Cavina Cristiano

Scavare una buca

Pubblicato il: 8 Febbraio 2011

Nessun lavoro ammazza la gente. Ci sono le persone a farlo. E se non sono gli altri, lo fanno da sole. Questo mestiere non è peggio di un altro. E nemmeno meglio. Ma certi lavori sono diversi. Scavare una buca dentro una montagna è diverso”.
Coltivare una cava. Sembra un paradosso in termini. Eppure è così. La cava di gesso si coltiva come un pezzo di terra. Non ci sono aratri a scavare ma enormi perforatrici che penetrano in profondità e portano alla luce materiale sepolto da millenni. E’ questo il lavoro che svolge il protagonista del quinto romanzo di Cavina. Un uomo grande e grosso abituato alla fatica di un mestiere che in pochi cercano di fare. Abituato a portare tappi alle orecchie per proteggersi dal rumore e quasi assuefatto ad ascoltare le parole degli altri guardando i movimenti delle labbra. Un uomo che dice poco e che ama profondamente sua moglie e i suoi tre figli.

Ci sono poi il Necci e lo zio Jair, i veterani. Uomini temprati e duri, esattamente come la montagna che scavano da decenni. Fortunati, loro, perché la cava li ha lasciati vivi e liberi. Non come Edmeo che sotto la montagna ci ha rimesso due braccia e un bel pezzo di esistenza.

Quando poi, un giorno, tra i nuovi arrivati c’è anche Luciano, il figlio di Edmeo, tra gli operai nasce un po’ di disagio. In tempi in cui quasi nessuno può scegliersi un mestiere, quel giovane con un diploma da geometra, è spinto a tornare proprio nel luogo dove suo padre ha visto precipitarsi addosso un blocco di cemento.

Vorrebbe parlarne con il protagonista del romanzo (l’unico personaggio di cui non conosciamo il nome) ma lui sfugge, teme un confronto diretto con Luciano, sa di non potergli spiegare perché a suo padre sia accaduto quello che è accaduto e passa oltre, continua a guidare il suo gigantesco dumper Perlini e a trasportare dal fondo della cava tonnellate di materiale da trasformare in elegante cartongesso.

Sbagliare, in un mondo come questo, può essere fatale: “E non è perché siamo migliori degli altri. Solo ci piace fare le cose come devono essere fatte. Tutto il mondo è così, ma se vai di fretta o non ti piace quello che fai in un ufficio, al massimo pasticci una pratica, sbagli a spedire un ordine o ti addormenti davanti a un monitor. Ti viene un esaurimento dopo ventanni, ma nessuno ci fa caso, tanto stai per andare in pensione e sei un vecchio rimbambito come ce ne sono a milioni. Mentre se sbagli qui, il mondo ci mette un attimo a crollarti addosso”.

La polvere, però, si porta ovunque. Anche le parole ne risentono, i pensieri stessi si fanno cristallo e non si lasciano plasmare. Luciano viene mandato in Molise, proprio dove i “padroni”, gli stranieri che vivono all’estero e che in una cava non ci hanno mai nemmeno messo piede, hanno deciso di provare a scavare un nuovo bacino. Ma qualcosa, comunque, deve esser andato storto.

Una storia semplice, tutto sommato. Una storia di pochi uomini che coltivano una cava. Scavano una buca eppure si trovano a fare i conti con la sacralità di una potenza naturale e purissima che non si controlla e non si prevede. Un elogio dell’integrità di un lavoro fatto con impegno e dedizione, nonostante il sudore, il sacrificio e il pericolo. La descrizione di una frontiera mutevole ed invisibile, piazzata proprio dentro la terra, quasi al limite dell’inferno. Un inferno che probabilmente non c’è perché altrimenti uno di loro l’avrebbe trovato lì in fondo.

La scrittura di Cavina è dura ed essenziale, esattamente come il mondo di cui parla, fatto di significati impegnativi, ruvidi e particolarmente consistenti. C’è tutto il senso dell’arte di un mestiere, della delicatezza dell’amore paterno e del senso pieno di una famiglia che cresce senza temere troppo l’umiliazione o la stanchezza di una moglie che fa “un lavoro da albanese”.

Edizione esaminata e brevi note

Cristiano Cavina è nato a Casola Valsenio, provincia di Ravenna, nel 1974. E’ cresciuto insieme a sua madre e ai suoi nonni materni. Non ha mai amato studiare, ma ha sempre avuto una grande passione per la lettura. Il suo primo romanzo è stato pubblicato nel 2003 e si intitola “Alla grande”. Segue, nel 2005, il romanzo “Nel paese di Tolintesàc” grazie al quale Cavina viene conosciuto in tutta Italia. Nel 2006 pubblica “Un’ultima stagione da esordienti”, nel 2008 “I frutti dimenticati” e nel 2010 “Scavare una buca”. Tutti i libri di Cavina sono editi da Marcos Y Marcos.

Cristiano Cavina, “Scavare una buca“, Marcos Y Marcos, Milano, 2010.