Bertoli Giuseppe Ausilio

Veneti in controluce

Pubblicato il: 4 Giugno 2018

Giuseppe Ausilio Bertoli ci offre con questo suo nuovo libro – in uscita per settembre presso le edizioni Fernandel – un mosaico sulla vita dei veneti del nuovo millennio. Si tratta di diciotto tessere, brevi e concentrate, con tanti personaggi diversi, che nell’insieme ci mostrano un Veneto fatto di luci e ombre, di contrasti e di problemi quali: immigrazione, intolleranza, microcriminalità, sicurezza, aumento dell’età media della popolazione, contrasti generazionali.

Da un lato c‘è l’occhio attento del sociologo che ben conosce e studia queste realtà, dall’altro quello poetico dello scrittore, che ricorda Comisso e Parise e osserva con sguardo ironico i suoi conterranei, spesso ignoranti – nessuno si ricorda più di Parise! -nonostante il benessere economico.

Sono tante le sfaccettature del Veneto delle province – Venezia è una terra a sé stante, è isola, oltre tutto divorata dal turismo e quindi non è presente – e spesso emergono i contrasti. Penso alla prima narrazione “Ostinazione”, in cui un imprenditore benestante di mezza età, preso da un improvviso attacco di nostalgia, o forse di giovanilismo, cerca di saltare i covoni di fieno ( quelli fatti ad arte, a mano, come una volta, e non con la macchina) e poi un fossato, con esiti disastrosi.

Finisce deriso da alcune ragazze di passaggio, che sembrano rappresentare il nuovo ormai subentrato all’antico Veneto contadino, che è solo un romantico ricordo.

Il Veneto è anche terra d’immigrazione, quindi di contrasti fra popoli con abitudini e religioni diverse. Terra di razzismo a volte, e di pregiudizi, che portano a liti condominiali nel momento in cui i nuovi arrivati si accasano e vivono accanto ai veneti stessi.

C’è quindi un senso di paura, paura del diverso, diffidenza e dall’altro lato volontariato, impegno, tolleranza.

In controluce il Veneto è fatto di chiaroscuri: veneti testardi, affamati di schei, un po’ brontoloni e caliginosi come le nebbie padane, a volte ipocriti, veneti con vite problematiche o drammatiche, accidentate. L’autore li guarda con simpatia e compartecipazione, crea personaggi vivaci e adotta uno stile pulito, curato, preciso come sempre.

La multiculturalità ormai è un dato di fatto, ma non è per nulla facile da realizzare, la paura serpeggia e a volte sembra allignare anche in chi è orientato alla tolleranza. Sulla paura degli immigrati:

Ma non c’era d’aver paura, semmai i paurosi erano tali persone, trattate come bestie da sfruttare, senza che le autorità – prese alla sprovvista – intervenissero per dargli un alloggio e il cibo, affrontando il fenomeno migratorio con una strategia. Accogliendole, insomma con umanità e razionalità in modo che potessero intravedere un orizzonte per vivere o sopravvivere, lontano dalle guerre e dalla fame. […] Un senzatetto mi tende la mano, mastico delle parole per scusarmi: non ho spiccioli, e arrossisco: la coscienza ha reagito, giacché esige che mi curi del prossimo emarginato, imbrogliato o raggirato dai tanti lupi che, il manto dell’agnello, agiscono indisturbati”.

Tra la gente c’è chi ha ancora fiducia nel genere umano e magari si impegna nel volontariato e chi invece ritiene gli uomini “tutti egoisti, crudeli e feroci, più feroci degli animali affamati”.

Succede così in “Al mare,divergenze generazionali”, ambientato a Caorle, dove due signore di una certa età si scambiano opinioni sull’argomento: l’una è una professoressa di matematica in pensione che vive da sola col cagnolino, l’altra è una nonna, ex insegnante di Materie Umanistiche, che trascorre un periodo di vacanza con la nipote adolescente, che ovviamente scalpita per essere più libera e indipendente e le crea qualche problema. Tra le frasi di questo personaggio sembra di sentire la voce dell’autore che auspica uno studio maggiore delle materie umanistiche e dell’arte, che arricchiscono “l’intelligenza, l’immaginazione, il senso del bello e del buono”.

Non è facile comprendere i giovani, spesso attaccati al tablet o al cellulare, a volte annoiati o, peggio, maleducati. La tecnologia con la sua perpetua corsa in avanti, ha cambiato in fretta il mondo e le relazioni umane.

Ed ecco allora un altro grande problema: in Veneto, come in tutta Italia, l’età media è aumentata paurosamente e c’è il rischio di diventare una grande casa di riposo collettiva.

I vecchi talvolta hanno un ruolo, riescono ad aiutare i figli e i nipoti, in altri casi sono soli e spesso si sentono inutili, perché non c’è più neanche una società capace di accettare la vecchiaia e di darle un senso.

È un Veneto che va avanti nonostante tutto, coi vecchi che ricordano e i giovani tecnologici, che non conoscono gli scrittori della loro terra e sono un po’ sradicati, un Veneto da un lato onesto e dall’altro malavitoso, un Veneto cui l’autore vuol bene – è la sua terra – e sul quale esercita un’ironia benevola e, a volte, una sana critica.

Edizione esaminata e brevi note

Giuseppe Ausilio Bertoli (Grumolo delle Abbadesse-Vicenza 1945), sociologo della comunicazione, scrittore, saggista e pubblicista, vive nel Vicentino e a Padova. I suoi lavori più recenti sono il romanzo L’amore altro. Un’odissea nel Kosovo (2009), il reportage narrativo Rosso Africa (2011), il romanzo L’istinto primo (2014) e il romanzo Un mondo da buttare (2017). Ha ricevuto numerosi riconoscimenti per la sua opera letteraria.

Giuseppe Ausilio Bertoli, Veneti in controluce, Ravenna, edizioni Fernandel 2018.