Bel debutto poetico questo di Emanuela Ceddia, con il suo “Essere Transitivo”, pubblicato da LietoColle nel giugno 2017. Libro corposo, per quelle che sono le abitudini poetiche di questi anni, circa 120 pagine, denso di immagini evocative.
Sorprende la ricchezza espressiva, la scioltezza del dettato, la fluidità di una scrittura che s’imprime come traccia di un pensiero poetante che sa donare alle proprie visioni come una coloritura di realismo primordiale.
È una poesia lieve e profonda in cui l’astratto del pensiero trova sempre una forma reale in cui incarnarsi, forma animale, vegetale, minerale. Poesia a volte epigrammatica e gnomica, sempre misurata e a volte simile a un fiume in piena come nella bella poesia – preghiera dedicata alla madre, figura archetipica che sembra racchiudere in sé l’universo e sintetizzarlo. “Scrittura sacra di natura”, scrittura che come un’arca “imbarca altre scritture”, tipo il montaliano “anello che non tiene”, poiché “ogni scrittura salva dal diluvio”, rimanendo traccia di un passaggio, di un abbraccio in questo caso, “acqua di vuoto e impermanenza”. Poesia di pensiero che si fa volo di rondine, architettura di nubi, “vortice di cose”, campo di papaveri, che implora le divinità di rimanere “presenti”, “incarnate”, terrestri e di non volatilizzarsi in una fatua trascendenza, poesia che deplora le definizioni, le categorie, che invita a un “luminoso disordine”.
Ed è proprio questa la sensazione, una poesia ellittica, materica e aerea insieme, animata da immagini esatte, da apoftegmi che iniziano o terminano un discorso. “Siamo terra/ di carne e pensiero” dove “il travaglio delle sillabe” non impedisce alla scrittura di sembrare una germinazione spontanea, senza apparente sforzo. Solo in qualche raro verso s’indulge in manierismi stereotipati e deboli: “ Ad ogni amante amato/amando amore.”
Ceddia racconta metamorfosi: “Sono io./ E ho pinne di pesce/ Ho branchie e sangue d’abisso”, fino a diventare mare, fino a ritornare a essere “cava creatura amniotica/iniziale”; cerca di sfuggire al troppo, di svuotarsi, utilizzando con felice parsimonia le allitterazioni, qualche rima, spesso interna al verso e neologismi, che sono perlopiù parole fuse insieme, “Varcobaleno”, per esempio. Ci sono anche sonetti molto belli.
Il suo “udito di albero/di fiume, di nuvola” permette alla poetessa di ascoltare il silenzio, di penetrarlo, di fondersi con esso e con la versione animale di un cosmo che è pace. C’è un misticismo naturale in questi versi che raccontano l’animalità dell’essere umano, inscritto nel regno animale come “acqua nell’acqua”, per usare una felice espressione di Bataille.
Uomo e natura non sono dunque separati, in opposizione ma si coniugano in un abbraccio fusionale che diventa qualcosa come la ”sinapsi del senso universale”. E la parola “abbraccio” è fondamentale per questa poetica, che sembra apparentatata con quella di Mariangela Gualtieri e per cui l’essere stesso è un essere l’uno per l’altro e non una sterile e fumosa categoria o concettosità filosofica. E se questa poesia è nemica delle astrazioni, si rivela profondamente realistica, profondamente incarnata, tanto che anche il cielo ha un “fondo terrestre”. Se l’uomo è principalmente fatto di tempo, e tutti noi “ siamo nella stessa clessidra” o siamo ”macchine del tempo”, questo ci permette di osare “il gesto estremo/della vita”, che ha un suo linguaggio, “una lingua pioniera” che la natura parlava anche quando l’uomo era assente. Se “l’esistenza nutre le parole/ d’un sangue silenzioso”, nelle nostra voce vengono alla luce frammenti di una consapevolezza cosmica che è semplice e misterica al tempo stesso. Come sempre il silenzio ispira la parola poetica, la guida, la plasma. Ceddia esplora una sua musicalità a tratti ipnotica, sviluppando con leggerezza una dimensione in cui forze primigenie ritornano a essere presenti nel corpo e nella mente.
In conclusione questa pare una poesia sicura di sé, dove le idee sono al servizio di una visione del mondo precisa e le immagini vibrano tremolanti come riflesse nell’acqua del pensiero, dove ben poco in realtà è dicibile perché, come Ceddia scrive in due dei versi più belli di questa raccolta, “Ogni parola ha un intimo/midollo di non detto.”
Edizione esaminata e brevi note
Emanuela Ceddia vive e lavora a Bologna, dove si occupa di cinema, come direttore marketing. “Essere transitivo” è il suo primo libro.
Emanuela Ceddia, Essere transitivo, LietoColle, giugno 2017
Lankenauta, marzo 2018, Ettore Fobo
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