Mi sono imbattuta nella lettura de I racconti di Ise per errore. Pensavo fossero dei simpatici racconti giapponesi, magari con qualche massima di illuminante saggezza orientale, di quelle che credi possano cambiarti la vita, ma che poi, chiuso il libro, hai già dimenticato.
Si è aperto un mondo entro il quale non mi sarei spinta volontariamente.
Senza rischiare di incorrere in esagerazioni, posso affermare di essermi trovata, una sera qualsiasi, alla luce fioca della mia lampada da lettura, a tu per tu con una delle opere più celebri e rappresentative della classicità giapponese.
È un po’ imbarazzante. Cioè, è come uscire sconciata per andare a prendere il latte e incontrare qualcuno che non ti aspetti, impettito in un bel vestito, qualcuno che non vorresti ti vedesse così. Inutile provare a riavviarsi i capelli, ti assale un senso di inadeguatezza… Così mi sono sentita, sfogliando l’articolata introduzione del Prof. Andrea Maurizi: inadeguata, impreparata a quel tipo di lettura. Alle sole prime due pagine, sui principi su cui si basa il sistema di trascrizione, sulla periodizzazione della storia giapponese, mi ero già scoraggiata. Ma poi… sul retro di copertina, a caratteri grandi, una citazione:
“Nel villaggio abitavano due sorelle giovani e dal fascino aristocratico, e all’uomo bastò osservarle di nascosto attraverso le fessure della recinzione della loro abitazione per infatuarsene”.
Fin lì mi pareva semplice. Ho dato una scorsa al primo aneddoto, e ho appreso che l’uomo si era messo beatamente — o meglio spudoratamente — a corteggiare le due sorelle inviando poesie a entrambe. Sono passata a una rapida lettura del secondo aneddoto. Poi, con più calma, al terzo. Queste brevissime, intriganti, storielle hanno preso a susseguirsi, alternando versi enigmatici a brani di prosa di una spiazzante semplicità.
E sarà stato proprio quell’equilibrio sottile, o contrasto armonioso, tra semplicità e ambiguità, a rendere la lettura di questo testo un’esperienza sorprendente, piacevolmente insolita.
Ma iniziamo dal principio: l’edizione de I racconti di Ise a cui mi riferisco è della Marsilio Editori, fa parte della collana Letteratura universale Marsilio, e si colloca nella sotto-collana Mille Gru, dedicata nello specifico ai classici giapponesi.
Una copertina minimale, dai colori delicati, la carta ruvida a costine, piacevole al tatto. Un’impaginazione chiara, spaziosa.
L’opera, tradotta e curata dal Prof. Andrea Maurizi — docente di lingua e letteratura giapponese, saggista e traduttore —, si compone di 125 brevi aneddoti, incentrati (quasi tutti) sulle vicende amorose di un nobile di corte, il quale non viene (quasi) mai indicato col proprio nome (“C’era una volta un uomo”). Anche se si suppone, seppur tra numerosi dubbi e interrogativi, che si tratti del poeta e funzionario di corte, un tale Ariwara no Narihira.
Quest’uomo pare intrattenesse svariate relazioni amorose, scambiando componimenti poetici con numerose nobildonne. E sono proprio queste poesie, costellate di immagini metaforiche, ambiguità e giochi di parole, ad essere al centro di ciascun aneddoto, sempre alternate a brani in prosa che le introducono o le contestualizzano.
Il filo delle vicende amorose, leggero, spassoso, spesso ironico, attraversa vari aspetti della vita privata della nobiltà di corte, offrendo spaccati interessanti, e piuttosto curiosi, sulle attività sociali dell’aristocrazia in quel periodo storico. Siamo nel periodo Heian, che va dal 794 al 1185.
Battute di caccia, feste private, nascite, funerali, rapporti di amicizia, tradimenti. L’amore in tutte le sue sfaccettature, da quello reciproco a quello non corrisposto, a quello ostacolato da istruzione, rango e provenienza diversi. Come quando “una volta un uomo” della capitale, raggiunse una donna di provincia “per coricarsi con lei”. A notte fonda si preparò per ripartire, e prima di procedere per la capitale versificò:
“Oh pino di Anewa […] se tu fossi una persona […] ti chiederei di venire con me!”.
Con questi versi, pare che l’uomo volesse esprimere — come spiegano le note in fondo al libro — una considerazione talmente bassa di quella donna, da paragonarla a un pino. Sì, proprio a un albero di pino. Un vegetale, insomma.
“«Ma allora forse mi ama!», Esclamò raggiante la donna”.
Il fraintendimento tra uomini e donne. Un tema sempre attuale.
E ancora, amanti di età troppo diverse, donne anziane con uomini giovani, amori infedeli, platonici, amicali, filiali, l’amore incestuoso tra fratello e sorella, l’affetto per i genitori anziani che si avviano verso la morte:
“Come vorrei che a questo mondo non ci fosse un distacco ineluttabile per i figli che auspicano una vita lunga mille anni ai propri genitori”.
La paura di invecchiare:
“non apprezzerò mai la vista della luna perché sono i suoi continui passaggi in cielo a fare invecchiare gli uomini”.
Nel corso della lettura, ho consultato spesso le note raggruppate in fondo al libro, non tanto per le informazioni storiche e letterarie che propongono (troppo specifiche per me), quanto piuttosto per orientarmi nell’interpretazione dei componimenti in versi. Pur tenendo conto che le interpretazioni suggerite nelle note non possono sempre considerarsi univoche. Dato che, come si apprende dall’introduzione, l’opera vanta un disorientante numero di varianti testuali e quesiti irrisolti proprio dovuti a questa forte ambiguità linguistica, la quale invece di rappresentarne un difetto, ne determina il potenziale. La rende un’opera dal significato inesauribile. Il luogo di tutte le ipotesi. Uno spazio narrativo al confine tra rappresentazione storica e dimensione fantastica, attraverso il quale si può passare velocemente, con leggerezza e impreparati (come ho fatto io) o entro il quale — con la dovuta preparazione storico-letteraria — ci si può soffermare per lunghi minuti, ore, o settimane, mesi… anni… centinaia d’anni, a rivestire ogni frase di nuove possibili valenze.
Edizione esaminata e brevi note
Curatore: Andrea Maurizi insegna lingua e letteratura giapponese all’Università degli Studi Milano-Bicocca. Ha pubblicato oltre quaranta saggi dedicati alla letteratura giapponese e tradotto diverse opere classiche e moderne, tra cui Raccolta in onore di antichi poeti, Confessioni di una maschera e Neve di primavera di Mishima Yukio. Per la Letteratura universale Marsilio ha curato Storia di Ochikubo.
I racconti di Ise, traduzione e cura di Andrea Maurizi, Marsilio.
Collana: Letteratura universale / Mille Gru
Titolo originale: Ise monogatari
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