“I medici dicono che è un problema generazionale. Alcune generazioni guardando il mare vedono Dio, altre sentono musica sinfonica, fughe di Bach, altre ancora vedono una donna, Afrodite, l’infinito, l’eternità, il nirvana e altre sciocchezze poetiche. La generazione spinta su questo mondo all’incirca negli anni sessanta, anche se il tempo non ha un significato particolare, non vede nulla. Io appartengo a questa generazione. Alla generazione che non ha segni particolari, alla generazione che è quasi senza tratti distintivi. Alla generazione che è arrivata troppo tardi per diventare hippy, a cui la musica dei Beatles sembrava eccessivamente dolce ed era già cresciuta troppo per assorbire le idee dei punk, mentre i Sex Pistols le ricordavano un rumore fastidioso“.
Robertas, palese alter ego di Parulskis, voce narrante e protagonista di “Tre secondi di cielo”, è un lituano. La Lituania è stata la prima repubblica sovietica a dichiarare la propria indipendenza, ufficialmente riconosciuta nel 1991. Prima di allora, però, il Paese faceva parte dell’URSS e Robertas, come altri ragazzi (come lo stesso Parulskis), è stato chiamato per il biennio di leva obbligatoria nell’Armata Rossa. Il suo è stato l’ultimo contingente prima dell’indipendenza.
Il romanzo di Parulskis, il primo della sua carriera di poeta e drammaturgo, è uscito in Lituania nel 2002 ed è divenuto un’opera di culto, letta ed amata soprattutto dai giovani. Il motivo è semplice: “Tre secondi di cielo” ha tutta la forza, la radicalità, il fascino di un’opera “maledetta”. Robertas è un ex paracadutista, un giovane che si ritrova a dover fare i conti con una realtà che non lo soccorre e con un passato militare che lo ha imbarbarito e spezzato. In quei tre secondi si concentra un’intera esistenza e forse qualcosa in più. Perché sono quei tre secondi che serve saper contare prima di strappare l’anello ed aprire il paracadute. “Si deve contare con numeri a tre cifre, piatsot adin, piatsot dva, piatsot tri [cinquecentouno, cinquecentodue, cinquecentotre], e solo allora strappare“.
Il libro è l’accavallarsi scomposto e frammentato dei ricordi di Robertas, miscuglio annebbiato ma eloquente di una vita che non ha ancora trovato la sua ragione. Alcol, donne (dal Catalogo) e voli col paracadute. E poi c’è l’amore per Maria, la ragazza coi capelli rossi e il volto da volpe. Colei che ama le chiese e le loro cupole. Quelle cupole che somigliano ad un paracadute, ma che non contengono lo stesso cielo: “Le cupole delle chiese portano al cielo, verso il quale si dovrebbero indirizzare tutti i pensieri e i sentimenti, la cupola del paracadute è il cielo stesso, un cielo di seta bianca di ottantatré metri quadrati, che scende sempre a terra perché è un’invenzione della gravità della terra, e non di quella del cielo. Ammesso anche che le chiese siano scese dal cielo, il paracadute non è una chiesa“.
Ma Maria è anche la ragazza che ama Robertas come essere umano e non come uomo. Un tormento. E allora l’amata diventa il paracadute stesso ma, come le donne, anche i paracadute possono non essere fedeli.
La narrazione è serrata e tagliente, si sviluppa in capitoli anche piuttosto brevi, 38 in tutto. E ci sono immagini che ricorrono, pensieri che si sovrappongono, parole che si conficcano come spietate sentenze o che si perdono in infinite sequele di flashback. Anche dopo, al ritorno dal mondo militare che non ha lesinato sofferenze, sopraffazioni e sbronze, per Robertas la vita non ha molto altro da concedere. C’è solitudine, disillusione, sconforto. Un Paese che sta mutando per somigliare a chissà cosa. Una generazione, la sua, che non ha una filosofia o ha evitato di averla “e questo vuoto teorico nella pratica viene riempito dall‘alcol. […] Appartengo alla generazione più russificata, più ingannata, più nutrita di ateismo, più ingenua e insieme propensa a non credere a niente. […] Anche se ha partecipato a un repentino cambiamento sociale e politico, anche se ha vissuto durante la maturità una svolta incredibile, è rimasta com‘era, propensa a non credere, piena di dubbi, sfaticata e senza alcun entusiasmo, e guarda il mare non con un sorriso da buddista, ma con un vuoto da idiota negli occhi e non ci vede nient‘altro che schiuma“.
Edizione esaminata e brevi note
Sigitas Parulskis è nato ad Obeliai, Lituania, nel 1965. Si è laureato presso la Facoltà di Lingua e Letteratura Lituana dell’Università di Vilnius. Ha lavorato come redattore per alcuni periodici e quotidiani del suo Paese (Literatūra ir menas, Lietuvos aidas, Lietuvos rytas, Šiaurės Atėnai). E’ docente di scrittura creativa presso l’Ateneo della capitale lituana ed è un poeta, critico, saggista e drammaturgo tra i più amati ed apprezzati. Scrittore attento, esigente, ironico e dissacrante. Le sue opere sono state tradotte in svariate lingue. In Italia ISBN, nel 2005, ha pubblicato “Tre secondi di cielo. Sappiamo come uccidere non come vivere”.
Sigitas Parulskis, “Tre secondi di cielo. Sappiamo come uccidere non come vivere”, ISBN, Milano, 2005. Traduzione di Birute Zindziute Michelini.
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