Sottotitolo: “il romanzo dello shahid”. Il termine arabo “shahid” significa, letteralmente, “testimone” ma, per estensione, “shahid” è colui che combatte la jihad, guerra santa musulmana e, quindi, una persona che arriva a sacrificare anche la propria vita in nome della fede.
Lo shahid del libro di Zarmandili, di cui, nell’arco della storia, non viene mai proferito il nome, è un giovane che ha accettato di indossare una cintura esplosiva e di farsi saltare in aria per colpire spietatamente il “cuore del Nemico”. Il piano terroristico è orchestrato da persone molto importanti che conosce appena. Sa solo qual è il suo compito: obbedire a quanto gli viene comandato, raggiungere il luogo prestabilito e mettere fine alla sua esistenza e, con essa, al senso di solitudine e di inadeguatezza che lo tormenta da tempo. Esattamente da quando la sua famiglia e la sua casa in Afghanistan sono state distrutte da un bombardamento aereo. Lui, lo shahid, è l’unico sopravvissuto. Era solo un bambino al tempo, si era nascosto in un tubo di cemento e, dopo l’esplosione, si era ritrovato solo e muto. Accolto prima in un campo profughi e arruolato poco dopo per la jihad poiché taciturno, serio ed affidabile.
Si deve attendere che i tempi siano maturi, quindi lo shahid viene lasciato, come una cellula dormiente, su una anonima e minuscola isola italiana in attesa di essere trasferito nel luogo dell’attentato. L’isola è tranquilla, abitata da pochi pescatori, ma anche da Anna e Sebastiano. Non sono padre e figlia, ma è come se lo fossero. Accolgono lo straniero nella loro locanda. Hanno lingue diverse ma per Anna non è un problema. Quel giovane introverso e dai modi gentili l’affascina da subito. Nasce così l’amore. Il mite shahid, che nella sua vita non ha mai osato sfiorare una donna, prova emozioni e sentimenti sconosciuti. Ama Anna. Sa che l’amerà per sempre, sa che quella ragazza bella a bruna lo farà sentire più forte e pronto a portare a termine la sua missione suicida.
Anna presto prende coscienza di quale sia la ragione per cui il ragazzo che ama è arrivato sull’isola. E agisce affinché lui non venga allontanato da lei, diventando così l’eroina della storia.
Il cuore del romanzo è, indubbiamente, la storia d’amore. Quella misteriosa forza che avvicina creature apparentemente tanto distanti. Figli di culture diverse Anna e lo shahid, eppure avvicinati da solitudini parallele. Non sanno parlare una lingua comune, ma scoprono di appartenersi comunque.
Zarmandili ha voluto però anche introdurci nell’anima di in un mondo che pensiamo di conoscere ma di cui, probabilmente, sappiamo pochissimo. Lo shahid è un ragazzo tormentato e vittima. Non ha mai superato lo choc della morte della sua famiglia ed è stato facilmente coinvolto in un progetto di morte. E’ un giovane malato, la sua psiche e la sua anima sono state guastate da una guerra e dalla sua brutalità. Eppure, nel mondo da cui proviene, nessuno considera queste delle malattie. Sono eventi della vita del tutto normali perché talmente comuni e diffusi da apparire logici.
Nella storia c’è anche spazio per l’azione e l’intrigo. Una porzione minima e probabilmente funzionale alla vicenda. La scrittura di Zarmandili è lineare e aperta. Un libro chiaro e comprensibile. Narrativa pura, nessun preziosismo particolare, nessun eccesso. Un linguaggio sobrio che conosce la misura delle parole e la loro essenzialità.
Edizione esaminata e brevi note
Bijan Zarmandili è nato a Teheran ma vive in Italia, a Roma, dal 1960. Per molti anni è stato tra i dirigenti della sinistra iraniana in esilio. E’ un giornalista piuttosto affermato, ma anche scrittore ed esperto di politica medio-orientale. Per Feltrinelli ha pubblicato “L’estate è crudele”, libro che si è aggiudicato il Premio Isola d’Elba e il Premio Vittorini nel 2007, e “La grande casa di Monirrieh”, romanzo di debutto, nel 2004.
Bijan Zarmandili, “Il cuore del nemico”, Cooper, Roma, 2009.
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