky – Boris Godunov: Incoronazione di Boris – 1945 – 3:45
– M. Mussorgsky – Boris Godunov: Monologo di Boris – 1945 – 5:06
– M. Mussorgsky – Boris Godunov: Scena della pendola – 1945 – 3:35
– M. Mussorgsky – Boris Godunov: Addio e morte di Boris – 1945 – 9:11
– M. Mussorgsky – Boris Godunov: Canzone di Varlaam – 1945 – 3:11
– M. Mussorgsky – Canzone della Pulce – 1945 – 3:11
– I. Stravinsky – Tilim Bom – 1939 – 0:52
– canzone popolare: Kalinka – 1931 – 2:40
– canzone popolare: Canto del soldato – 1931 – 2:06
– J. Brahms: Wie Melodien Zieth Es Mir – 1940 – 2:36
– J. Brahms: Wiengelied – 1936 – 1.56
– J. Brahms: Die Mainaichit – 1936 – 3:22
– J. Brahms: Sonntag – 1936 – 1:24
– J. Brahms: Standchen -1936 -1:29
– J. Brahms: Verbebliches Standchen – 1936 – 1:29
– H. Wolf – Der Musikan – 1933 – 1:36
– H. Wolf – Der Soldat – 1933 – 1:07
Interpretazioni inevitabilmente disuguali che, se da un lato lasciano trasparire una certa difficoltà nella dizione italiana, dall’altro confermano l’abilità del basso ucraino nel cesellare la varietà delle inflessioni, il suo eccellente legato, i suoi pianissimi sorprendentemente facili per uno strumento così ricco e potente; ed una tecnica in grado di limitare i vizi propri di tante voci slave.
Per di più la G.O.P. una volta tanto ci offre un doppio CD decente dal punto di vista sonoro.
E’ vero che alcuni tracks come il lied schubertiano lasciano trasparire errori tecnici, ma se paragonato ad altre proposte tipiche della “Great Opera Performances”, ovvero registrazioni pirata a volte ai limiti dell’udibile, con “Omaggio ad Alexander Kipnis” siamo finalmente su altri livelli, forse proprio per la sua origine “in studio”.
I melomani sono avvisati: opera che non può mancare nella loro discoteca.
Edizione esaminata e brevi note
Alexander Kipnis, “Omaggio ad Alexander Kipnis”, CD, Great Opera Perform, 1997.
Recensione già pubblicata su ciao.it il 29 maggio 2005 e qui parzialmente modificata
Luca Menichetti. Lankelot, aprile 2008
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