Il convento del titolo è quello di Mafra, un edificio mastodontico che i portoghesi oggi chiamano Palácio Nacional. A gettare le fondamenta del gigantesco convento fu, nel 1713, re Giovanni V per tenere fede ad un voto, quello che gli permise di ingravidare, dopo diversi tentativi inutili, la regina Donna Maria Giuseppa, sua consorte. Un’impresa edificatoria che fa da cornice e sfondo ad un romanzo che è storico ma è anche sociale ed immaginifico.
Il Settecento portoghese è impresso in ogni pagina, negli elenchi di Santi, confraternite, processioni ed ordini religiosi, nelle descrizioni minuziose di città, genti, contrade, fiumi, navi e viaggi. Saramago si trasforma in una sorta di cantore alla cui voce è affidato il racconto di un’epoca fatta di sfarzi e ricchezze, provenienti soprattutto dalle Americhe e dalle Indie, ma caratterizzata anche dalle continue pressioni esercitate dalla Chiesa, dai suoi intrighi, dalle vessazioni degli inquisitori e dall’impotenza degli inquisiti. Tempo di ipocrisie ed arroganze che, nemmeno tanto pacatamente, lo scrittore deride e condanna.
Saramago non è affatto tenero con i religiosi e, grazie alla sua vena ironica, ci mostra retroscena e cattivi costumi del tempo che, con buona pace dei libri di Storia, vengono tralasciati e spesso nemmeno considerati quando si parla di cattolicesimo.
I personaggi che attraversano “Memoriale del convento” non sono soltanto i nobili portoghesi ma anche figure meno note, o semplicemente letterarie, come quella di Baltasar Mateus Sette-Soli, un ex soldato al quale la guerra ha tolto la mano sinistra lasciandogli in cambio un uncino, e della sua compagna Blimunda Sette-Lune, figura dagli straordinari poteri, figlia di una donna condannata per stregoneria e confinata in Angola.
Oltre alla realizzazione della grandiosa costruzione di Mafra, lo scrittore portoghese ci descrive l’impresa di Bartolomeu Lourenço de Gusmão detto il “Voador” che, nonostante sia pressoché sconosciuto ai più, è stato tra i primi a costruire una macchina per il volo, anticipando di diversi decenni gli esperimenti dei fratelli Montgolfier. Saramago modifica leggermente i tempi e inventa per padre Bartolomeu un “Uccellaccio” che, nella realtà dei fatti, non è mai esistito. Si tratta di uno straordinario marchingegno che, combinando sfere di ambra, luce solare e “volontà” riesce ad avvicinare gli uomini al cielo e al sole. Alla sua costruzione lavorano per parecchio tempo Baltasar e Blimunda, mentre il sacerdote-inventore cerca di portare avanti il suo percorso di studi e di perfezionamento rischiando, come ha rischiato davvero, l’accusa di eresia.
Nella storia entra a far parte, seppur solo marginalmente, anche il musicista italiano Domenico Scarlatti che, al tempo, era maestro di musica dell’infanta di Portogallo. Una figura minore che, però, serve a creare un affresco ancora più convincente e suggestivo dell’epoca in cui la storia è ambientata.
“Memoriale del convento” è stato pubblicato, per la prima volta, nel 1982 ed ha decretato il successo di José Saramago proiettandolo nell’Olimpo dei grandi scrittori europei e mondiali. E’ un libro complesso, affascinante e brillante. La scrittura sembra arrivare direttamente dal XVIII secolo: è piuttosto sofisticata e si snoda attraverso proposizioni interminabili, spesso inframmezzate da termini desueti o, quanto meno, dal sapore barocco. La lettura non è agevolissima e, probabilmente, qualcuno potrebbe trovarla faticosa ed astrusa. In realtà contiene dosi di poeticità notevoli che i meno allenati potrebbero temere. Le pagine sono pervase da una discorsività che, immancabilmente, si presenta lungo tutto il romanzo. Il narratore si rivolge costantemente al lettore facendo riferimenti a tempi ed eventi che devono ancora arrivare e che i personaggi, a differenza di chi parla e di chi legge, non possono o non potranno mai conoscere. Si genera così una complicità speciale tra la voce narrante e il lettore, una empatia che perdura nel corso del libro intero.
Non ho ancora letto molto di Saramago, ma sono certa di poter affermare che il “Memoriale del convento” è uno dei libri migliori che mi siano capitati sotto gli occhi.
Edizione esaminata e brevi note
José Saramago nacque ad Azinhaga, in Portogallo, nel 1922. Non riuscì a completare i suoi studi tecnici e, dopo alcune occupazioni saltuarie, riuscì a lavorare come direttore di produzione nel campo dell’editoria. Il suo primo romanzo è “Terra del peccato” risalente al 1947. Fu avversato dal regime dittatoriale del suo Paese per questo si iscrisse al partito comunista, dal quale uscì nel 1969. Negli anni ’60 fu apprezzato per il suo lavoro di critico letterario. Negli anni ’70 pubblicò varie raccolte di poesie oltre a racconti e romanzi. Il vero, grande successo arrivò solo nel 1982 grazie a “Memoriale del convento” a cui fanno seguito, negli anni a seguire, “L’anno della morte di Ricardo Reis”, “La zattera di pietra”, “Storia dell’assedio di Lisbona”, “Il vangelo secondo Gesù Cristo”, “Cecità”. Nel 1998 a Saramago venne assegnato il Premio Nobel per la Letteratura. Lo scrittore, poeta e critico si è spento a Tias, nelle Isole Canarie, il 18 giugno del 2010, dopo una lunga malattia. Il suo ultimo libro è “Caino”, uscito nel 2009.
José Saramago, “Memoriale del convento”, Feltrinelli, Milano, 2010. Traduzione di Rita Desti e Carmen R. Radulet. Con una nota all’edizione italiana di Rita Desti.
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