“Non avete bisogno di corsi o seminari di scrittura più di quanto non abbiate bisogno di questo o qualsiasi altro libro sulla scrittura. […] Si impara [a scrivere NdR] soprattutto leggendo molto e scrivendo molto e le lezioni più preziose sono quelle che vi impartite da soli“.
Ecco, almeno su un punto io e King siamo d’accordo: nessun manuale, nessun corso, nessun insegnante può trasformare uno scribacchino in uno scrittore di qualità. Ovviamente neanche il suo libro, “On writing”, può farlo. Ciò non toglie che conoscere i suggerimenti offerti da uno che ha venduto più di 300 milioni di copie dei suoi libri in tutto il mondo, possa essere comunque interessante.
Non ho mai letto Stephen King. Fatta eccezione per un vecchio romanzo di cui non ricordo neanche il titolo. Ero un’adolescente e fin da subito mi resi conto che il genere di storie scritte dall’occhialuto americano non sarebbero mai state nelle mie “corde”. Mi sono resa conto, però, di aver visto circa una dozzina di film tratti dai suoi libri, primo fra tutti l’indimenticabile “Shining” dell’indimenticato maestro Kubrick. Il mio contatto con Stephen King finiva lì. Se però il tuo attuale compagno nutre una sorta di venerazione per questo scrittore ed ha letto tutti i libri pubblicati in Italia, che conserva accuratamente con il massimo riguardo, è stato quasi naturale imbattersi nuovamente in Stephen King. Ho quindi accettato di leggere “On writing – Autobiografia di un mestiere” e l’ho fatto perché sapevo che non sarei incappata in una delle sue “solite” storie horror.
La prima parte del libro, pressappoco un terzo del totale, è occupata dall’autobiografia. Stephen racconta la sua infanzia e la sua adolescenza, almeno ciò che ricorda, passando poi a spiegare i momenti in cui nacque in lui il desiderio di scrivere e, soprattutto, la passione per i film dell’orrore. Come ogni scrittore del mondo, o quasi, le prime cartelle inviate da King a riviste o a editori furono rifiutate. E come ogni scrittore del mondo che crede in ciò che fa e vuole farlo ad ogni costo, King non si lasciò scoraggiare. Il suo primo romanzo importante fu “Carrie”, pubblicato con successo nel 1974 ed utilizzato, un paio di anni più tardi, per realizzare un film (che ho visto!).
Nella seconda parte di “On writing” si trovano finalmente le considerazioni e i suggerimenti di King sull’arte dello scrivere. In sostanza l’autore punta su alcuni attrezzi del mestiere che mai e poi mai un aspirante scrittore dovrebbe trascurare: uso imprescindibile del vocabolario, conoscenza approfondita delle regole della grammatica, utilizzo costante e quasi assoluto di proposizioni in forma verbale attiva, abolizione pressoché totale degli avverbi (in sostanza tutti quelli che in lingua italiana terminano per -mente), e grande attenzione alla ripartizione e all’organizzazione dei paragrafi in cui è organizzato il testo.
Ovviamente si tratta degli strumenti tecnicamente indispensabili. Ad essi si aggiunge, ad esempio, l’obbligo di tagliare tutto ciò che non serve: secondo King tra la prima e la seconda stesura il testo deve calare del 10%. In sostanza se la prima versione è di 3000 parole, la seconda deve essere di non più di 2.700.
Il libro è disseminato di esempi, di tentativi di scrittura, di dimostrazioni pratiche di cosa, secondo King, è corretto e cosa non lo è. Chiaramente vi sono indicazioni che definirei oggettive, nel senso che è doveroso seguire, altre invece sono di natura piuttosto soggettiva poiché si adattano perfettamente alle esigenze ed alle abitudini di Stephen King ma non è detto che possano funzionare con chiunque.
La lettura di “On writing” non è affatto complicata. L’approccio di King è sicuramente convincente e diretto. E mi rendo anche conto che scrivere sullo scrivere non sia sempre semplice. Lui ha tentato di spiegare cosa sia per lui la scrittura, come siano nati alcuni dei suoi romanzi più celebri, quali metodi o tempi adotti. Si mette un po’ a nudo ed è sicuramente un’opera meritoria ma, tornando all’apertura di questa recensione, ritengo che non si possa imparare a scrivere bene leggendo un buon vademecum. E neppure si possa trovare la storia giusta o l’ispirazione “magica” emulando o, peggio, copiando stili altrui. La scrittura prevede indubbiamente la conoscenza delle regole, fosse anche per riuscire a stravolgerle o a metterle in discussione, ma richiede, a mio umile avviso, tantissimo talento e una dose infinita di passione.
Edizione esaminata e brevi note
Stephen King è nato a Porland nel 1947. E’ uno degli scrittori contemporanei più prolifici ed è considerato uno dei maggiori autori di letteratura horror di sempre. La sua popolarità è notevole anche perché molti registi (Stanley Kubrick, John Carpenter, Brian De Palma o David Cronenberg) si sono ispirati ai suoi romanzi per realizzare pellicole di enorme successo. King si è laureato in Letteratura nel 1970 ed è stato insegnante di scuola superiore. Ha sofferto per diversi anni di problemi legati all’abuso di alcool e di droghe ma ha continuato a scrivere ininterrottamente. Nel 1999, ormai famoso e piuttosto ricco, è stato vittima di incidente: un uomo lo ha investito con il suo furgone mentre lo scrittore faceva la sua passeggiata quotidiana. A seguito di tale infortunio, King è stato costretto a rallentare i suoi ritmi di scrittura non riuscendo più a lavorare ininterrottamente per almeno quattro ore al giorno. Nel corso della sua carriera ha vinto numerosi premi letterari. Ha scritto diversi romanzi anche sotto lo pseudonimo di Richard Bachman.
Stephen King, “On writing”, Sperling & Kupfer, Milano, 2001. Traduzione di Tullio Dobner.
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