Grottesco: “delle figure che fanno ridere offendendo o contraffacendo la natura in maniera bizzarra“.
Sir Hugo Coal ci fa capire fin da subito di essere un uomo ormai ridotto allo stato vegetativo. Cosa sia accaduto al suo corpo, però, verremo a saperlo a tempo debito. Nel frattempo ci rendiamo conto che la sua mente e la sua lingua funzionano benissimo visto che sa intrattenerci raccontando molti altri accadimenti. In primis la sua smodata passione per le ossa: sir Hugo è un paleontologo dilettante ma è anche, o soprattutto, un ricco signore nato da una agiata famiglia inglese. Salta subito agli occhi che l’io narrante Hugo Coal sia provvisto di un carattere terribile. Arcigno, incontentabile, brontolone, cinico e perennemente intrattabile, per mere questioni d’umore o per opportune e pressanti atti di volontà. I suoi modi austeri e alquanto sprezzanti sono la legge di casa e di famiglia, fatta qualche minuscola eccezione nei confronti di sua figlia minore Cleo nei confronti della quale mostra impercettibili cedevolezze. Per il resto l’umanità ai suoi occhi è per lo più degna di disprezzo o indifferenza. Gli stessi sentimenti che mostra solitamente nei confronti di Harriet, la donna un po’ ingenua e abbondantemente conformista che ha sposato; per Fledge, il suo nuovo ed imperturbabile maggiordomo; per Doris, la moglie ubriacona di Fledge oltre che per Sidney, il fidanzato rammollito e un tantino insipido di Cleo. Insomma nessuno è esente dal suo occhio implacabile tranne, forse, George, il suo amico dai tempi degli scavi in Africa, ora giardiniere di casa ed allevatore di maiali della sua tenuta.
Le giornate di sir Hugo trascorrono per lo più dentro al fienile, al cospetto del suo antico Phlegmosaurus Carbonensis. La missione scientifica del paleontologo per diletto è quella di rivoluzionare la classificazione tassonomica dei dinosauri. In base alla sua teoria, infatti, i giganti preistorici ormai estinti andrebbero annoverati tra i dinosauria, i progenitori degli uccelli. Niente a che vedere coi rettili, in sostanza. Le sue ostinate certezze scientifiche vanno però in direzione opposta rispetto a quelle degli esperti di professione e, proprio per questo, destinate a ricevere l’approssimativa e canzonatoria attenzione di un solo membro della Royal Society.
Ma è in casa Coal che accadono eventi degni di nota perché un giorno, e senza una spiegazione razionale, il giovane Sidney scompare. Partito in bicicletta per postare una lettera, il fidanzato di Cleo viene apparentemente inghiottito dalle paludi del circondario. Il caso, come intuibile, si fa intricato fino ad assumere sfumature macabre, mente la narrazione non perde nulla del suo andamento umoristico e, per l’appunto, grottesco.
Sir Hugo, incatramato nella sua immobilità post-traumatica, ripercorre ogni singolo evento e ce lo riporta con dovizia di dettagli mescolando i fatti accaduti alle riflessioni compiute col senno di poi: “C’è una cosa che ho imparato da quando sono qui paralizzato, ovverosia che, in assenza di dati sensori, l’immaginazione tende sempre al grottesco“. Il signor Coal ripassa i singoli eventi culminati col suo stato fisico e ci spiega come il maggiordomo Fledge, a lui sempre stato piuttosto sgradito, venga ad assumere quel ruolo di grigio tramatore d’inganni nei confronti del quale sir Hugo, ormai ridotto allo stato vegetativo, non sa come opporre resistenza.
Scoprire cosa sia accaduto al nostro paleontologo e che fine abbia fatto Sidney diviene, quindi, un doppio giallo che intriga chi legge incollandolo alle pagine di “Grottesco”. D’altro canto il ruolo del lettore è di sicuro prestigio: è il solo a poter conoscere le considerazioni e le idee di un uomo che tutti considerano privo di qualsiasi attività cerebrale ma che, in realtà, ha conservato perfettamente le sue funzioni mentali ed immaginifiche. Il dubbio che la voce narrante e quindi la mente di sir Hugo sia del tutto stabile, ovviamente, è lecito. D’altro canto è lui stesso, in coscienza, a metterci sull’avviso: “La solitudine è una cosa terribile, perché lascia che l’immaginazione dipinga fin nei particolari quel che forse non andrebbe espresso mai“.
Il romanzo di McGrath si tinge sovente di tonalità umoristiche tipicamente british. Un libro leggero, brillante, bizzarro che non tralascia quel briciolo di ironia brutale che si abbina, per contrasto e per risalto, alle situazioni tragicomiche. La compassione (da “cum + pati”) che si prova nei confronti di sir Hugo è quella che possono suscitare tutti quegli esseri umani che non riescono a trovare ascolto, isolati nella “grotta delle proprie ossa”.
Edizione esaminata e brevi note
Patrick McGrath è nato a Londra nel 1950. E’ figlio di uno psichiatra criminale ed ha trascorso la sua infanzia presso il manicomio di Broadmoor, dove suo padre lavorava. Patrick si è avvicinato al mondo della letteratura anche se suo padre desiderava che seguisse le sue orme. E’ sposato con l’attrice, produttrice e regista Maria Aitken e vive tra New York e Londra. Il suo primo romanzo, “Grottesco”, è stato pubblicato nel 1989. Negli anni successivi sono arrivati: “Spider”, “Il morbo di Haggadar”, “Follia”, “Margha Peake”, “Port Mungo”, “Trauma”.
Patrick McGrath, “Grottesco”, Adelphi, Milano, 2003. Traduzione di Claudia Valeria Letizia.
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