Dopo sette figlie femmine, un padre marocchino decide che l’ottava creatura che sua moglie metterà al mondo sarà un maschio. Indipendentemente da tutto. E così è. L’ottava creatura è anch’essa una femmina, ma viene chiamata Mohamed Ahmed ed è un maschio. Solo suo padre, sua madre e la levatrice sanno la verità. Con la nascita di Ahmed, suo padre, ormai prossimo alla vecchiaia, ha finalmente un erede che si occuperà delle ricchezze di famiglia, di sua madre, delle sue sette sorelle e, soprattutto, sarà capace di restituire l’onore ad un uomo che, fino a quel momento, aveva generato solo delle inutili femmine.
Ahmed sa di essere un maschio e, come tale, si comporta fin da bambino. Disprezza ed ignora le sue sorelle, impara a leggere il Corano, pensa, parla, veste, è trattato come un qualsiasi uomo musulmano. Ma il conflitto tra la sua mente e il suo corpo non tarda a farsi sentire in maniera prepotente e quasi ossessiva. Ahmed sposa persino una donna, una cugina epilettica e zoppa. Menomata e diversa, come lui. La messa in scena deve proseguire ad ogni costo e infatti prosegue, anche dopo la morte del padre e il successivo, lento ed inevitabile disfacimento della famiglia e della casa.
La storia di Ahmed è raccontata da un Narratore che, al centro di una piazza, e di fronte ad un uditorio, legge un libro che dice di aver trovato e che raccoglie, pagina dopo pagina, il diario del ragazzo “che aveva seni da donna”, della ragazza “con la barba malrasata”. Però il Narratore muore e nessuno, da questo punto in poi, è in grado di sapere quale sia l’epilogo della storia di Ahmed.
Ed è proprio dopo la morte del primo Narratore che si assiste ad una moltiplicazione delle voci narranti, il racconto di “Creatura di sabbia” si articola su diversi livelli narrativi, si appoggia a svariati toni e germina gradualmente su se stesso. Alcuni individui, da semplici ascoltatori, si trasformano in novelli narratori diventando portatori di una loro soggettiva versione della fine della storia. In questo percorso corale, la verità e la menzogna si confondono assumendo la dimensione della visione o del sogno. I confini sfumano, la narrazione si compone e si decompone fino a lasciare la storia di Ahmed del tutto svuotata. Ma non c’è pesantezza in tale processo, forse solo un leggero senso di frammentazione e di apparente complessità. La componente fiabesca e quella orale si avvertono vivamente: è innegabile l’influsso da parte di antiche leggende arabe che Jelloun deve aver assorbito, forse in tenera età, e che ha fatto proprie trasmutandole in un romanzo tutto nuovo.
Alla fine conoscere l’epilogo della vicenda di Ahmed non ha quasi più importanza. L’attenzione viene calamitata dall’invenzione continua, dal moltiplicarsi delle ipotesi perché ciò che è autentico e ciò che non lo è si sovrappone senza soluzione di continuità. Il regno dell’ambiguo, dell’androgino, dell’indefinito, della finzione è nella fisicità e nelle parole della donna/uomo (Ahmed/Zahra) ma anche nella costruzione letteraria messa a punto da Jelloun.
Leggere “Creatura di sabbia” (opera tradotta dal francese) è un’esperienza particolare perché la diversità del mondo e della cultura (araba-islamica) che è all’origine della storia, la straordinaria elaborazione narrativa che Jelloun ha sviluppato non può che sedurre ed intrigare un lettore “occidentale”.
Edizione esaminata e brevi note
Tahar Ben Jelloun nasce a Fès, in Marocco, nel 1944. Vive la sua adolescenza a Tangeri e studia Filosofia a Rabat. Dopo aver insegnato in alcuni licei del suo Paese, nel 1971, si trasferisce a Parigi, dove tuttora vive. Si laurea in sociologia e inizia, fin dal 1972, la sua collaborazione con importanti testate francesi. E’ autore di poesie, racconti, romanzi e drammi. Con “Notte fatale” ha vinto il prestigioso Premio Goncourt nel 1987. Alcuni suoi articoli sono pubblicati, in Italia, sul quotidiano “La Repubblica”. Tra i suoi libri più famosi: “Creatura di sabbia”, “A occhi bassi”, “Le pareti della solitudine”, “Il razzismo spiegato a mia figlia”.
Tahar Ben Jelloun, “Creatura di sabbia”, Einaudi, 2005. A cura di Egi Volterrani.
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