Non parlerò del libro “An Education”, che non ho letto, né del film “An Education”, che non ho visto. Parlerò del racconto “An Education”. Quel racconto che nel 2003 la giornalista Lynn Barber ha pubblicato sulla rivista inglese “Granta” dal quale, nel 2009, è stato tratto l’omonimo film diretto da Lone Sherfig e sceneggiato da Nick Hornby. Sul numero 835 (26 febbraio-4 marzo 2010) della rivista “Internazionale” ho avuto modo di leggere la traduzione in italiano, curata da Diana Corsini, dell’originario racconto, il nucleo del libro che Lynn Barber, evidentemente sulla scia della versione cinematografica che è stata tratta dal suo lavoro, ha (ri)scritto e pubblicato nel giugno 2009 per la casa editrice britannica Penguin.
La vicenda di “An Education” è autobiografica. La storia raccontata, infatti, è stata vissuta in prima persona dalla scrittrice la quale, in questa pagina del sito di “Granta”, spiega la genesi della sua novella: nel 2002 stava parlando con un suo amico e le sono riaffiorati dei ricordi legati ad un fidanzato avuto ai tempi della scuola. Lynn confessa di essersi sorpresa del fatto che quella fase della sua vita fosse come sepolta e dimenticata ma, dopo aver recuperato quel ricordo di quaranta anni prima, ha deciso di scriverne ed ha poi spedito il tutto al suo amico Ian Jack. Lui le aveva chiesto qualcosa sul birdwatching, la passione della Barber, e si è ritrovato tra le mani un racconto vero e proprio. Lo ha pubblicato comunque sulla rivista e dopo qualche tempo la scrittrice è stata contattata da una produttrice cinematografica decisa a trarre un film da “An Education”.
L’incipit è diretto: “Conobbi Simon Goldman nel 1960. Io avevo 16 anni e lui – a suo dire – ventisette. Probabilmente era più vicino ai quaranta”. Con due semplici frasi la scrittrice ci proietta immediatamente in un tempo preciso e ci mette di fronte ad una situazione conclamata, senza dimenticare quel tocco d’ironia che lascia immediatamente intendere che a parlare è la stessa donna con una età e una coscienza molto diverse.
La vicenda in sé, oggettivamente, non presenta nulla di particolarmente originale: un uomo più grande che corteggia e seduce una ragazzina di 16 anni. Simon è gentile ma pieno di misteri, lei, la ragazzina, è molto presa dai suoi studi, dalla compagnia teatrale, dagli esami scolastici ed evita accuratamente di fare domande troppo personali all’uomo. “Simon era bravissimo ad eludere le domande, ma non gli capitava spesso perché io non gliene facevo mai. A ripensarci, è incredibile fino a che punto non gliene facessi. Tutta colpa di Albert Camus. Istintivamente avrei bombardato tutti di domande su ogni dettaglio della loro vita, ma quando conobbi Simon ero appena diventata un’esistenzialista e una delle regole dell’esistenzialismo era che non si dovevano mai fare domande. Se ne facevi eri ingenua e borghese, se non ne facevi eri sofisticata e francese. Io morivo dalla voglia di essere sofisticata”.
I genitori della ragazza, di solito molto attenti e severi, lasciano che Simon esca con lei senza obiettare, tra lo stupore della stessa studentessa che stenta a credere a tanta generosità. Iniziano le cene fuori e i viaggi all’estero. Simon ostenta sicurezza, agiatezza, savoir faire e fascino. Ovviamente nessuno riesce a capire cosa faccia nella vita quest’uomo che si definisce “imprenditore immobiliare”. La relazione tra i due procede un po’ per abitudine, un po’ per convenienza. “… c’era una ragione impellente per restare con Simon: ero innamorata. Non di Simon, ovviamente, ma del suo socio in affari, Danny, e della sua ragazza Helen. Li amavo entrambi.”
Gli eventi si susseguono velocemente. Simon chiede alla giovane di sposarlo. Questo significa l’addio ad Oxford e a tutti i progetti di studio e di vita predisposti fino ad allora. Riferita la notizia ai genitori la ragazza è esterrefatta dalla loro tranquilla accettazione, suggellata dalla madre: “Non c’è bisogno che tu faccia l’università se hai un buon marito”.
La studentessa, sentendosi tradita ed abbandonata dai suoi genitori, accetta la proposta di matrimonio. Pochi giorni più tardi però, frugando nella lussuosa auto di Simon, la ragazza scova delle lettere che, per la prima volta, le rivelano il cognome di Simon e il suo indirizzo. Le ba quindi un elenco telefonico e una chiamata: l’ingenua studentessa scopre la vera identità dell’uomo che stava per sposare.
Un “racconto di formazione”, potremmo dire. E’ la stessa scrittrice, al termine della storia, ad indicarci la morale: Simon, in due anni, le ha dato un’educazione. Le ha permesso di viaggiare e conoscere, di scoprire gli aspetti più raffinati e sofisticati del mondo aprendole nuovi orizzonti. Ma Simon le ha impartito anche insegnamenti che, probabilmente, lei avrebbe preferito non acquisire: la diffidenza nei confronti degli altri, la sfiducia nelle parole, l’evenienza di una vita ridotta alla falsità. Lezioni che l’hanno trasformata in una persona sospettosa, prudente ed egoista.
“An Education” è un racconto brillante, agile, accattivante. Scritto in maniera sciolta ed infarcito di sferzate ironiche. Una lettura molto gradevole che occupa forse un quarto d’ora. Non mi sorprende che qualcuno sia rimasto colpito tanto da voler trasformare in un film questa vicenda. Mi auguro solo che la pellicola sia capace di trasmettere la stessa scintillante immediatezza, la stessa allegra spontaneità e lo stesso amaro sarcasmo che ho trovato in questo racconto.
An Education (testo originale del racconto in lingua inglese)
Edizione esaminata e brevi note
Lynn Barber è una giornalista britannica nata nel 1944. Ha lavorato per numerose e prestigiose riviste: Penthouse, Sunday Express, The Independent on Sunday, Vanity Fair, The Sunday Times, The Daily Telegraph e The Observer.
Follow Us