La quarta di copertina descrive questo libro come un “giallo atipico”, una definizione veritiera solo in parte: gli elementi da romanzo poliziesco infatti sono piuttosto limitati e compaiono unicamente alla fine, al contrario l’originalità del racconto lo rendono sicuramente più vicino alla definizione di “atipico”.
Protagonista della vicenda è il Signor Bloch, il quale potrebbe essere preso come modello di riferimento per tutti gli abitudinari del mondo: contabile in pensione e ormai vedovo, ha passato tutta la vita nella stessa cittadina di provincia allontanandocisi solo per brevi periodi e sempre controvoglia. Dalla più tenera età ha cercato di limitare al minimo i cambiamenti e gl’imprevisti e una volta raggiunta la pensione è riuscito in quello che era stato il sogno di tutta la sua vita:”trascorrere il tempo secondo i propri ritmi”. Ecco allora che ha cominicato a vivere seguendo per filo e per segno una rigorosa tabella di marcia, frutto di approfondite ricerche e aggiustamenti, che scandisce con precisione millimetrica tutte le ore di tutti i giorni della sua settimana. Si tratta appunto del Programma (scritto sempre con l’iniziale maiuscola).
Nelle prime pagine veniamo introdotti alla filosofia di vita del signor Bloch, assistiamo alla sua giornata tipo, capiamo che non ama particolarmente le persone, con le quali detesta andare oltre le solite formule di cortesia e leggiamo un interessante excursus sulla sua giovinezza: uno stratagemma narrativo molto azzeccato ma anche necessario per dare credibilità ad un personaggio che altrimenti perderebbe un po’ del suo spessore.
Insieme al signor Bloch quasi ci sentiamo appagati e al sicuro seguendo le tappe del Programma, ovviamente però la situazione comincia presto a precipitare: un ragazzo per strada che per poco non lo investe con la bici, il troppo vento che lo costringe a cambiare l’abituale percorso verso il supermercato, un nuovo apprendista al bar di fiducia che gli porta il caffé in ritardo di qualche minuto, tutti eventi che lo lasciano turbato per intere giornate e che lo costringono ad apportare sofferti cambiamenti al suo amato Programma. Come se non bastasse poi il signor Bloch comincia anche a soffrire di allucinazioni, le persone si trasformano in mostri con fauci sbavanti e tentacoli striscianti, il mondo esterno diventa un ricettacolo di orrori, l’aria esterna un miasma velenoso.
Tutto questo lo porta verso una progressiva chiusura fisica e mentale e il lettore capisce rapidamente la direzione che ha preso la vicenda e che il resto del libro sarà un penoso naufragio verso la follia. Questa “prevedibilità” è tuttavia accompagnata da altrettanta curiosità su cosa s’inventerà il povero pensionato per sopravvivere dentro i limiti sempre più stretti che la sua follia gl’impone. Magistrale è pure l’uso del linguaggio che diventa sempre più cupo e macabro con l’avanzare della malattia.
Nelle pagine finali la narrazione si allontana dal Signor Bloch e si focalizza invece su un sergente di polizia che con la sua squadra entra nell’appartamento del pensionato e si ritrova davanti una scena descritta con toni da orrore cosmico che lo lascia profondamente turbato. Questo turbamento lo seguirà anche a fine giornata, mentre torna a casa dalla sua famiglia, quando si accorge del vento troppo forte e di un passante che non gli piace.
Impossibile non vedere un po’ di Lovecraft in questo romanzo, il lessico con cui sono descritte le allucinazioni, le convulse scene di panico del signor Bloch, il finale aperto che quasi suggerisce l’esistenza di una follia contagiosa e subdola che come un parassita porta lentamente i suoi ospiti verso la pazzia.
In generale si tratta di un bel libro, in uno spazio relativamente breve riesce a farci conoscere bene un personaggio e a farci appassionare alla sua vicenda. Unico rammarico resta il non avere più dettagli sulla defunta moglie del protagonista, un capitolo che sarebbe stato sicuramente interessante da leggere. Lo consiglio a tutti quelli che si considerano abitudinari e a chi invece la routine mette paura.
Edizione esaminata e brevi note
Davide Staffiero, classe 1984, è nato e cresciuto in Svizzera. Inguaribile cinefilo e avido consumatore di serie tv, dopo un breve periodo come critico cinematografico si è trasferito in televisione, dove oggi seleziona i film da proporre in palinsesto. Lettore onnivoro e spettatore curioso, divora storie per passione e per lavoro, tanto che qualche volta gli viene voglia du scriverne una di suo pugno. “Il Programma” gli è valso una menzione al merito al Premio Internazionale Salvatore Quasimodo 2017.
Davide Staffiero, “Il Programma”, Eclissi Editrice, 2018.
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