Franz Krauspenhaar, nella sua prefazione al libro, ha giustamente definito “La rete” un “romanzo di formazione”: la scrittrice Elisa Giobbi, al suo esordio nella narrativa, ha voluto infatti raccontare la crescita e la maturazione di due ragazze fiorentine molto diverse, quasi agli antipodi, Emma e Nicolina (Nico), tra la fine degli anni ’70 ai giorni nostri. Una maturazione che almeno per una delle due protagoniste assomiglia molto ad un avariarsi, in circostanze non sempre chiare e con alle spalle almeno tre morti ammazzati: ovvero un padre probabilmente violento e incestuoso, un viscido spacciatore, un poliziotto stalker. Forse è per questo motivo che un magazine online ha potuto scrivere, in merito al libro di Elisa Giobbi, di un “esordio nel noir”. Affermazione non molto corretta visto che nel romanzo non c’è l’ombra di detective o di autentici enigmi polizieschi. Ma se proprio vogliamo tirare in ballo il “noir” allora possiamo ricordare che effettivamente questo genere, tutt’ora indeterminato quanto a classificazione letteraria, si caratterizza spesso per una maggiore introspezione dei personaggi, per la sua vocazione al realismo, per un’esplorazione nel degrado sociale e soprattutto dentro l’animo oscuro del protagonista, che non permette di distinguere con nettezza il lato buono da quello cattivo.
Elementi che ritroviamo in questo racconto ambientato in una Firenze “inedita e nascosta”, di sicuro per niente stereotipata, tra la periferia della Case Minime – esperimento di edilizia popolare presto degradato a ricettacolo di disagio sociale e criminalità – gli scorci più suggestivi della città rinascimentale, passando per quei luoghi – pensiamo al leggendario cinema Universale – che permettevano la convivenza, in tutta allegria, di ragazzotti politicizzati e di tossici di ogni risma. Sullo sfondo le vicende che più hanno condizionato la vita dei fiorentini, dagli omicidi del Mostro all’attentato ai Georgofili; mentre le due amiche Emma e Nicolina venivano piuttosto coinvolte dalla loro passione per i concerti rock, dalla new wave in avanti. Un gran coinvolgimento per canzoni e cantanti che probabilmente ha molto di autobiografico: Elisa Giobbi è da anni impegnata nell’organizzazione di eventi culturali ed è autrice di saggi di argomento musicale.
Passioni che nel romanzo rappresentano i momenti forse tra i più felici di due esistenze altrimenti condizionate pesantemente da sospetti, amicizie pericolose, perenni insoddisfazioni, cadute rovinose nel vizio e nella droga. Come anticipato le due amiche a rigore hanno poco in comune: Emma è una ragazza figlia della buona e progressista borghesia fiorentina, mentre Nicolina La Rosa è nata e vissuta alle Case Minime e, negli anni, ha invariabilmente mostrato un carattere difficile, cinico e distruttivo. Eppure, forse proprio in virtù delle grandi differenze sociali e caratteriali sia Emma che Nicolina nel tempo consolidano un rapporto che va oltre la semplice amicizia: qualcosa forse di ambiguo ma in ogni caso non facilmente definibile nella sua profondità. In questo senso la “Rete” del titolo è identificabile con la complicata complementarietà di due persone: “Non saprei dire con esattezza cosa ci unisse, ma posso identificare con una certa precisione quello che rendeva le nostre personalità – non solo il nostro aspetto – tanto complementari da formare un tutto organico finalmente compiuto. A partire dall’ambiente familiare, tanto instabile il suo, quanto solido il mio, e dai rapporti con i nostri genitori, fatto di ammirazione tanto alta da risultare perfino castrante nel mio caso, mentre nel suo erano assenti o improntati al disprezzo. La mia famiglia era ben presente nella mia vita, ne rappresentava la parte forse più rilevante – per i miei genitori proavo un rispetto inattaccabile – ma rappresentava anche una rete di abitudini ed emulazione che mi tratteneva nelle sue maglie” (pp.35). È Emma che narra la vicenda e questa prima persona, questo diario di vita molto malinconico, mostra un efficace approfondimento psicologico che non si limita ad evidenziare le fragilità delle due protagoniste: spesso è la società fiorentina del tempo, le illusioni politiche dei giovani, soprattutto quelli di sinistra, che sono raccontate in tutta la loro provvisorietà. Pensiamo alla Pantera, gennaio 1990: “Mai Lettere fu tanto nostra. Poi, dopo pochi mesi scomparimmo” (pp.75).
Una “rete” di sentimenti, caratterizzati da alti e bassi, da rotture e da ostinato perdono, che un’altra “rete” – il lettore scoprirà presto di cosa si tratta – col contributo di un violento stalker, contribuirà a distruggere; e a lasciare l’ormai cinquantenne Emma con i suoi ricordi. Anche se è probabile che alla fine si manifesti un briciolo di speranza: venuta meno una relazione di amicizia o di chissà cosa, che ha condizionato per tanto tempo vita e sentimenti, quasi alla stregua di una dipendenza, forse non tutto è perduto e c’è modo per rimediare, almeno in parte, allo scorrere del tempo. La scrittura di Elisa Giobbi c’è sembrata quindi molto equilibrata e spontanea, coerente nel descrivere questo indefinibile connubio tra personalità così diverse. Un equilibrio che si sostanzia, tra l’altro, anche nell’assenza descrizioni compiaciute di quelle morbosità e di quella violenza che pure, nel racconto di Emma, si coglie aver condizionato pesantemente la vita delle due protagoniste. Un esordio nella narrativa che fa ben sperare e perciò, come si suol dire: “Buona la prima”.
Edizione esaminata e brevi note
Elisa Giobbi, nata negli anni Settanta a Firenze, coltiva scrittura e musica fin dall’adolescenza.
Dopo la laurea in lingue, fonda la casa editrice Caminito, che dirige fino al 2009. È autrice di “Firenze suona. La scena musicale e artistica raccontata dai protagonisti” (Zona, 2015), di “Rock’n’Roll Noir. I misteri, le relazioni e gli amori del Club 27” (Arcana, 2016) e del saggio “Eterni. Vite brevi e romantiche di grandi compositori” (Vololibero 2018). Si occupa anche dell’organizzazione e della conduzione di eventi culturali e musicali.
Elisa Giobbi, “La rete”, Stampa alternativa (collana “Eretica speciale”), Viterbo 2018, pp. 168. Prefazione di Franz Krauspenhaar.
Luca Menichetti. Lankenauta, aprile 2018
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