Premessa doverosa: non sono iscritta a Facebook e non lo sono mai stata. Di solito quando mi capita di confessare che non sono una frequentatrice del social più potente del mondo vengo guardata con diffidenza e sconcerto. Eppure non sono su Facebook e non mi interessa esserci. Ma a pensarla come me, a quanto pare, sono in pochi. Almeno questo è quanto si deduce da “Tutte le facce di Facebook. Aneddoti, studi e curiosità sul social più famoso di sempre!” scritto da Riccardo Lo Bue, un libro che, con ironia e disincanto, racconta le peculiarità che hanno reso tanto popolare la piattaforma creata da Mark Zuckerberg ormai parecchi anni fa, ma ne sottolinea anche i limiti, i difetti e i pericoli. Non siamo di fronte a un saggio tecnico né a un approfondito studio socio-antropologico sul “fenomeno” Facebook quanto, piuttosto, a una serie di constatazioni e osservazioni sul gigantesco pianeta virtuale rappresentato da FB e dai suoi innumerevoli e variegati frequentatori.
La rivoluzione che, volenti o nolenti, ha rappresentato Facebook consiste soprattutto nel fatto che, per la prima volta, le persone presenti su Internet abbiano abbandonato i loro nickname e le loro personalità fittizie per proclamare online, e senza troppi filtri, la loro identità reale. “Oggi a ogni account corrisponde un’identità, una persona fisica in carne e ossa con nome, cognome, data di nascita e foto. Dal 2004, la vita virtuale si è mescolata con quella reale; ciò che si scrive in un post o in un commento porterà per sempre una firma con inimmaginabili conseguenze nella vita di tutti i giorni“. Il libro di Lo Bue è organizzato in tre capitoli principali: Tipi da Facebook; Life Sharing, quando la vita scorre a ritmo di click; Società a caccia di social. Bisogna ammettere che i “tipi da Facebook” rappresentano uno spaccato divertente, ma a tratti anche inquietante, del genere di individui che è possibile incontrare sul social. Ci sono gli “iperconnettivi” che vivono perennemente online, che si fanno prendere dalla febbre del “mi piace” e che patiscono vere e proprie crisi d’astinenza se costrette a rimanere offline per qualche ora. Ci sono gli studenti che, nonostante le buone intenzioni, passano più tempo su FB che sui libri. Ci sono quelli che hanno il perenne bisogno di socialità tramite la chat. Senza contare i gelosi virtuali, meglio detti weblosi: “weblosia, la gelosia da web, la paura che un altro utente sia più divertente di lui e riesca a distogliere l’attenzione delle persone a cui tiene. Il webloso teme che l’interlocutore abbia chiuso la conversazione con lui, perché impegnato in un’altra più interessante“. Le tipologie umane presenti su FB sono la replica esatta delle tipologie umane presenti fuori da FB. In sostanza, secondo l’autore del libro, la piattaforma sociale non ha nessuna colpa rispetto alle manie, alle fobie, alle paranoie o ai disturbi comportamentali che le persone mostrano di avere, al massimo a Facebook si può imputare la responsabilità di averle evidenziate, enfatizzate e messe in vetrina.
Nonostante la presenza, descritta qui con buone dosi di ironia, di creduloni, superstiziosi, di gente che inonda lo spazio virtuale con frasi motivazionali di una banalità sconcertante, di rivoluzionari da tastiera, dei socialmente impegnati, di drogati di amicizie a ogni costo, di nostalgici del tempo che fu, di 007 e quant’altro, Lo Bue si sofferma anche su alcune qualità inequivocabili che Facebook possiede. Basta ricordare, ad esempio, il supporto rappresentato da questo social durante eventi catastrofici o il sostegno ottenuto, grazie a FB, per diffondere campagne umanitarie e solidali di grande rilevanza o, più semplicemente, al ruolo che ha avuto nel riuscire a far nascere o recuperare rapporti tra persone che, altrimenti, non si sarebbero mai conosciute o ritrovate. L’autore richiama costantemente studi, ricerche e articoli pubblicati in tutto il mondo attraverso i quali è possibile conoscere cifre e statistiche molto eloquenti rispetto all’importanza che, oggi come oggi, la piattaforma di Zuckerberg possiede.
Una parte del libro è dedicata anche ai rapporti di coppia nel tempo di Facebook. “Se da un lato Facebook offre la possibilità di condividere pubblicamente le proprie relazioni sentimentali, dall’altro permette anche di controllare maggiormente il partner, amplificando le tensioni, specialmente se già ci sono segni di crisi“. Non è un caso che Facebook sia causa di separazioni o divorzi e non è nemmeno anomalo che un giudice consideri i messaggi postati su FB prove sufficienti per condannare le persone. Per colpa di Facebook, infatti, non solo le coppie scoppiano, ma molti individui distratti dalle attività social perdono il lavoro, così come tanti subiscono atti di bullismo o altre violenze.
Nonostante i suoi innumerevoli difetti, nonostante il pericolo rappresentato dalle fake news, nonostante il furto di dati sensibili perpetrato ai danni di milioni di utenti, nonostante abbia dato spazio e importanza a fatti e persone irrilevanti, nonostante rilevi le abitudini e la psicologia dei suoi frequentatori in maniera massiccia, nonostante abbia causato problemi a molte persone, Facebook è e rimane il social più grande e affollato del pianeta. Anche perché, come spiega Lo Bue, “Facebook non è più un semplice social network ma una sorta di holding con all’interno tanti brand: Instagram, WhatsApp, TBH, senza considerare Oculus, la società di realtà virtuale acquisita da Mark Zuckerberg nel 2014 per 2 miliardi di dollari“, visto che Zucherberg compra tutte quelle aziende che possono anche solo lontanamente entrare in concorrenza con la sua. Facebook ha sedotto le persone comuni ma ha dato anche grande visibilità a personaggi più o meno famosi e, nei tempi più recenti, persino ai rappresentanti politici i quali, dopo le iniziali titubanze, sembrano aver trovato, grazie a FB, nuovi stimoli e nuovo smalto. Senza contare il fatto che, ormai, tutte le aziende vogliono essere presenti sulla piattaforma e, proprio per questa ragione, si affidano a esperti di social marketing, figure professionali nate proprio per curare la diffusione di messaggi, immagini e informazioni attraverso le piattaforme sociali.
In tutto questo marasma, da non-facebookiana, ho avuto il grande piacere di leggere che ci sono molti giovanissimi che disdegnano Facebook un po’ perché attratti da altre forme di comunicazione, un po’ perché sembrano molto più consapevoli di quanto sia importante mantenere e tutelare la propria privacy, proteggendola dagli interessi commerciali ed economici di Facebook e di tutte le altre società che a Facebook sono collegate. “Ciò che emerge dai dati è che gli adolescenti pubblicano sempre meno su Facebook, perché usano altro. Come spiegava Ruby Karp i problemi di Facebook sono: il bullismo, la complessità dell’interfaccia rispetto a Twitter e la pubblicità basata sugli interessi“.
Edizione esaminata e brevi note
Riccardo Lo Bue è nato a Palermo nel 1986. Si interessa da sempre al mondo della comunicazione in tutte le sue forme, in particolar modo a quella digitale. È project manager in un’agenzia web. Dal 2016 collabora con la web radio dell’Università degli Studi di Palermo per lo sviluppo di un nuovo format radiofonico, “NewsWip”, che racconta e approfondisce progetti audiovisivi fruibili sul web.
Riccardo Lo Bue, “Tutte le facce di Facebook. Aneddoti, studi e curiosità sul social più famoso di sempre!”, Booksalad, Anghiari, 2018.
Follow Us