Odori, rumori, colori, sapori: sensazioni che trapassano le pagine e raggiungono chi legge. C’è tutta la lucentezza di Napoli, tutto il bagliore del suo cielo e il caotico formicolio dei vicoli, del porto, delle piazze con gli odori dei mercati, del pesce, della frutta e della gente. Un quadro complesso e vertiginoso come le opere pittoriche del settecento. Perché è proprio nel settecento napoletano che Striano ci conduce, accanto alla figura di Eleonora Pimentel Fonseca, detta Lenòr. Nobildonna di origini portoghesi giunta in Italia da bambina, assieme alla sua famiglia; approdata a Napoli dopo un brevissimo soggiorno romano. Eleonora fa di Napoli la sua città e ne vive con passione e trepidazione le vicende politiche e sociali che porteranno alla rivoluzione del 1799 con la quale venne instaurata, seppur per pochissimo tempo, la Repubblica Napoletana.
Lenòr è una giovane curiosa, colta, intelligente, scrive versi e legge gli autori più importanti del tempo. Frequenta i salotti della Napoli del tempo. Conosce i maggiori esponenti della cultura cittadina dell’epoca: Cuoco, Pagano, Genovesi, Filangieri, Cimarosa. Intrattiene una corrispondenza con Metastasio. Come i suoi amici intellettuali assorbe le dottrine illuministiche provenienti dalla Francia. Striano ripercorre la vita privata e culturale di Eleonora Pimentel Fonseca con attenzione e metodo. La componente storica de “Il resto di niente” è fondamentale, ma ad essa si aggiunge anche la voce di Lenòr che è comunque una donna ed è, soprattutto, una donna fuori dall’ordinario. Perché ha studiato, perché scrive, perché combatte, perché dirige un giornale (Il Monitore Napoletano). Nel settecento, a Napoli, tutto ciò è assolutamente rivoluzionario e va contro i principi più tradizionali.
Eppure Lenòr è stata anche moglie e madre. Un marito volgare e lontanissimo dal suo mondo, sposato quasi per prassi; un figlio, Francesco, amatissimo e perduto dopo pochissimo tempo. Un’esperienza familiare che si chiude dopo qualche anno e che vede tornare Eleonora Pimentel Fonseca alla sua vita di impegni artistici, politici e di lotta.
La Rivoluzione Francese rappresenta l’evento più importante di quegli anni. Molti dei giovani intellettuali e nobili napoletani individuano nei principi rivoluzionari un punto di partenza per poter cambiare anche la storia del Regno delle Due Sicilie. Il sogno prende forma, la volontà è quella di fondare una Repubblica libera e di cacciare per sempre il re. E Lenòr lavora e rischia tutto per raggiungere l’obiettivo.
“Il resto di niente” è un’espressione napoletana che scandisce la vita di Eleonora, ‘o riesto ‘e niente. Cosa rimane dopo il niente? Nient’altro che altro niente. La rappresentazione amara e semplice di una sconfitta, di una perdizione. L’epilogo nullo che Lenòr ha visto definirsi in tanti momenti della sua vita, azzerando speranze e desideri. Un piccolo pensiero è corso, inevitabile, allo spirito esistenzialista di un Sartre, ad esempio. Nessun fatalismo, sia chiaro. Solo la constatazione di un niente che domina e ritorna, beffardamente ed ostinato.
Una scrittura intensa e coinvolgente, quella di Striano. Romanzo costellato da dialoghi in francese, portoghese, napoletano oltre a citazioni latine, spagnole e tedesche. Frutti di un ricercato e prezioso lavoro da parte dell’autore. Ne “Il resto di niente” i dialoghi divengono varietà e verità, senza mai precipitare nel “pasticcio” linguistico. Le parole come specchio di un’epoca, di una città che era (ed è) soprattutto mescolanza, contraddittorietà, paradosso. Una Napoli settecentesca che, prima di Striano, in un modo tanto diretto e nitido non era mai stata raccontata. E’ una storia avvincente, un libro che diventa più di un affresco perché presenta maggior forza, maggior ragione. Non è solo uno schizzo tratteggiato, “Il resto di niente” ha tutta l’incisività e la maestria di un capolavoro. Un libro che, evidentemente, è stato scritto con infinita passione e non può che essere letto con altrettanto amore.
Edizione esaminata e brevi note
Enzo Striano è nato a Napoli nel 1927. Laureato in Lettere presso l’Università Federico II, ha iniziato, verso la fine degli anni ’40, a scrivere per alcuni giornali e quotidiani. Striano si iscrisse al Partito Comunista e, fino al 1957, ha lavorato nella redazione napoletana de L’Unità, ma negli anni ’60 inizia una fase di delusione politica che lo porta a dedicarsi con maggior attenzione all’insegnamento. Il suo romanzo-capolavoro è “Il resto di niente”, terminato già nel 1982, ma pubblicato solo nel 1986. Prima de “Il resto di niente”, Striano aveva scritto “I giochi degli eroi” (1974), “Il delizioso giardino” (1975), “Indecenze di Sorcier” (1978). Enzo Striano è morto il 26 giugno del 1987.
Enzo Striano, “Il resto di niente”, Mondadori, Milano, 2005.
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