Allah non è mica obbligato. No, Allah non è mica obbligato a essere giusto in tutte le cose di quaggiù. Una affermazione che ricorre sovente in questo libro, come un piccolo rito, un intermezzo ripetuto e necessario per dare giustificazione alle brutture e alle catastrofi che toccano gli uomini. Un racconto tracciato da un’unica voce, quella di Birahima, uno small soldier, un bambino soldato. Una narrazione iperbolica e vivace che colpisce per schiettezza e cinismo, ma anche per la leggerezza con la quale descrive alcuni tra gli eventi più sanguinosi del continente africano: le guerre tribali che hanno ucciso ed uccidono milioni di persone ogni anno.
Birahima parla parecchio e parla di tutto. Lo fa come sa: Mi voglio scusare del mio modo sfacciato di rivolgermi a voi. Perché sono solo un bambino. Ho dieci o dodici anni (due anni fa la nonna diceva otto e la mamma dieci) e parlo molto. Un bambino educato sta a sentire, non tiene banco… Non ciancia come una ghiandaia tra i rami di un fico. Il ragazzino vuole raccontarci la sua vita e decide di ricorrere all’aiuto di quattro dizionari ricevuti in eredità. E’ ancora piccolo Birahima, ma sa di essere un “maledetto”: io ne ho uccisi tanti di innocenti in Liberia e in Sierra Leone dove ho fatto la guerra tribale, dove sono stato un bambino-soldato, dove mi sono drogato davvero con le droghe pesanti. Sono perseguitato dagli gnama, quindi con me, tutto va in malora.
Kourouma ci racconta le condizioni politiche e sociali dell’area che comprende la Costa d’Avorio, la Liberia e la Sierra Leone. E’ proprio in questi tre paesi che Birahima si muove accompagnato da Yacuba, sedicente stregone musulmano zoppo, ladro e millantatore. Un viaggio che nasce come una missione speciale: trovare la zia di Birahima. E’ a lei che i vecchi del villaggio della Costa d’Avorio in cui il bambino è nato, vogliono affidarlo dopo la morte di sua madre. Durante la ricerca della donna, Birahima entra a far parte di vari gruppi di bambini-soldato. Per caso, per paura, per trovare cibo e protezione. Perché un bambino soldato, piccolo ed armato, può avere grande forza ed ottenere rispetto in un mondo fatto di violenze, massacri, rapimenti e crimini di ogni genere. Ragazzini alti così… alti come un bastone di un ufficiale. Bambini soldato che fanno i furbi con i kalašnikov. Kalašnikov a tracolla. Tutti in divisa da paracadutista. Divise da paracadutista troppo larghe per loro: divise che gli scendono fino ai ginocchi, divise nelle quali sguazzano. La cosa più divertente è che, fra quei bambini-soldato, ci sono delle bambine; sì, delle vere bambine con il kalašnikov, che fanno le furbe con il kalašnikov. Non sono molte. Sono le più crudeli….
Anche a Birahima viene dato un kalašnikov e una divisa da paracadutista: diventa uno small soldier. Pagato per fare quanto gli viene comandato ed indotto ad usare regolarmente hashish, soprattutto prima di entrare in azione. I signori della guerra, figure che sono presentate sempre come un inquietante miscuglio di santoni, militari, invasati ed assassini, ricorrono ai ragazzini sbandati e soli per portare avanti le loro missioni folli ed avventate. Muoiono come mosche i bambini-soldato. Basta un nulla e vengono crivellati da una scarica di proiettili. Birahima ne vede cadere a terra molti e a qualcuno dedica un’orazione funebre. Quando gli va, perché non è mica obbligato a farlo.
Passare dalla Costa d’Avorio alla Liberia e dalla Liberia alla Sierra Leone, permette ad Ahmadou Kourouma, attraverso la voce e gli occhi di Birahima, di raccontare anche la storia delle varie dittature e dei vari “signori” che si sono succeduti alla guida di ognuno di questi paesi. Cambiano i nomi, i tempi o gli spazi, ma la logica è identica. Colpi di stato che si susseguono, corruzione che appesta ogni livello del potere, vendette e rappresaglie, civili massacrati e grandi quantità di denaro e diamanti che fluiscono da un potente all’altro. Lo sciacallaggio è la regola. La violenza anche. Non c’è niente di democratico né di pacifico nel susseguirsi delle dittature. Neanche in Africa.
Birahima dispensa proverbi e frasi volgari in continuazione che spiega passo dopo passo al lettore. Infarcisce il racconto di una ironia che diverte ma che stride in maniera acuta con i temi affrontati e descritti. “Allah non è mica obbligato” rimane una potente denuncia, un testo tagliente, godibile, veloce ed intelligente col quale Ahmadou Kourouma ha voluto essenzialmente raccontare il dramma dei bambini-soldato e, attraverso di loro, la catastrofe civile ed umana rappresentata dalle guerre tribali africane.
“Allah non è mica obbligato” è dedicato da Kourouma ai bambini di Gibuti che gli avevano chiesto di scriverlo.
Edizione esaminata e brevi note
Ahmadou Kourouma nasce Boundiale, in Costa d’Avorio, alla fine degli anni ’20. Appartiene ad un potente clan malinke. Studia nella città di Bamako, capitale del Mali, grazie all’aiuto di uno zio. Prende poi parte alla campagna militare in Indocina nell’esercito francese. Va in Francia e a Lione studia e conosce la donna che sposerà. Nel 1960 torna in Africa e vive la conquista dell’indipendenza della Costa d’Avorio. Lavora come consulente economico ed inizia a scrivere. Nel 1968 pubblica “I soli delle indipendenze”. Poco tempo dopo, nel 1963, è costretto ad abbandonare il suo paese e a rifugiarsi prima in Algeria, poi in Camerun e infine in Togo per via della sua opposizione al regime del tempo. Il secondo romanzo si intitola “Monnè, outrages et défis”, è del 1990 e non è ancora stato tradotto in italiano. Nel 1998 arriva il terzo romanzo: “Aspettando le bestie selvagge” e nel 2000 “Allah non è mica obbligato”. Kourouma è anche autore di alcuni libri per bambini e di un testo per teatro: “Tougnantigui ou le Diseur de vérité”. E’ morto a Lione nel dicembre del 2003.
Ahmadou Kourouma, “Allah non è mica obbligato”, Edizioni E/O, Roma, 2004. Traduzione Egi Volterrani.
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