Premessa: prediligo la sintesi. Ritengo che sia una peculiarità indispensabile, in letteratura soprattutto. Forse è un mio limite, ma preferisco si dica molto con poche parole. “Domani nella battaglia pensa a me” è stata una delle letture più pesanti e noiose che abbia mai fatto. Un libro che si adora o si detesta, a quanto pare. Io appartengo alla seconda categoria.
Una donna muore tra le braccia di un uomo che non è suo marito. Lo sappiamo da subito. Bastano le primissime righe a descrivere il fatto. Eppure Marías occupa decine di pagine per descrivere l’evento. Un morboso circolare a vuoto nei pensieri dell’io narrante, che altri non è che l’uomo “vittima” della morte della sua non-amante, visto che tra i due non accade nulla se non lo scambio di qualche bacio.
La narrazione procede ed inciampa costantemente. La storia del romanzo che, tra l’altro, non è neanche così avvincente, è infarcita di una sequela di dettagli, di una miriadi di flash back, di migliaia di analisi introspettive che distolgono e allontanano dalla vicenda principale. Alcuni passaggi possono essere anche affascinanti visto che si concretizzano in osservazioni sulla natura umana e sul procedere delle cose del mondo: Tutto viaggia verso il suo stesso svanire e si perde e poche cose lasciano traccia, soprattutto se non si ripetono, se avvengono una sola volta e non tornano più, altrettanto fanno quelle che si assestano troppo comodamente e tornano ogni giorno e si sovrappongono, neppure quelle lasciano traccia.
Nichilismo latente, pseudo filosofia e una buona dose di commoventi slanci autoreferenziali nient’affatto originali sono profusi generosamente, pagina dopo pagina. Si procede davvero con difficoltà, tanto che dopo aver seguito esaltazioni tanto velleitarie attraverso gli infiniti percorsi mentali di Víctor Francés, il protagonista, si fa persino fatica a recuperare il filo della vicenda principale, col rischio di dover tornare indietro e chiedersi: “dove eravamo rimasti?”.
Víctor custodisce un segreto: nessuno sembra essere a conoscenza del fatto che lui era con Marta durante la notte fatale. Lui ha seguito la strana e silenziosa agonia della donna senza sapere cosa fare e senza fare nulla. Ha raccolto le sue ultime parole, una semplice frase in cui Marta si preoccupa di suo figlio, come farebbe ogni madre. Poi la coscienza, o non si sa bene cos’altro, lo spinge ad avvicinarsi alla famiglia della giovane defunta. Conosce il padre, la sorella e persino il marito.
Il funerale, l’incontro di lavoro che lo porta a venire a contatto con i familiari di lei e, nel frattempo, ancora tanta prolissità, tante zone stagnanti in cui si annaspa e dalle quali si viene fuori stremati. Opposizioni e ricerche, racconti dentro racconti, sovrapposizioni che sembrano davvero fuori luogo e inutili.
Nella parte finale, Víctor Francés ha un dialogo chiarificatore con Luisa, la sorella minore di Marta. Dopo averla pedinata e spiata, l’uomo riesce ad avere un confronto con lei e le racconta esattamente cosa è avvenuto nella notte in cui la donna è morta. Una confessione che conferma un concetto ricorrente: quel che succede non succede del tutto fino a quando non viene scoperto, fino a quando non lo si dice e fino a quando non lo si sa.
La chiusa di “Domani nella battaglia pensa a me” è una sorta di duello tra due cavalieri: Víctor, l’amante mancato, il testimone accidentale ed unico della fine di Marta, e Déan, il vedovo affranto ed incattivito ma custode, a sua volta, di un inconfessabile e mortale segreto. Un inganno che contiene un altro inganno, in una perversa e crudele macchinazione tutta umana.
Spunti intelligenti non mancano, analisi acute nemmeno, ma la lentezza, la monotonia e la ripetitività della narrazione rendono meno potenti e individuabili le qualità dell’opera di Javier Marías. Verboso fino allo sfinimento, ha trovato però un modo sagace per intrigare i lettori: il titolo. “Domani nella battaglia pensa a me” non è un’invenzione di Marías ma, più semplicemente, il “Tomorrow in the battle think of me, and fall thy edgeless sword; despair and die!” tratto dal V atto del Riccardo III di Shakespeare.
Edizione esaminata e brevi note
Javier Marías nasce nel settembre del 1951 a Madrid ed è figlio del filosofo Julián. Si è laureato in Filologia Inglese presso l’Università di Madrid ed ha esordito, come scrittore, a soli 19 anni con “I territori del lupo”. La sua carriera è divisa tra il lavoro di scrittore e quello di traduttore di opere di autori anglosassoni. Grazie ai suoi romanzi ha ottenuto numerosi e prestigiosi premi letterari ed è considerato uno degli scrittori spagnoli più interessanti. Molti dei libri di Marías, in Italia, sono pubblicati da Einaudi.
Javier Marías, “Domani nella battaglia pensa a me”, Einaudi, Torino, 2005. Traduzione Glauco Felici.
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