A quanto ho potuto constatare, “Un caso di ordinario coraggio” è l’unico libro di Pascale Roze tradotto in italiano. La scrittrice francese, nata a Saigon nel 1954, ha conquistato il prestigioso Premio Goncourt per “Le Chasseur Zéro”, suo romanzo d’esordio, nell’ormai lontano 1996 ma di lei non avevo mai sentito parlare. Eppure merita.
La lettura di “Un caso di ordinario coraggio” (titolo originale “Itsik”, anno 2008) è stata spontanea e continua, durata esattamente il tempo di un breve viaggio in treno. Le pagine scorrono docili e avvincenti, si arriva alla fine del romanzo senza quasi accorgersene.
L’incipit mi ha innamorata: “Due volte in vita sua Yitzhok provò l’emozione di dire la verità. La prima volta sgorgò da lui, lampante, come un grido del cuore. E si dimostrò efficace. La seconda volta, la balbettò. A parte questo fu un uomo silenzioso. Parlare, per lui, era come esagerare“.
Dopo un’apertura del genere, non potevo che lasciarmi conquistare dal racconto della vita di Yitzhok Gersztenfeld (detto Itsik), un ebreo nato a Varsavia nel 1904 e morto a soli 38 anni, come la Roze spiega fin da subito. Come e perché lo scopriremo per gradi.
Al pari di alcuni dei suoi fratelli e come molti altri ebrei di Varsavia, Yitzhok decide, seppur ancora giovanissimo, di lasciare il Paese. “Il bisogno di andarsene piombava addosso a tutti. Lo sapevano, vedendo partire zii e zie, fratelli e sorelle. Sapevano che sarebbe potuto accadere anche a loro“.
Yitzhok si innamora di una ragazza che vive proprio vicino alla casa di suo padre ciabattino. Lei si chiama Maryem e, più di tutti, vorrebbe andare via da quella miseria. Il suo sogno è Parigi. Anche per questo Yitzhok lascia Varsavia. A Berlino raggiunge suo fratello Yossel che ha fatto fortuna e gli insegna un lavoro. Poi decide di staccarsi da lui e dare un futuro al suo amore per Maryem. Lavora come minatore e raggiunge Parigi proprio dove fa arrivare la donna che ama.
Intanto in Europa per gli ebrei i tempi si fanno difficili. La Francia entra in guerra ed Yitzhok, divenuto anche padre di due bambini, sceglie di arruolarsi nonostante le preghiere di Maryem. La sua guerra, però, dura poco o nulla. Somiglia ad una farsa che lo costringe solo a vestirsi da soldato e a spostarsi in luoghi che non conosce. Nel 1941 la Francia firma un armistizio. “La morte di Yitzhok cominciò con un invito. Lo ricevette il 13 maggio 1941, di sera, su un foglio verde […] Yitzhok fu uno dei 3710 ebrei che si presentarono“. Vennero trasferiti tutti a Pithiviers. Ebrei prigionieri senza sapere perché, costretti all’inattività forzata, al frastuono, alla promiscuità di baracche e letti a castello.
Ad Yitzhok si presenta, qualche tempo dopo, l’opportunità di far visita a Maryem, ricoverata in ospedale. Un’occasione speciale in cui può rivedere sua moglie, i suoi bambini ma in cui ha anche la possibilità di scappare, di non tornare più a Pithiviers. Non rientrare nel campo, però, significa anche punire, per colpa del suo mancato rientro, i compagni di prigionia. Il dilemma si profila nella mente di un uomo onesto e silenzioso, la difficile decisione: meglio salvarsi dandosi alla fuga, condannando i suoi compagni ad una punizione severa, oppure rientrare a Pithiviers per il bene degli altri? Yitzhok vive la notte più difficile della sua vita: “Non dorme. Che cosa fanno i crucchi agli ebrei? Che cos’è, insomma, che i crucchi fanno agli ebrei? Naturalmente sa che Hitler ripete di volerli distruggere tutti. Ma intanto tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. E poi, Hitler non è solo. Non può dettare la sua legge al mondo. Se resisto senza farmi notare, potrò vedere la caduta di Hitler. Se invece passo nella zona libera, verrò forse riacciuffato, e avrò mancato alla mia parola“.
Edizione esaminata e brevi note
Pascale Roze è nata a Saigon, Vietnam, nel 1954. Suo padre era un ufficiale di Marina. Ha studiato in Francia. Dal 1983 al 1993 ha lavorato con il regista Gabriel Garran presso il Teatro de la Commune di Aubervilliers e presso il Teatro Internazionale in lingua francese. Ha pubblicato il suo primo libro, una raccolta di racconti, nel 1994. Due anni più tardi esordisce con il romanzo “Chasseur Zéro” conquistando il Premio Goncourt. Hanno fatto seguito vari altri testi, tra cui almeno due opere teatrali.
Pascale Roze, “Un caso di ordinario coraggio”, Guanda, Parma, 2011. Traduzione di Marcella Uberti-Bona.
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