Il romanzo breve “La signorina Else” è del 1924. Non si tratta di un dettaglio trascurabile perché ciò che più colpisce di questo testo è la sua forte modernità. Non faccio riferimento alla vicenda narrata che, tutto sommato, non è particolarmente originale, ma alla tecnica che l’autore ha utilizzato: il flusso di coscienza.
Il romanzo non è altro che il monologo interiore di Else, un getto ininterrotto di pensieri, un viaggio affascinante, e a tratti caotico, nella mente di una giovane borghese degli inizi del ‘900 (durante la Belle époque) che, in vari momenti, somiglia alla mente di una qualsiasi adolescente di oggi. Con le sue contraddizioni, i suoi desideri, la sua arroganza, la sua fragilità.
Else ha diciannove anni, appartiene a una buona famiglia viennese di origini ebraiche, ed è una ragazza particolarmente carina (ce lo ripete in continuazione lei stessa!). La vicenda si svolge durante un 3 settembre a San Martino di Castrozza che, fino al 1918, è ancora parte dell’Impero Austro-Ungarico. Else è in vacanza nella famosa località alpina insieme alla zia Emma e a suo cugino Paul per il quale nutre sentimenti contrastanti: in alcuni frangenti ne sembra attratta e gelosa, in altri sembra essere infastidita persino dalla sua presenza.
Else, come tutte le ragazze di buona famiglia, non sa fare nulla perché l’unico obiettivo per lei, e per quelle come lei, è trovare un marito. La sua preparazione si limita alle lezioni di pianoforte o di francese ma null’altro le è stato insegnato. Non ci sono molte prospettive per cui il futuro di Else è necessariamente legato alla scelta di un uomo, anche se il matrimonio sembra una sorta di compravendita, uno scambio di mercanzie: E per un milione? – Per un palazzo intero? Per un filo di perle? Se un giorno mi sposerò probabilmente lo farò per molto meno. Sarà poi così terribile? Anche Fanny in fondo si è venduta. Lei stessa mi ha confidato che il marito la disgusta.
Else è pienamente cosciente della sua sorte e non ne è assolutamente inquietata né preoccupata perché così, al tempo, le ragazze di buona famiglia programmavano il loro avvenire. Ed è esattamente attraverso la descrizione di questa “logica sociale” che Schnitzler denuncia e rende ridicolo tale “schema” della borghesia viennese.
La giovane torna in hotel dopo aver abbandonato una partita a tennis e trova ad attenderla una lettera espresso da parte di sua madre. Ci sono cattive notizie: il padre di Else, un famoso avvocato, deve assolutamente trovare trentamila fiorini per evitare di finire in prigione. Cosa dovrebbe fare lei? L’espresso è molto chiaro: chiedere la somma di denaro al signor Dorsday, un attempato ed agiato mercante d’arte, amico di famiglia, ospite dello stesso albergo in cui si trova Else e, a quanto sua madre scrive, unica persona in grado di poter disporre di una somma del genere in tempi brevi. Perché i trentamila fiorini devono essere inviati a Vienna entro il 5 settembre.
Seguiamo Else che legge e chiosa la lettera di sua madre. Ne rileva la debolezza e non risparmia frecciate neppure a suo padre per il quale dimostra sentimenti contrastanti, un misto di cerimoniosa commiserazione e sdegnoso affetto: Sì, papà, io ti salverò. E’ molto semplice. Qualche parola buttata là con nonchalance, per me che sono così “altera” sarà uno scherzo… Ah, ah, tratterò il signor Dorsday come se fosse un onore per lui prestarci del denaro. E in effetti è proprio così.
Else pianifica il suo incontro con Dorsday. Lo immagina, lo monta, lo smonta e lo allestisce nella sua mente. La richiesta deve essere fatta in fretta e la ragazza sa che può contare sul fascino che è cosciente di esercitare sull’uomo. La situazione non le piace, preferirebbe non dover subire questa umiliazione, ma sa anche che il destino di suo padre, di cui ipotizza anche la morte per suicidio o la reclusione in carcere, è nelle sue mani. E l’idea di morire balena nella mente di Else in decine di occasioni. Che papà si uccida pure. Mi ucciderò anch’io. Che vergogna vivere così. La cosa migliore sarebbe gettarsi già da quella rupe e farla finita. Vi starebbe bene a tutti quanti.
L’incontro con Dorsday avviene anche prima di quanto Else volesse. L’uomo ascolta la richiesta della bella ragazza, la scruta in maniera fin troppo acuta e decide di concederle la somma di denaro ad una condizione: vuole ammirarla nuda. Non pretendo nient’altro da lei se non di poter stare per un quarto d’ora in contemplazione della sua bellezza.
Una condizione che somiglia ad un ricatto e che sconvolge Else. Deve decidere se accettare o meno la proposta di Dorsday e deve farlo in fretta, entro la sera stessa: Else si trova dinanzi alla necessità di vendersi davvero. E di certo non per conquistarsi un marito, né una posizione sociale di un certo prestigio.
La mente di Else si perde quindi in un delirio, in un sogno che la porta addirittura a vagheggiare il suo funerale. Espressioni sconnesse, verità e fantasie che si mescolano e si contorcono. Frasi brevissime, gettate di slancio come quando si trova a pensare tra sé e sé. Contrapposizioni e conflitti che nascono in contemporanea e che imbrogliano anche le ragioni apparentemente più rigorose. Un dramma psichico in piena regola che Schnitzler rende in maniera egregia e particolareggiata, presentandolo da un punto di vista privilegiato: la coscienza stessa della protagonista.
Un libro che si legge con enorme piacere. Rapido, sottile, intrigante. Probabilmente una tra le migliori opere del grande scrittore viennese.
Edizione esaminata e brevi note
Arthur Schnitzler nasce a Vienna nel 1862 da una famiglia ebraica. Diventa medico e pratica la professione senza però mettere da parte la sua inclinazione letteraria alla quale si dedicherà con sempre più attenzione dopo la morte del padre. I primi successi giungono con opere teatrali che, all’epoca, provocarono enorme scalpore soprattutto perché incentrate su temi erotici. Nella prosa Arthur Schnitzler innova almeno quanto nel teatro. In entrambi i casi lo scrittore risente dell’opera del suo contemporaneo Freud. Nel 1928 Schnitzler viene sconvolto dal suicidio di sua figlia Lili, un evento inspiegabile che segna l’ultima parte della vita dello scrittore. Arthur Schnitzler muore a Vienna, a causa di un’emorragia cerebrale, nel 1931.
Arthur Schnitzler, “La signorina Else”, Giunti Editore, Firenze, 2008. Traduzione di Anna Corbella. Introduzione e note di Rita Svandrlik.
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