Esch ha solo quindici anni ed è l’unica ragazza in un mondo fatto di soli uomini. Maschio suo padre, maschi i suoi tre fratelli, maschi i suoi amici. Ed è proprio Esch, in prima persona, a raccontarci la vita a Bois Sauvage, in Mississippi. Una storia che passa essenzialmente attraverso i sensi perché Esch trasmette in maniera nitida e precisa ogni percezione visiva, uditiva, tattile. Attraverso le sue parole, attraverso le descrizioni chirurgiche e minuziose ci arriva l’esatta impressione dell’afa tipica degli Stati Uniti del sud che bagna la pelle anche senza pioggia, ci arriva l’odore polveroso di una terra rossa che sporca tutto quel che sfiora, ci arrivano i latrati di China, la pitt bull bianca di suo fratello Skeetah, e ci arrivano le immagini di una casa sciatta e disordinata circondata da carcasse di auto, elettrodomestici in disuso, vecchie lamiere e rifiuti di ogni tipo. Esch è l’unica donna della famiglia. Sua madre è morta mettendo alla luce l’ultimo dei fratelli, Junior, un ragazzino ossuto e vivacissimo cresciuto da fratelli poco più grandi di lui. Un’assenza profonda e lacerante quella della madre, un vuoto che si rigenera ogni giorno nel ricordo di quel che faceva e di quel che diceva. “Quando era morta, mamma mi aveva detto che era andata via, e io mi chiedevo dove. Siccome piangevano tutti, mi ero avvinghiata a mamma come una scimmia, mi ero aggrappata al suo corpo morbido con le braccia e con le gambe, e mi ero messa a piangere anch’io, lasciandomi attraversare da caterve d’amore, come pioggia estiva, continua, accecante. E poi era morta anche mamma, e non mi ero più potuta aggrappare a nessuno“. Una morte a cui i figli hanno assistito e che ha lasciato la famiglia in balia di se stessa: ognuno si prende cura degli altri a modo suo, ognuno cresce in una libertà che rasenta la trasandatezza e la sbadataggine.
Le giornate dei ragazzi Batiste scorrono come sempre. Il più grande dei fratelli, Randall, si allena a basket per la partita che potrebbe permettergli di frequentare il campo estivo. Skeetah è preso da China e dai cuccioli che ha appena partorito. Junior bazzica nei paraggi distratto dai suoi giochi e dalle sue curiosità. Ed Esch? Lei si muove spesso silenziosa con il cuore che impazza d’amore per Manny, uno degli amici di Randall. Claude, il padre dei ragazzi, spesso alticcio e irritabile è occupato a trovare materiali di recupero per mettere in sicurezza la casa in vista dell’arrivo dell’uragano. In realtà nessuno sembra prendere davvero sul serio la minaccia che Claude sente imminente e reale. I suoi figli pensano che stia esagerando visto che, di solito, gli uragani passano in fretta per raggiungere altre regioni e danneggiare altri territori.
Dodici capitoli: uno per ogni giorno. È così che la Ward ha organizzato il suo romanzo, il secondo della Trilogia di Bois Sauvage, preceduto da “Where the Line Bleed” e seguito da “Sing, Unburied, Sing”. Una scrittrice di razza, Jesmyn Ward. Con la sua scrittura febbrile e tesa, travolgente e cruda ha saputo raccontare uno spaccato d’America come, forse, solo pochi altri autori hanno saputo fare. L’America nera della provincia più bassa e problematica, l’America di figli ai margini e delle tragedie vissute con rassegnazione, l’America dei cibi in scatola e dei combattimenti tra cani, l’America incrostata di sudore e polvere e l’America di chi sopravvive alla giornata. Come detto, “Salvare le ossa” è una storia che lega i sensi dei protagonisti agli occhi di chi legge. Da queste pagine traspare ogni minima sensazione provata dalle figure che le popolano, ogni pensiero viene scarnificato e raccontato tramite inaspettati contrasti e sorprendenti metafore. I colori sono accecanti, le immagini sono vivide, le voci intense: lo stato emotivo di ogni personaggio sembra replicare e moltiplicare la forza di ogni descrizione.
Siamo nel 2005 e Claude aveva ragione. L’uragano arriva e si chiama Katrina, una massa spaventosa d’acqua e vento è pronta a sommergere e devastare tutto ciò che trova. “La prima volta che mamma mi aveva spiegato cos’è un uragano, ero convinta che gli animali scappassero tutti, che fuggissero prima della tempesta, che fiutassero il vento in anticipo e capissero che stava arrivando (…) Che i cervi guardassero i compagni e poi balzassero via. Che le volpi parlottassero tra loro, incassassero le spalle e si dessero alla fuga. E forse gli animali più grandi lo fanno davvero. Adesso però sono convinta che gli altri, come gli scoiattoli e i conigli, non si comportino affatto così. Forse gli animali piccoli non scappano“. Katrina arriva e la famiglia di Esch sembra impreparata nonostante gli sforzi del padre. Katrina mette i Batiste di fronte ad un evento più potente e violento di quanto abbiano mai visto e vissuto. Il dramma si materializza attraverso la furia irrefrenabile di un elemento naturale che non ha limiti né misericordia. Eppure il legame di pelle e sangue che li unisce si dimostra più forte dell’uragano stesso. Katrina diviene una variante di Medea, il mito che percorre tutto il romanzo. Katrina: “La madre assassina che ci ha feriti a morte e tuttavia ci ha lasciati vivi, nudi, stupefatti e raggrinziti come bimbi appena nati, come cuccioli ciechi, come serpentelli appena usciti dal guscio, affamati di sole. Ci ha lasciato un mare buio e una terra bruciata dal sale. Ci ha lasciati qui perché impariamo a camminare da soli. A salvare ciò che possiamo“.
Edizione esaminata e brevi note
Jesmyn Ward è nata a DeLisle, in Mississippi, nel 1977. Ha studiato all’Università di Stanford e poi all’Università del Michigan. Il suo primo romanzo esce nel 2008 e si intitola “Where the Line Bleeds”. Con il secondo romanzo, “Salvage the Bones”, pubblicato in Italia da NN Editore nel 2018, la Ward conquista il National Book Award nel 2011. Lo stesso riconoscimento le viene attribuito anche nel 2017 grazie a “Sing, Unburied, Sing” ed è la prima volta che una donna riesce ad ottenere tale premio letterario per due volte. Jesmyn Ward continua a vivere in Mississippi dove insegna scrittura creativa alla Tulane University.
Jesmyn Ward, “Salvare le ossa“, NN Editore, Milano, 2018. Traduzione di Monica Pareschi. Titolo originale “Salvage the Bones” (2011).
Pagine internet su Jesmyn Ward: Blog ufficiale / Wikipedia / Pagina NN Editore
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