Il “potente cacciatore di uccelli selvatici, libretti d’opera e belle donne”, come si definiva lo stesso Puccini, il più celebre compositore italiano dopo Verdi, nelle pagine di Helmut Krausser viene rappresentato non semplicemente come geniale, cinico ed impenitente donnaiolo.Puccini donnaiolo e perennemente infedele lo era davvero, ma quello che emerge dall’opera di Krausser è la storia di un uomo che, idolatrato per le sue doti artistiche, da buon cacciatore, pur non lasciandosi sfuggire generose prede femminili (spesso loro stesse cacciatrici), rivelava poi inaspettate fragilità, un animo malinconico, oscillante tra momenti di divertita vita bohemienne – con i suoi amici di Torre del Lago sembrava anticipare le zingarate del Conte Mascetti e del Perozzi – e periodi di cupa depressione, assillato dall’onnipresente Elvira. Il romanzo è diviso in tre parti: Corinna, Sybil, Doria.
Con Corinna – Krausser ha scoperto la sua vera identità: la torinese Maria Anna Coriasco – il maestro ebbe una complicatissima relazione (al tempo era ancora minorenne) che tanti guai gli procurò, condizionando la sua produzione artistica e i rapporti con l’editore Giulio Ricordi, oltre che con l’Elvira, allora sua convivente e madre di Antonio. Sybil invece era la moglie – presumibilmente frigida e devastata dalle corna – di un banchiere, David Seligman: un amore consumato fisicamente una sola volta e che negli anni si trasformò sempre più in un solido rapporto di confidenza e autentica amicizia. E poi Doria, la docile servetta che, accusata ingiustamente da Elvira di avere una relazione sessuale con quello che era diventato suo marito, fu indotta ad avvelenarsi col sublimato: una morte tra atroci sofferenze. Ne seguì, come noto, il processo per calunnia e diffamazione e la condanna per Elvira.
La disperazione di Puccini che, seppur non attratto sessualmente dalla ragazza, ne era profondamente affezionato ed intenerito per la sua ingenuità, trapela dalle lettere presenti nel romanzo e che furono realmente scritte da Puccini e a Puccini. E poi ovviamente compaiono altre dame compiacenti, da Lina Cavalieri, “la donna più bella del mondo”, a donne del popolo come quella Giulia Manfredi con la quale ebbe una lunga e torrida relazione sessuale.Il musicista toscano appare quindi uomo dei suoi tempi, che però, con tutte le signore e servette che gli si offrivano, poteva ben disdegnare le professioniste di bordello.Probabilmente non era alieno dal diffuso maschilismo dell’epoca, forse anche un po’ avaro, ma capace di grandi slanci di generosità. Questo Puccini di Krausser, descritto a seguito di approfonditi studi, colto in un periodo particolarmente turbolento della sua vita, in particolare tra il 1900 e il 1910, a cavallo delle composizione della Butterfly e della Fanciulla del West, è l’uomo che proprio a causa della sua disordinata vita privata, vittima delle sue pulsioni e di una Elvira prima concubina gelosa e poi moglie ancor più gelosa, sarà condizionato anche nella sua attività di musicista.
La musica, non del tutto sullo sfondo ma certamente spesso raccontata in relazione alle sue vicende erotiche e sentimentali, è sempre l’unico sostentamento di Puccini: nel libro si colgono le sue difficoltà di compositore alle prese con gli editori, Giulio Ricordi, i librettisti come Illica e Giacosa, quel pazzo scatenato di Gabriele D’Annunzio, i colleghi più o meno famosi. Un artista non privo di atteggiamenti autoritari, ma anche molto perspicace e descritto nei suoi momenti di generosità intellettuale. Tra le righe dell’opera si ridimensionano i giudizi negativi di Mahler in merito alla sua musica, ed inoltre da parte dello stesso Puccini, pur ostinandosi nel rimanere legato alla tradizione italiana, si coglie la sua ammirata e spesso ricambiata considerazione per Berg, Schonberg e Richard Strauss (l’ascolto della Salomè lo farà “vacillare nella sua identità artistica”). Krausser definisce il suo “Demoni di Puccini” un romanzo documentario e probabilmente ha ragione; non saprei come altro chiamarlo.
La lettura scorre bene, forse soprattutto agli occhi di coloro che sono poco esperti di melodramma, grazie a quello che in realtà si potrebbe considerare un difetto dell’opera: la musica sullo sfondo ed invece una grande attenzione per le meschinità personali dell’uomo e di coloro che gli gravitavano intorno. Un romanzo o forse un saggio in forma romanzesca, che, in presenza di un epistolario autentico a fare da filo conduttore di vicende a dir poco complicate, è caratterizzato da un racconto in terza persona che si apre a momenti di dialogo, questa volta in prima persona, e tali da sembrare una sceneggiatura cinematografica o il soggetto di un documentario. Certamente – e qui mi si perdonerà la divagazione – nulla a che vedere con il recente e falsissimo Puccini di Alessio Boni messo in onda dalla Rai. Qui non c’è alcun buonismo e agiografia; semmai il tentativo di raccontare in maniera un po’ originale il periodo complicato di un uomo altrettanto complicato e con molte debolezze. L’autore mostra un certo virtuosismo stilistico che però lascia spazio ad alcuni momenti che ben sintetizzano i paradossi, a volte strepitosi ed indispensabili, propri del melodramma.
Così “Madama Butterfly” nella mente di un Puccini che già stava in ambasce durante la relazione con la giovanissima Maria Anna Coriasco: “In fondo di cosa si parla? Di un imperialista miserabile ed ignorante che cerca un temporaneo passatempo sessuale e trova un’amante che fa una brutta fine per colpa della differenza tra le due culture. Un eroe inesistente e una prostituta d’alto bordo straniero-esotica, masochistico-isterica, che si pianta il coltello nel cuore invece di mandare quello stupido incapace al diavolo: chi avrebbe potuto rimanere seriamente turbato e commosso?”. Magari è una forzatura, tutto potrebbe essere più banale ma, anche dalla lettura del libro di Krausser, non si può non cogliere delle relazioni tra l’opera musicale, i personaggi che vivono nelle opere pucciniane ed i drammi e le debolezze vissute dal compositore. Inevitabile, quando si giunge al capitolo dedicato alla povera Doria, ripensare alla schiava Liù della Turandot, sacrificatasi per non tradire il suo cinico padrone Calaf. “Non piangere, Liù se in un lontano giorno io t’ho sorriso…”.
Edizione esaminata e brevi note
Helmut Krausser è nato a Esslingen nel 1964 e vive a Monaco di Baviera. In Italia ha pubblicato Il falsario (Einaudi, 2002), Il grande Bagarozy (Barbera, 2006) e Melodien, la musica del diavolo (Barbera, 2007)
Helmut Krausser, I demoni di Puccini, Barbera, Siena 2008, pag. 288
Lankelot. Luca Menichetti, settembre 2011
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