“A settembre del 2014 lessi su un giornale italiano un trafiletto a proposito di Margot Wölk, l’ultima assaggiatrice di Hitler ancora in vita. Frau Wölk aveva sempre taciuto riguardo alla sua esperienza, ma all’età di novantasei anni aveva deciso di renderla pubblica. Il desiderio di fare ricerche su di lei e la sua vicenda fu immediato. Quando, qualche mese dopo, riuscii a trovare il suo indirizzo a Berlino, con l’intenzione di inviarle una lettera per chiederle un incontro, appresi che era morta da poco. Non avrei mai potuto parlarle, né raccontare la sua storia. Potevo però provare a scoprire perché mi avesse colpita tanto. Così ho scritto questo romanzo“. Nella Nota che accompagna e chiude “Le assaggiatrici”, Rosella Postorino spiega così l’origine del suo nuovo libro. Tutto è partito, dunque, dal racconto dall’anziana Margot che, solo in tarda età, ha deciso di parlare e rendere pubblico il suo ruolo di assaggiatrice di Hitler: il Führer temeva che i nemici (gli inglesi) potessero attentare alla sua vita avvelenando quel che mangiava quindi una quindicina di ragazze, dall’autunno del 1943 alla fine del 1944, vennero costrette ad assaggiare le pietanze a lui destinate. Un ruolo angosciante, una imposizione perversa. Il rischio per le assaggiatrici era micidiale poiché avrebbero potuto morire avvelenate al posto di Hitler.
La vicenda raccontata da Margot Wölk, tra le mani di Rosella Postorino, è divenuto un romanzo. La scrittrice calabrese ha tratto ispirazione dalla vita e dalla tragica e poco nota vicenda delle assaggiatrici per dare vita ad una storia ben intessuta, ben congegnata e scritta in maniera interessante. L’assaggiatrice che potremmo indicare come alter ego di Margot, nella storia, si chiama Rosa Sauer. È una giovane ex segretaria berlinese che, dopo aver perso la madre sotto i bombardamenti, sceglie di trasferirsi dai suoceri a Gross-Partsch, paese d’origine di Gregor, l’uomo che ha sposato e che è al fronte come molti altri connazionali. A tre chilometri da Gross-Partsch c’è il quartier generale di Rastenburg, uno dei bunker voluti da Hitler, mimetizzato tra le foreste della Prussia orientale (oggi Polonia). “La chiamavano Wolfsschanze, Tana del Lupo. Lupo era il suo soprannome. Sprovveduta come Cappuccetto Rosso, sono finita nella sua pancia. Una legione di cacciatori lo cercava. Pur di averlo in pugno, avrebbe fatto fuori anche me“.
Rosa finisce nel gruppo delle assaggiatrici per puro caso: è il sindaco di Gross-Partsch a segnalarla ai nazisti. Ogni giorno vengono a prelevarla e ogni giorno lei e altre nove donne dei paraggi devono mangiare quel che è previsto venga mangiato da Hitler. La fame, in tempo di guerra, è tanta. Fuori dalla Tana del Lupo non è facile trovare nulla ma per il Führer e per il suo appetito nevrotico tutto è disponibile. “All’inizio prendiamo bocconi misurati, come se non fossimo obbligate a ingoiare tutto, come se potessimo rifiutarlo, questo cibo, questo pranzo che non è destinato a noi, che ci spetta per caso, per caso siamo degne di partecipare alla sua mensa. Poi però scivola per l’esofago atterrando in quel buco nello stomaco, e più lo riempie più il buco si allarga, più stringiamo le forchette“. Da una parte la fame dovuta ai digiuni dei tempi di guerra, dall’altra cibo di ottima qualità ma potenzialmente mortale. Le donne sono costrette a mandar giù ciò che il cuoco di Hitler prepara e poi devono attendere che la digestione faccia il suo corso restando in attesa per un’ora, il tempo sufficiente a capire se quanto ingerito è avvelenato o meno.
Nonostante l’orrore e la spietatezza di tale costrizione, Rosa e le altre sembrano abituarsi presto al ruolo di assaggiatrici. E mi viene in mente una frase di Dostoevskij: “A tutto si abitua quel vigliacco che è l’uomo“. Perché abituarsi è una attitudine tipicamente umana, abituarsi significa non avere la forza di andare oltre, significa accomodarsi tra le pieghe della propria codardia. Rosa non può liberarsi dal ruolo di assaggiatrice quindi preferisce abituarsi. Così come si era abituata al nazismo, alle sue forzature, alle sue aggressioni, ai suoi metodi. Rosa non è nazista ma al nazismo non si oppone in nessun caso. È solo una tedesca qualunque, una cittadina come tante che si fa trascinare da ciò che vive, senza porsi troppe domande. Il regime partorisce continue ambiguità morali e in tali ambiguità molte persone come Rosa hanno vissuto, o sopravvissuto, nell’attesa di tempi migliori.
La Postorino ha saputo raccontare, tramite il personaggio di Rosa, un percorso umano molto complesso facendo luce su vicende storiche che in pochissimi, prima di adesso, hanno narrato. L’originalità de “Le assaggiatrici” sta sia nella scelta di un argomento storicamente poco noto, sia nell’averlo trattato in maniera tanto convincente ed appassionante. I monologhi della protagonista sono specchi in cui ritrovare parti di sé: la colpa, il desiderio, l’abbandono, la vergogna, la passione. È un romanzo potente, questo, un romanzo che è stato definito un “caso letterario” per il quale sono già pronte traduzioni all’estero e per il quale si intravede un successo importante. Sinceramente non so se sia un “caso”, so che “Le assaggiatrici” è una buonissima lettura ed è abbastanza.
Edizione esaminata e brevi note
Rosella Postorino è nata a Reggio Calabria nel 1978 ma è cresciuta in provincia di Imperia. Ha esordito con il racconto “In una capsula”, incluso nell’antologia “Ragazze che dovresti conoscere” (Einaudi Stile Libero, 2004). Successivamente ha pubblicato i romanzi “La stanza di sopra” (Neri Pozza, 2007; Premio Rapallo Carige Opera Prima); “L’estate che perdemmo Dio” (Einaudi Stile Libero, 2009; Premio Benedetto Croce e Premio speciale della giuria Cesare De Lollis) e “Il corpo docile” (Einaudi Stile Libero, 2013; Premio Penne). Poi la pièce teatrale “Tu (non) sei il tuo lavoro” (in Working for Paradise, Bompiani, 2009), “Il mare in salita” (Laterza, 2011); “Le assaggiatrici” (Feltrinelli, 2018). Rosella Postorino vive e lavora a Roma.
Rosella Postorino, “Le assaggiatrici“, Feltrinelli, Milano, 2018.
Pagine internet su Rosella Postorino: Wikipedia / Intervista (Mangialibri)
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