Il primo capitolo di “Via Katalin”, intitolato “Luoghi”, è stato per me piuttosto faticoso ed impenetrabile. Fin quasi da indurmi a rinunciare a proseguire la lettura. Ma amo la Szabò. Ho letto altri suoi due romanzi ed ho provato ad andare avanti ugualmente. Scelta azzeccata. Ho seguito la vicenda con maggiore passione ed accortezza, per poi tornare, una volta finito, al capitolo iniziale. L’ho riletto ed ho scoperto l’incanto di quelle pagine inizialmente tanto ostili.
Si parte da un presente (fine anni ’60) in cui tutto è già avvenuto. In cui tutto sembra investito da una polvere stanca e da una rassegnazione spenta. Troviamo la famiglia Elekes nel nuovo appartamento di Pest dove vive l’anziano signor Elekes, ormai cieco, sua moglie, perennemente affaccendata, la figlia Irén con Bálint e la piccola Kinga.
La loro vita, un tempo, era profondamente diversa. La loro vita, un tempo, era in Via Katalin. Tre case contigue e tre famiglie: gli stessi Elekes, gli Held e i Bíró. Sono gli anni ’30, gli Held arrivano dalla Germania. Con loro c’è la figlia, la piccola Henriett, bimba timida ed introversa. In Via Katalin, Henriett conosce le due sorelline Elekes, Irén e Blanka, ed il figlio del Maggiore Bíró, Bálint.
Un’infanzia fatta di giochi e scoperte, col tempo che matura il carattere di ognuno dei quattro bambini. La Szabó descrive con minuzia la personalità di ogni singolo personaggio. La sua indole, la sua natura più profonda. Fa parlare e pensare ognuno di loro e, alla fine, ci sembrerà di aver conosciuto personalmente Irén, Blanka, Henriett e Bálint.
Irén è inflessibile, affidabile, attenta, costante e studiosa. Blanka, invece, è smemorata, distratta, perennemente in colpa, ma generosa ed altruista. Henriett è riservata, patisce gli imbarazzi, non ama essere al centro dell’attenzione, si muove in silenzio. Bálint è l’unico maschio, forte, determinato e sicuro di sé.
Fin da subito si intuisce che tra Irén e Bálint ci sarà una storia d’amore. Ma le direzioni della vita, seppur già quasi tracciate, non sempre procedono in modo puntuale e programmato. Spesso la Storia si intromette e scompagina propositi e promesse. La Guerra arriva anche in Via Katalin. Gli Held, ebrei, sono catturati e di loro si perdono subito le tracce. Henriett si nasconde per qualche tempo nella casa del Maggiore, ma il destino ha in serbo per lei una morte precoce. La ragazza, a soli 16 anni, viene uccisa da un soldato mentre tenta di fuggire nel giardino della sua stessa casa. Ed è Bálint a trovare il corpo. Una morte che sconvolge la vita di tutti. L’evento che rappresenta l’acme tragico della vicenda, punto di svolta e di rottura.
L’esistenza di ognuno dei personaggi procede in una direzione che, probabilmente, nessuno di loro avrebbe immaginato, riducendosi quasi ad uno stato di assuefazione e remissione al vivere. Bálint è costretto ad allontanarsi da Pest, Blanka viene cacciata di casa da suo padre, Irén sposa un uomo che non ama. Quel copione che sembrava già scritto, dunque, dopo la morte di Henriett, viene ad essere stravolto e dimenticato.
Ma la Szabó non cancella Henriett con la sua morte, anzi. La ritroviamo, infatti, in mezzo ai suoi amici e ai suoi amati vicini di casa, in Via Katalin. Una ragazza che nessuno riesce più a riconoscere, incastrata in una dimensione tra il mondo dei morti e quello dei vivi: “Non tutti riuscivano a tornare nel proprio mondo e chi non ce la faceva si arrabbiava con quelli che vi si recavano in visita ogni volta che volevano”.
Henriett segue ogni evento della vita dei suoi vecchi amici e conosce la verità sulla loro sorte. Uno spirito che custodisce ed ama come farebbe un angelo. E’ evidente che la Szabó è molto affezionata a questo personaggio a cui affida un ruolo speciale: “Ormai sapevano che la differenza tra i morti e i vivi è solo qualitativa, non conta granché, e sapevano anche che a ciascuno tocca un solo essere umano da invocare nell’istante della morte”.
I dialoghi in “Via Katalin” sono molto rari. La narrazione passa da una voce all’altra, come in un continuo scambio corale. Leggere, di volta in volta, le impressioni e le riflessioni di ognuno dei personaggi è come entrare, di volta in volta, dentro un’anima differente e riconoscerla a prima vista.
Lascia un po’ d’amarezza, “Via Katalin”. Una sensazione di disfatta dovuta alla consapevolezza che le certezze non ci sono e non si lasciano nemmeno conquistare. Il destino procede sempre in maniera arbitraria donando alle persone spazi d’azione o di scelta ristrettissimi. I sogni non si realizzano di frequente, anzi la loro disgregazione lascia dentro un’infinita nostalgia che né il tempo, né altri accadimenti possono demolire o tradurre in motivi sufficientemente validi.
Questo romanzo, a quanto pare, è stato tra i più amati dalla Szabó. Lo aveva pubblicato nel 1969 e, anche in questo caso, per arrivare ad una traduzione italiana abbiamo atteso ben trenta anni.
Edizione esaminata e brevi note
Magda Szabò è nata in a Debrecen, in Ungheria, il 5 ottobre del 1917. E’ morta a Kerepes, sempre in Ungheria, il 9 novembre 2007. E’ considerata una delle più importanti e talentuose scrittrici ungheresi contemporanee. Pur essendo autrice di molti romanzi, raccolte di poesie, saggi, opere teatrali e sceneggiature, in Italia è ancora, inspiegabilmente, poco nota. Di lei, oltre a “La porta”, nella collana Einaudi, possiamo trovare “La ballata di Iza” e “Via Katalin”. La casa editrice Anfora ha pubblicato alcune favole e, negli anni ’60, Feltrinelli aveva pubblicato “L’altra Ester”, successivamente riproposta anche da Einaudi.
Magda Szabó, “Via Katalin”, Einaudi, Torino, 2009. Traduzione di Bruno Ventavoli.
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