Se non fosse stato per l’intuizione di Zachary Turpin, un ricercatore della University of Houston, che aveva letto un breve corsivo su un numero del New York Daily Times del 1952, è probabile che “Vita e avventure di Jack Engle” sarebbe rimasto ignoto al grande pubblico ancora per lungo tempo; o forse perduto per sempre. L’unica copia originale e conosciuta del romanzo, pubblicato in sei puntate ben centosessantasei anni fa, era infatti custodita negli archivi del Sunday Dispatch; poi, subito dopo la riscoperta, diffuso online e, a seguire, grazie a case editrici che si sono spese in autentici panegirici: abbiamo letto infatti di “romanzo audace”, di “thriller morale”, di “atmosfere dickensiane”.
Piuttosto “Vita e avventure di Jack Engle”, costruito come una sorta di autobiografia di un giovane e intraprendente newyorkese, grazie ad alcuni “colpi di scena”, o meglio grazie ad un intreccio che di pagina in pagina svela i sorprendenti legami tra i protagonisti, avvalora, più correttamente, la definizione di “romanzo d’appendice”; non da intendersi per forza in senso negativo. Come dire: non siamo alla prese con un capolavoro dimenticato ma sicuramente di fronte ad un racconto pregevole e di coinvolgente lettura, pervaso dall’inizio alla fine da un evidente tono confidenziale. Del tanto decantato “thriller” (“The New Yorker”), ed anche dell’influenza di Wilkie Collins, è quindi probabile che alla fin fine il lettore possa cogliere davvero poco. Altro discorso per le “atmosfere dickensiane”, non fosse altro che Jack Engle è effettivamente un orfano, sfuggito ad un destino di totale indigenza grazie alla generosità di una coppia di singolari commercianti. L’incipit del romanzo infatti vede il giovane Jack che, senza alcuna convinzione, viene condotto in uno studio legale dal patrigno Mr. Ephraim Foster, il “degno lattaio”: pare sia destinato a diventare praticante avvocato – evidentemente con modalità molto diverse rispetto quello che succede oggi – presso un personaggio che presto si rivelerà essere un losco truffatore circondato da altrettanti loschi affaristi. Il narratore non tarderà a capire chi sia in realtà il procuratore legale e datore di lavoro; e poi la frequentazione dei suoi colleghi, di Wigglesworth – personaggio davvero dikensiano – , di una ballerina quasi truffata da alcuni suoi conoscenti, lo faranno maturare quel tanto da poter poi salvare una giovane orfana dalle grinfie proprio dell’avvocato Covert, in quel momento suo tutore e soprattutto interessato ad arraffare il suo patrimonio. La famiglia della giovane, come in un feuilleton che si rispetti, si rivelerà aver molto a che fare con la morte del padre di Jack; ed alla fine dei giochi, una volta assodato che i destini di Jack e della sua nuova amica erano stati legati fin dal principio, le canaglie non l’avranno vinta: in qualche modo la verità, ben fiancheggiata dall’onestà e dall’intraprendenza dei più poveri, potrà vendicare i torti del passato e far battere in ritirata Covert e suoi sgherri.
Se gran parte della trama del racconto in fondo rimane nei binari del romanzo d’appendice, con tutte le sue rivelazioni poco verosimili, c’è da aggiungere che la critica più attenta, magari proprio quella meno propensa a spacciare “Vita e avventure di Jack Engle” alla stregua di un mistery dickensiano, ha saputo cogliere alcune anticipazioni di quella che da lì a poco diventerà l’opera fondamentale di Walt Whitman: “Foglie d’erba”. Pensiamo infatti al 19° capitolo: Jack passeggia bel cimitero Trinity Church a Manhattan ed osserva quanto è scritto sulle lapidi di Alexander Hamilton, di James Lawrence e di altri grandi americani. La malinconia del protagonista, nonostante il luogo di morte, viene sostanzialmente meno, prevale l’essenza profonda e vitale di giovane uomo americano: “Là fuori, nell’elegante strada principale, come brulicava la vita, e come vivacemente fluiva vicina a tutti quegli avvertimenti dell’inevitabile fine […] Ma avanti si muoveva l’ampia, luminosa corrente, che non si angustiava ancora con quei tristi pensieri; e che mostrava ben più saggezza delle meditazioni sentimentali che avete appena letto” (pp.110). Con toni poetici che davvero mettono in secondo piano le vicende “d’appendice”: “Le anime umane sono come la colomba che uscì dall’arca per volare lontano, che trovò infine riposo nello stesso posto da cui aveva dispiegato le ali” (pp.105).
I personaggi presenti in “Vita e avventure di Jack Engle”, sicuramente descritti in profondità e con quel tono confidenziale di cui abbiamo dato conto, rispecchiano pertanto alcuni caratteri presenti nell’opera più famosa di Whitman, compresi anche da alcuni suoi contemporanei, almeno da quelli più vicini al poeta e meno predisposti a scandalizzarsi del suo spirito democratico. Pensiamo alle donne intraprendenti e forti presenti nel romanzo e poi alle parole di John Burroughs, scritte in tempi non sospetti: “In ‘Foglie d’erba’ non c’è traccia della solita adulazione solita adulazione sdolcinata del sesso debole, né della stucchevole piaggeria e della servile deferenza di cui è piena la poesia galante contemporanea, si tratta invece, a mia conoscenza, della prima grande concezione della vita che si fonda – e diffonde – sulla perfetta uguaglianza dei sessi”. [1] Ed anche la stessa presenza di un Jack Engle, prototipo di americano “self made man”: “Foglie d’erba, in realtà si basa sull’idea che, lo sappia o no, l’America ha legato il proprio successo all’eccellenza dell’uomo medio e che ciò che ha bisogno di coltivare ed esaltare al di sopra di tutti gli altri valori è una personalità forte e pienamente dotata”. [2]
Insomma, nel romanzo – questo potrà interessare chi è affezionato alla poetica visionaria e nel contempo molto concreta di “Foglie d’erba”- sembrerebbero già presenti i primi indizi di quel cambiamento che vedrà Whitman poi trasformarsi “nell’ultima fase della sua vita, in costruttore e narratore dei miti dell’America”.[3]
[1] John Burroughs, “Walt Whitman”, Castelvecchi, Roma 2017, pp.32.
[2] Id, pp.57.
[3] Marina Camboni, “Walt Whitman e la lingua del mondo nuovo”, Edizioni di Storia e Letteratura, Roma 2004, pp.72.
Edizione esaminata e brevi note
Walt Whitman, (Long Island, New York, 1819 – Camden, New Jersey, 1892) poeta, scrittore e giornalista statunitense. È conosciuto soprattutto per essere l’autore della raccolta poetica Foglie d’erba, che Emerson definì «l’esempio più straordinario d’intelligenza e saggezza che l’America abbia sin qui offerto».
Walt Whitman, “Vita e avventure di Jack Engle”, Safarà Editore, Pordenone 2017, pp. 134. Traduzione di Cristina Pascotto.
Luca Menichetti. Lankenauta, maggio 2018
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