Segre Cesare

Dieci prove di fantasia

Pubblicato il: 30 Dicembre 2010

Studiando materie letterarie all’università non si può sfuggire ai saggi di filologia o di critica letteraria di Cesare Segre, uno degli studiosi più importanti del nostro tempo. Meno facile è stato imbattersi nel Cesare Segre narratore che, in tutta onestà, ho scoperto quasi per caso e che, nemmeno tanto sorprendentemente, non ha nulla da invidiare al filologo e al critico. Anzi, tale rivelazione mi ha permesso di conoscere alcuni valori aggiunti del famoso esperto: l’ironia, il divertissement, l’estro narrativo.

“Dieci prove di fantasia” sono dieci finzioni letterarie, dieci narrazioni alternative, dieci possibilità immaginifiche ma anche qualcosa in più. Perché dentro o dietro ogni storia si può individuare un percorso di studio, un approfondimento che va ben oltre la semplice analisi metodica e razionale di un testo letterario. C’è il culto per la leggenda, il senso della storia, l’attenzione all’aspetto introspettivo e psicologico di personaggi che abbiamo conosciuto grazie a grandi opere o a grandi imprese e che, in qualche caso, di quelle opere o quelle imprese, sono stati artefici.

Il primo della serie è Gano, il celeberrimo traditore de “La chanson de Roland”. Ci dice che attende di essere squartato il mattino successivo, così come stabilito dalla condanna inflittagli da Carlo Magno. Gano incarna da secoli la figura del traditore eppure ascoltandolo parlare, si ha di fronte una persona molto diversa, un uomo che si è sentito oltraggiato dal figliastro Rolando, un giovane che descrive come arrogante e tracotante ,costantemente impegnato a fare la figura dell’eroe. Gano è molto concreto: “Grazie a me, a Carlomagno è gettata la voglia di gettarsi in imprese inutili: questo agosto 778 resterà famoso nei secoli. Grazie a me, Rolando è morto, e con lui la concezione espansionistica del potere imperiale”.

La Isotta che Segre fa parlare, invece, ha molto delle ragazze contemporanee. Un po’ ribelle, un po’ anticonvenzionale e sicuramente piuttosto intraprendente. Il suo linguaggio è schietto e i suoi pensieri quasi osceni. Una figura molto divertente che si distacca un bel po’ da quella del mito che la lega a Tristano.

La voce di quello che sembra un cantastorie, invece, ci racconta la storia di Soremonda, moglie del barone Raimon di Castel Rossillon, e del trovatore catalano Guillem de Cabestanh. I resti dei due amanti sono vicini, in una antica tomba, morti in maniera terribile entrambi: “l’uomo col capo staccato dal busto, la donna con lo scheletro sfondato da una spaventosa caduta”. Gli storici dicono che i protagonisti della vicenda non sarebbero stati realmente ciò che la leggenda spiega, sta al lettore scegliere la versione più affascinante e credibile.

Cunizza da Romano ispira immensa simpatia. La sua ironia la porta a criticare “quel mattacchione di Dante Alighieri” che l’ha persino collocata in Paradiso, nientemeno che nel cielo di Venere. Ha fama di scostumata, Cunizza, il cui nome si lega a quello del trovatore Sordello da Goito. Ma “Dante nel fare di me una santarella non era proprio disinteressato” e così Cunizza si è ritrovata in cielo e quasi quasi invidia Paolo e Francesca che, pur perennemente tormentati dalla bufera infernale, possono stare insieme, al contrario di lei e Sordello.

Troviamo poi un’amante di Vittorio Alfieri, a lui comunque infedele, e Monsieur Bovary il quale, dopo attenta disamina, conferma di aver amato profondamente la sua Emma checché ne scriva Flaubert, “figlio viziato di un barone della medicina [] puttaniere e frequentatore di bordelli nostrani ed esotici”. Ci imbattiamo, a seguire, in Guiomar, la donna amata dal grande poeta Machado che, in verità, si chiamava Pilar e, a conti fatti, sembra una sordida profittatrice oltre che signora dall’atteggiamento un tantino scorretto e calcolatore. L’ottava “fantasia” di Segre non fa nomi ma viene naturale riconoscere in quelle righe la figura e la fine di Cesare Pavese.

Gli ultimi due testi, invece, sono interviste impossibili: la prima a Giulio Cesare, la seconda a Marie Le Jars de Gournay, figlia adottiva di Montaigne.

Le “Dieci prove di fantasia” somigliano, per certi versi, a una raffinata raccolta di pettegolezzi letterari e leggendari, ma sanno anche offrire un punto di vista tutto nuovo per osservare storie e figure notissime della letteratura dei secoli passati e dei tempi più recenti.

Edizione esaminata e brevi note

Cesare Segre è nato a Verzuolo (Cuneo) nel 1929. Ha studiato a Torino e si è laureato nel 1950. Ha insegnato Filologia Romanza presso alcune Università italiane e straniere. Ha collaborato e collabora con numerose riviste di filologia e di critica letteraria, insegna presso l’Ateneo di Pavia e dirige il Centro di Ricerca su Testi e tradizioni testuali dello Iuss di Pavia.

Cesare Segre, “Dieci prove di fantasia”, Einaudi, Torino, 2010.