Il mantovano Sergio Mambrini oggi lavora nel suo ristorante, “Cortaccia”, dove usa soltanto materie prime biologiche o naturali. Ristoratore ma soprattutto un tipo eclettico. L’abbiamo capito leggendo “Fango nero”, nel quale il nostro autore è andato ben oltre l’argomento propriamente gastronomico della sua opera prima “La salute nel piatto – a tavola con piacere e star bene”; non fosse altro che “Fango nero” evoca qualcosa che di culinario non ha proprio nulla. Giustamente inserito nella collana “Frammenti di memoria” il libro viene presentato come “romanzo di una vita”; e in qualche modo lo è davvero. Non è difficile scorgere Sergio Mambrini sotto le spoglie del protagonista Giorgio, anche senza aver letto la nota dell’autore: “Alcuni nomi dei personaggi del libro sono autentici, altri completamente inventati. Tuttavia, ognuno di loro vive o è effettivamente vissuto. Con questo accorgimento ho cercato di evitare l’interesse malsano di quei lettore che s’impicciano dei fatti altrui. Le vicende narrate sono successe ne modo come sono ricordate, con tutti i limiti e le fatali distorsioni della memoria”.
Il racconto inizia alla fine degli anni Sessanta, con un giovane Giorgio agli esordi del suo lavoro in fabbrica. Qui, insieme ad alcuni compagni, il protagonista prenderà coscienza di un sistema malato, alienante, pericoloso, e, malgrado una solida formazione sindacale, comincerà a mettere in conto un percorso del tutto peculiare, in controtendenza con un certo modo di intendere l’impegno politico e sociale. Ricordiamo che erano gli anni Settanta, quelli della contestazione, del nascente terrorismo, ma per Giorgio–Sergio, sua moglie e i compagni che lo hanno accompagnato nelle sue iniziative culturali e imprenditoriali, la priorità è sempre stata quella di tornare ad una dimensione più naturale, priva di artificiosità, evitando di intrupparsi stabilmente dentro gruppi militanti e condizionati da un particolare settarismo. In questo senso la scelta macrobiotica, apparentemente limitata alla sfera dell’alimentazione, aveva assunto un significato politico: per dare corpo ai propri sogni Giorgio-Sergio ha abbandonato il suo posto sicuro in fabbrica, dove aveva già colto come certe pratiche malsane avrebbero presto devastato l’ambiente e la dignità del lavoro. In qualche modo Sergio Mambrini è un esempio vivente di quel “piano B” di cui ha scritto Gianfranco Franchi nel suo ultimo libro. Mambrini è stato un pioniere della macrobiotica, strumento di una guarigione da malesseri anche gravi che gli hanno fatto temere per la propria vita, sulla scorta dell’adagio “siamo quello che mangiamo”; ovvero la scelta del modo di nutrirsi come cura alternativa alla medicina tradizionale e gesto di rottura verso un sistema sempre meno condivisibile (quindi l’abbandono di una vita condizionata dal “Fango nero”). Poi l’attività, sempre più organizzata, nel campo della difesa dell’ambiente: ha fondato il primo Circolo di Legambiente in quel di Mantova, ha tenuto corsi nelle Università Verdi, ha organizzato seminari di studio sull’agricoltura biodinamica, ha partecipato ala fondazione della Fiab (Federazione italiana amici della bicicletta). Il racconto, pur incentrato sugli sforzi volti a concretizzare felicemente questo “piano B”, non dimentica pagine nere della vita italiana come il terrorismo, lo scandalo Montedison, la strage di Stava, che lo hanno visto coinvolto in prima persona. Non è quindi un caso che l’autore non abbia avuto remore a dire la sua su certi personaggi: “Nei ringraziamenti però non sono compresi tutti quegli individui che causarono, con diverse responsabilità, la morte violenta di tanta gente, che ebbero l’unica colpa di trovarsi, in momenti storici diversi, a fare i conti con il male oscuro delle scelte occulte di quegli indegni figuri. A tutti loro non concedo il mio perdono, sarebbe impossibile ed è necessario che sia così. A loro lascio in eredità, completamente intatto, il mio disprezzo […]”.
La vicenda di “Giorgio”, promotore di circoli dedicati alla scelta macrobiotica, viene raccontata sottolineando il progressivo abbandono dell’iniziale radicalismo, anche grazie alla collaborazione con Albert, un noto medico vietnamita, che ha esercitato sia nel campo della medicina scientifica sia in quella “complementare”. Un frammento di dialogo col medico orientale è significativo di questa posizione più ragionevole e realista, seppur del tutto eterodossa se messa a confronto con i Garattini di turno: “In particolare, con l’uso degli antibiotici negli allevamenti si selezionano dei batteri sempre più resistenti che si trasmetteranno anche alle generazioni future. In questo modo riusciamo ad indebolire le nostre difesa verso le infezioni provenienti dall’esterno. Per vincere il male fisico è necessario sviluppare l’immunità verso la malattia. Non serve combatterla con dei medicinali, salvo nei casi estremi, dove l’infezione fulminante porterebbe a morte sicura”. Un libro come “Fango nero” non so davvero se si possa definire romanzo, malgrado il racconto in terza persona, la ricostruzione dei dialoghi e alcuni nomi modificati. Di certo, al di là delle considerazioni strettamente letterarie, va valutato per quello che è, ovvero una testimonianza tutt’altro che banale e che richiama alla mente qualcosa di sempre molto attuale: inevitabile ricordare i recenti casi di cronaca, dove l’ambiente e la salute di tutti sono diventate oggetto di scambio per salvaguardare interessi industriali fino ad ora gestiti senza scrupoli (e con fiumi di mazzette). Quello di Mambrini, scappato per tempo dall’ingranaggio della grande industria, è un bell’esempio di “piano B”. Salutare per lui e per chi gli è stato accanto.
Edizione esaminata e brevi note
Sergio Mambrini, mantovano, ha lavorato alla Montedison che in seguito ha abbandonato per dedicarsi ai problemi della salute, dell’agricoltura biologica e dell’ambiente, fondando il primo Circolo di Legambiente nella sua città e tenendo corsi nelle Università Verdi. Ha aperto un ristorante, “La Cortaccia”, dove lavora usando solo materie prime provenienti da agricoltura biologia o naturale, con pane, pasta e dolci fatti in casa.
Sergio Mambrini, “Fango nero”, Iacobelli, Pavona di Albano Laziale 2012, pag. 272
Luca Menichetti. Lankelot, ottobre 2012
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