Carlo Di Lieto è un critico che da anni studia il rapporto tra letteratura e la teoria dell’inconscio: un approccio che, tanto per capirci, ha permesso la pubblicazione di “Chi ha paura della psicoanalisi?” per Genesi e di “La scrittura e la malattia” per Marsilio. Adesso è la volta di “L’io diviso. La letteratura e il piacere dell’analisi” e in questo caso l’autore non soltanto è tornato a proporci analisi psicoanalitiche a lui congeniali, ma ha ulteriormente ampliato il suo sguardo nei confronti di autori vissuti nel XVI secolo e non soltanto italiani. Oltre quattrocento pagine, molto dense, in cui la vita e le opere di grandi scrittori del passato – Dostoevskij, Proust, Kafka, Rimbaud, Woolf, Joyce, Pirandello, Manzoni, Tozzi, Tasso, Stevenson, Baudelaire, Flaubert, Tozzi, Goncarov – vengono indagate da un punto di vista che in realtà è tutt’altro che inedito. Pensiamo agli stessi studi di Sigmund Freud: “i riferimenti letterari non mancheranno mai nell’estetica freudiana” (pp.19). Un punto di vista che però, come scrive subito lo stesso Di Lieto, in Italia non pare aver avuto fino ad ora grande fortuna: “Della reazione poco favorevole dell’idealismo italiano nei confronti della psicoanalisi, Croce avversa la ‘cosiddetta psicologia’, per il suo carattere non teoretico, perché non ha niente in comune con la Filosofia dello Spirito. L’interferenza crociana ha ostacolato gli sviluppi di questa ‘scienza’ ma non ha frenato a estendere ancor di più i miei studi e la mia attenzione per la letteratura francese, tedesca e russa, nonché per quella anglosassone, che in questi anni, è stata quella più divulgata e studiata per le sue notevoli incidenze psicoanalitiche” (pp.9). Eppure proprio nel nostro paese, fin dall’inizio del secolo scorso e non fosse altro per una questione geografica, c’erano tutte le carte in regola per poter approfondire questo approccio critico: “la cultura psicoanalitica, dalla terra d’origine viennese, è giunta in Italia dalla città di Trieste, ma si è espansa in tutta Europa con l’estetica freudiana”. Infatti: “la psicoanalisi è un metodo d’indagine dei fenomeni psichici e psicopatologici, estensibile alla sfera culturale, che soggiace all’opera come motore attivo di una dinamica afferente a manifestazioni creative, sogni, fantasie, sintomi, motti di spirito” (pp.15).
Intuibile quindi come il linguaggio presente di “L’io diviso” non sia propriamente divulgativo: sono appunto pagine molto dense di citazioni, riferimenti a studi accademici, brani di opere celebri, spesso impegnative e con un lessico che deve molto alla psicologia e alle neuroscienze e non soltanto alla più consueta critica letteraria. La stessa suddivisione del saggio in tre parti segue un’ottica a dir poco originale: “Il mito della malattia mentale”, “L’alterità e la proliferazione dell’io”, “Il doppio e l’io centrifugo”. All’interno argomenti e autori per i quali la dissociazione tra malattia e normalità psichica diventa premessa di processi creativi dove i motivi della sublimazione freudiana la fanno da padrone: “La logica del delirio nel Don Chisciotte”, “Le Memorie dal sottosuolo di Dostoevskij”, “La disappartenenza dell’io: Stevenson, Proust e Kafka”, “Il “male oscuro” del Tasso: una psicobiografia”, “Il prassedismo e la sindrome di don Abbondio nella personalità del Manzoni”, “Baudelaire: Spleen et Idéal”. “Il teatro dei miti: l’ultimo Pirandello”, “Bovarismo e derealizzazione in Flaubert”, “Goncarov e l’apatia di Oblomov”, “Tozzi e l’archetipo del padre: da Con gli occhi chiusi a Tre croci”, “Arthur Rimbaud in Africa: Je suis un autre”, “Virginia Woolf e James Joyce: il doppio e il flusso di coscienza”. Pensiamo ad esempio a Proust: “La sua identità dilacerata e ambigua, con molti io coesistenti e contraddittori, preparerà le scoperte sulla struttura della psiche di Freud, di cui non aveva una conoscenza diretta” (pp.99). Comunque sia i riferimenti di Di Lieto non si limitano al metodo dello psicoanalista austriaco, come dimostrano le pagine dedicate al Tasso: “questa radice psichica […] ha una spia particolare di uno scenario inconscio più junghiano che freudiano, perché la sensibilità estetico-religiosa ha una sua precisa predisposizione, soprattutto nelle opere religiose dell’ultimo periodo” (pp.136).
Si coglie quindi come la connessione tra vita e opere di questi grandi autori del passato non si possa interpretare soltanto in termini di abilità, mestiere e genio: è semmai un campionario di esistenze faticose, controverse, estremamente contraddittorie, in cui gli aspetti patologici hanno convissuto con la normalità; e nelle quali salute e malattia sono apparse difficilmente distinguibili. Se “nella malinconia della Woolf si rispecchiano gli infiniti orizzonti dell’attesa di un io diviso, nutrito di silenzio e di Stimmung, con sconfinamenti in aree depressive” (pp.377), in Tozzi “la realtà esterna viene razionalizzata, per disvelare traumi remoti, che sono a fondamento del doppio, partendo da un’evidente situazione autobiografica […] con personaggi devastati dalla nevrosi e dall’idea ossessiva del conflitto col padre” (pp.346). “L’io diviso” si conclude significativamente con l’opera di James Joyce, autore che Di Lieto considera, citando “Il motto di spirito” di Freud, un “precursore della psichiatria sperimentale” (pp. 417). Anche in questo caso è costante il riferimento all’inconscio, in un contesto nel quale più che mai il tempo è acronico, funzionale reversibile e che consente di meglio comprendere le parole dello stesso Joyce sulla sua opera. Così la risposta dello scrittore irlandese a una domanda di Jacques Mercanton: “In questo consiste l’ignoto. Non c’è passato, né avvenire: tutto si svolge in un presente eterno” (pp. 418).
Edizione esaminata e brevi note
Carlo Di Lieto, docente di letteratura italiana all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, collabora con numerose riviste ed è autore di pubblicazioni inerenti al rapporto tra letteratura e psicoanalisi. È socio dell’Accademia Internazionale Il Convivio e dell’Unione Nazionale Scrittori e Artisti. Ha vinto vari premi, tra cui il 1° Premio Letterario Internazionale per la saggistica Emily Dickinson 2013-2014 e il 1° Premio I Murazzi 2016. Tra i suoi libri più recenti: Leopardi e il “mal di Napoli” (1833-1837) (2014), “Chi ha paura della psicoanalisi? Il “lato oscuro della mente”: da Dante a Cesare Viviani (2016) per Genesi; La donna e il mare. Gli archetipi della scrittura di Corrado Calabrò (2016) per Vallardi. Con Marsilio ha pubblicato Luigi Pirandello pittore (2012) e La scrittura e la malattia. Il «male oscuro» della letteratura (2015).
Carlo Di Lieto, L'”io diviso”. La letteratura e il piacere dell’analisi, Marsilio (collana “Ricerche”), Venezia 2017, pp. 440.
Luca Menichetti. Lankenauta, febbraio 2018
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