Il senso di Davide per la farina” non è propriamente la storia di un “piano B”, ma forse qualcosa di molto simile. Davide Longoni nasce in Brianza da una famiglia di panficatori ed ora è a tutti gli effetti un artigiano del pane. Si potrebbe pensare quindi che il nostro Longoni non abbia fatto altro che continuare la tradizione di famiglia e tanti saluti al “piano B”. In realtà non è così e il suo libro, in gran parte autobiografico, ce lo racconta: dopo una laurea in lettere, un impiego presso una prestigiosa agenzia di fotogiornalismo, ecco che l’assaggio di un pane diverso, fatto con lievito madre, gli fa scattare la voglia di tornare al lavoro di famiglia, ma questa volta interpretato con altro spirito, senza adagiarsi nella routine. Da allora si susseguono anni di sperimentazioni, di studio delle materie prime, di incontri con personaggi in fondo simili a lui, visionari, ostinati nel recuperare tradizioni dimenticate in favore di una globalizzazione livellatrice e priva di qualità. Oltretutto il pane è un alimento simbolico, dove alla cura della coltivazione dei cereali si accompagnano le difficoltà di una preparazione che fa del panificatore, almeno come lo intende Longoni, un artigiano a tutti gli effetti. Non vogliamo mettere in mezzo definizioni azzardate ma, avendo in mente quel che di visionario, il coraggio di scelte controcorrente, l’ostinazione nel perseguire una produzione d’eccellenza, lo spirito pionieristico nel riscoprire prodotti e sapori dimenticati, nessuno si scandalizzerà nel leggere di un “Longoni artista del pane”.
Del resto non è certo l’immagine di un abbruttito lavoratore notturno alle prese con i forni quella che ci appare nel “senso di Davide per la farina”. Longoni, il laureato in lettere diventato panificatore e imprenditore, ci tiene a farci sapere che la sua passione per la letteratura non è venuta meno: lo stile non ha niente della freddezza e del tecnicismo di un manuale o di una guida gastronomica, mentre frequenti sono le citazioni da Pedrag Matvejevic, Robert Pirsing, Mohammed Choukri, che si accompagnano alla storia del pane e del lievito madre (“il lievito di birra è come un prato di semplici margherite. La madre è come una selva incolta e ricca di biodiversità”); e poi ancora di ricette base, di tecniche di panificazione antiche e innovative insieme. Un libro che, raccontando anche dell’importanza dei rapporti umani in professioni dedite alla conservazione delle biodiversità e dell’eccellenza, ci ricorda da subito gli intenti “slow food” di Carlo Petrini; senza che sia necessario arrivare a pagina centoventuno e a Longoni che spiega la sua attività di insegnamento presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo. Certamente un libro dove non tutto fila liscio: qualche pagina forse eccede in “sogni” e ottimismo, nelle quali emerge in maniera incontenibile la grande passione per il lavoro, lo spirito visionario, ricercato ed apprezzato anche nei suoi collaboratori. Difetto magari veniale, ma dobbiamo ammettere che di questi tempi molti di noi hanno fatto il pieno di frasi ben più dolciastre che ci ormai ci hanno messo sul chi va là quando c’è un “sogno” di troppo. La melassa sentita dalle parti di certi politici rampanti, tipo “abbiamo alzato l’asticella dei vostri sogni” oppure “raccontate le vostre emozioni”, effettivamente non c’hanno ben predisposto e ora altri ne subiscono le conseguenze. Peccato. Tra l’altro non abbiamo particolarmente apprezzato la citazione da Oscar Farinetti presente nella fascetta del libro e nella scheda di presentazione: “Tra tutti i cibi il pane è quello più umano. Il pane è metafora fisica della coscienza: quella musica interiore che sa distinguere il giusto dall’ingiusto”. Il patron di Eataly è ormai diventato il pizzicagnolo di corte (i fiorentini purtroppo ne sanno qualcosa), proprietario di una grande catena di distribuzione, e non ci pare aver molto a che fare con l’autentica filosofia “slow food” incarnata da Petrini ed anche da Longoni.
Filosofia che si coglie in pieno quando Longoni ci racconta con molta semplicità le diverse tecniche di panificazione: “La pasta madre che abbiamo rinfrescato è pronta per essere aggiunta ad un impasto di pane. E’ importante ricordare che come è la pasta madre, così sarà il pane: le caratteristiche di gusto e consistenza dell’impasto sono le stesse che ritroveremo a fine cottura […] Per utilizzare al meglio il nostro lievito madre, è fondamentale imparare – aiutandoci con il gusto, la vista, l’olfatto – a individuare questo apice, ovvero quando le nascite e le morti delle cellule si equivalgono” (pag.54 e 101). Giustamente le riscoperte del farro monococco, delle biodiversità dei cereali, dei grani antichi hanno fatto scrivere a Davide Longoni che il suo è un lavoro “quasi filologico”. Tra l’altro una filosofia che per la sua rivendicata “lentezza” ha davvero poco a che vedere con la velocità e spirito gladiatorio che di questi tempi va per la maggiore. Per meglio comprendere l’autentico significato dell’opera di Longoni, al netto di sogni ed ottimismo, possiamo leggere alcuni passaggi dal “manifesto dello Slow Food”: “La velocità è diventata la nostra catena, tutti siamo in preda allo stesso virus: la vita veloce, che sconvolge le nostre abitudini, ci assale fin nelle nostre case, ci rinchiude a nutrirci nei fast food. Ma l’uomo sapiens deve recuperare la sua saggezza e liberarsi dalla velocità che può ridurlo a una specie in via d’estinzione. Perciò, contro la follia universale della fast life, bisogna scegliere la difesa del tranquillo piacere materiale. Contro coloro, e sono i più, che confondono l’efficienza con la frenesia, proponiamo il vaccino di un’adeguata porzione di piaceri sensuali assicurati, da praticarsi in lento e prolungato godimento. Iniziamo proprio a tavola con lo Slow Food, contro l’appiattimento del fast food riscopriamo la ricchezza e gli aromi delle cucine locali”. Ed ora, anche grazie a Longoni, molti di noi potranno considerare “la ricchezza e gli aromi” del pane artigianale, frutto di fatica, impegno ed anche tanta voglia di conoscenza e sperimentazione.
Edizione esaminata e brevi note
Davide Longoni, nato a Carate Brianza, ha cominciato a fare il pane dopo una laurea in Lettere. Ha iniziato a lavorare nella panetteria di suo padre, ma ben presto ha aperto un suo negozio/laboratorio a Monza e poi a Milano. Si definisce un panificatore artigiano e per lui fare pane di qualità significa: lievitazione naturale da pasta madre, grosso formato, farine da cereali minori macinati a pietra. Tecniche antiche, ormai dimenticate nella società della produzione industriale. Collabora con Slow Food nello sviluppo del progetto Nutrire Milano, diffonde il suo sapere con corsi di panificazione per dilettanti e professionisti. Ha scritto testi e ricette per libri sul pane.
Davide Longoni, “Il senso di Davide per la farina”, Ponte alle Grazie, Milano 2014, pag. 144. A cura di Louisette di Suni e Alessandra Mascaretti.
Luca Menichetti. Lankelot, luglio 2014
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