Nellie Bly è lo pseudonimo di Elizabeth Jane Cochran, nata il 5 maggio del 1864 a Cochran’s Mills, in Pennsylvania. Nellie Bly può essere considerata un’antesignana di quello che oggi definiamo comunemente giornalismo investigativo. Autrice di fondamentali reportages in un’epoca in cui per le donne era complicato anche solo pensare di poter lavorare in un contesto a conduzione prevalentemente maschile come quello dell’informazione. Nellie si fa notare ed apprezzare inizialmente al Pittsburgh Dispatch, uno dei quotidiani più letti della città, per le sue inchieste sui diritti delle donne, sulle disuguaglianze di genere, sulla povertà e sulla corruzione, ma nel 1887 decide di fare il grande salto e si trasferisce a New York City. Inizialmente ha qualche difficoltà a trovare la sua strada, ma finalmente il direttore del New York World, un certo Joseph Pulitzer, le offre una chance. In realtà è la stessa Nellie a farsi avanti e a lanciare un’idea che a molti sarebbe apparsa folle e visionaria: Nellie vuole entrare nel “Women’s Lunatic Asylum di Blackwell’s Island“, ossia nel Manicomio Femminile per Alienate sull’isola di Blackwell a New York per capire cosa accade davvero in quel luogo segnalato più volte per lo stato di incuria oltre che per la negligenza e la crudeltà del personale. Il progetto della Bly ha, per quei tempi (siamo nel 1887), un approccio molto originale poiché la giornalista vuole fingersi pazza e vivere in prima persona l’esperienza che vivono le donne comuni quando vengono riconosciute come “alienate” e condotte all’isola di Blackwell.
“Il mio compito sarebbe stato quello di riportare una cronaca fedele della mia esperienza sotto copertura e, una volta penetrata all’interno di quelle mura, di scoprire e descrivere le dinamiche interne, solitamente impossibili da individuare per via non solo di grate e catenacci posti a sbarramento di quei luoghi, ma della reticenza di infermiere e medici a parlare di quanto vi accade“. Nellie compie quindi una missione in incognito a suo rischio e pericolo, inserendosi in totale solitudine in un contesto complicato, violento e disumano. Ciò la dice lunga in merito alla personalità di questa giovane reporter, un atto il suo che rasenta l’incoscienza ma che ci pone al cospetto di una ragazza di soli 23 anni che non solo rompe ogni convenzione legata al modello femminile che la società del tempo impone, ma riesce a creare un modo tutto nuovo di intendere e di fare giornalismo. Il direttore Pulitzer l’avrebbe tirata fuori dal manicomio dopo una decina di giorni permettendole di scrivere e raccontare in prima persona quanto visto e vissuto entro le mura di uno dei luoghi più impietosi che la Bly abbia mai conosciuto. “Dieci giorni in manicomio” nasce da un’esigenza semplice che la stessa Nellie Bly spiega nelle primissime righe dell’opera: “Dal momento in cui le mie esperienze presso l’istituto psichiatrico sull’isola Blackwell furono pubblicate sul World, ho ricevuto centinaia di lettere in merito. L’edizione contenente la mia storia è andata esaurita da tempo ormai e, per soddisfare le richieste che tuttora mi arrivano a centinaia, sono stata persuasa a pubblicarla in forma di libro“. Un libro che, in Italia, è stato recentemente pubblicato da Edizioni Clandestine.
Nellie deve cercare di fingersi pazza e farsi condurre nel manicomio femminile di New York. Il suo progetto prende il via nel momento in cui cerca ospitalità in una delle tante case di alloggio temporaneo per donne indigenti presenti in città e qui, nell’arco di una sola notte, riesce a farsi notare per i suoi comportamenti anomali e ingestibili che spaventano le persone presenti. Da qui alla dichiarazione di alienazione il passo è breve. Più di un medico è pronto a dichiararla pazza e a favorire il suo ingresso a Blackwell. La Bly descrive dettagliatamente i passaggi che l’hanno condotta fino al manicomio lasciandosi buono spazio per le sue impressioni personali oltre ai vari dialoghi sostenuti con le persone che ha incontrato. In breve Nellie, che per la sua missione sotto copertura muta il suo cognome in Brown, viene giudicata mentalmente insana. Le è bastato davvero poco per farsi riconoscere tale, un dettaglio che per molti versi stupisce la stessa giornalista che mette in dubbio la correttezza e l’efficacia dei controlli medici a cui sono sottoposte le persone problematiche.
La Bly nella sua inchiesta ripercorre ogni momento della sua inquietante esperienza manicomiale e riporta con puntiglio i nomi e i cognomi di tutti. I nomi delle donne che si ritrovano in quel piccolo inferno pur non avendo alcun problema mentale, i nomi dei medici, delle assistenti, delle infermiere. Non fa sconti a nessuno e nella sua inchiesta è sempre diretta e incisiva, spietata e acutissima. Uno stile accurato e rigoroso ma anche raffinato ed elegante, come si conviene ad una giornalista di razza. Nel manicomio Nellie e le altre, ospitate in uno dei padiglioni meno terrificanti della struttura, soffrono il freddo e la fame oltre ad essere costantemente vessate, derise e umiliate dalle infermiere. Gli episodi che la Bly descrive sono a dir poco aberranti, le condizioni di vita all’interno del manicomio non hanno nulla di umano. “Battevo i denti e tremavo, il corpo livido per il freddo che attanagliava le mie membra. All’improvviso, tre secchi di acqua gelida mi furono versati sulla testa, tanto che ne ebbi gli occhi, la bocca e le narici invase. Quando, scossa da tremiti incontrollabili, pensavo che sarei affogata, mi trascinarono fuori dalla vasca. Fu in quel momento che mi sentii realmente prossima alla follia“.
Un ambiente crudele in cui i maltrattamenti e le violenze da parte delle infermiere sono all’ordine del giorno. I medici fanno finta di non vedere o di non credere alle denunce delle pazienti ritenendo le loro rimostranze solo frutto di deliri e di visioni dovute alla follia. Medici indifferenti e personale scarsamente competente, questa la denuncia più pesante che la Bly trasmette con i suoi scritti. Nellie evidenzia come ci siano molte persone all’interno del manicomio che siano state condotte alla follia nel corso del tempo a causa delle crudeltà subite nell’indifferenza totale. Ci sono donne rinchiuse nel Women’s Lunatic Asylum di Blackwell’s Island solo perché troppo povere o perché giunte in città da un altro continente e quindi non in grado di capire l’inglese. Le storie descritte da Nellie Bly in questo breve ma sconvolgente libro sono numerose e impressionanti. Nellie resta in manicomio per soli dieci giorni, poi potrà tornare alla sua vita e scrivere tutto per denunciare quanto ha potuto esperire sull’isola. La sua indagine giornalistica, che al tempo suscitò indignazione e grande scalpore, ha avuto esiti importanti. “Sono felice di informare i lettori che, a seguito della mia indagine nel manicomio e della conseguente denuncia, la città di New York ha stanziato un milione di dollari in più all’anno per le cure delle persone mentalmente instabili. Così, ho quantomeno la soddisfazione di sapere che quei disgraziati hanno tratto, dal mio lavoro, un qualche vantaggio“.
Edizione esaminata e brevi note
Nellie Bly, pseudonimo di Elizabeth Jane Cochran, è nata il 5 maggio del 1864 a Cochran’s Mills, in Pennsylvania. La morte prematura di suo padre lasciò la sua famiglia in condizioni economiche difficili. Nellie fu costretta a lasciare gli studi e a trovarsi un lavoro. Si fece notare dal direttore del Pittsburgh Dispatch grazie ad una lettera che voleva essere una pungente risposta ad un articolo contro le donne pubblicato dal quotidiano. Nellie, fin da giovanissima, si interessò alle problematiche delle donne e quando il Pittsburgh Dispatch le offrì l’occasione di lavorare come giornalista, iniziò a scrivere potenti pezzi di denuncia che da una parte le valsero attenzione e ammirazione, ma scatenarono scontento e indignazione dall’altra per questo fu demansionata e costretta a curare rubriche di giardinaggio e moda. Nellie Bly, però, amava l’inchiesta, l’investigazione giornalistica e fu una vera e propria pioniera in questo ambito. Lavorò per Pulitzer a New York dando vita a inchieste sotto copertura che fecero la storia. Nel 1895 sposò il milionario Robert Seaman e abbandonò il giornalismo ma dopo la morte del marito e dopo la bancarotta, partì per l’Europa e lavorò come corrispondente di guerra. Tornata negli Stati Uniti continuò a scrivere e a perorare la causa dei bambini e delle donne in difficoltà. E’ morta a New York a soli 57 anni, nel 1922, a causa di una polmonite.
Nellie Bly, “Dieci giorni in manicomio“, Edizioni Clandestine, Massa, 2017. Traduzione di Barbara Gambaccini. Titolo originale: “Ten days in a madhouse” 1887.
Pagine internet su Nellie Bly: Wikipedia / Enciclopedia delle Donne / Rai Storia / Women’s History
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